L'ASSOCIAZIONE
 
il Sidicino
 
 

Pensieri da primo dell'anno

 

Sospetto da sempre che il primo vagito del neonato sia un urlo.
Quello della celebre tela del pittore norvegese Edward Munch che, mentre camminava lungo una strada al tramonto e il cielo divenne all'improvviso rosso sangue, percepì - come lui stesso scrisse - un brivido di tristezza: tremò di paura e sentì “un immenso urlo infìnito attraversare la natura”. “Chi sono io? Come sono entrato nel mondo? Perché non m'hanno interpellato, perché non m'hanno istruito su regole e costumi, invece di intrupparmi quasi che fossi stato comperato da un mercante di mozzi? Come son diventato socio nella grande impresa che chiamano realtà? Perché devo essere socio? Non è facoltativo? E se devo esserci costretto, dov'è allora il direttore? Dove devo rivolgermi col mio reclamo?“ (da “La ripetizione” di Soren Kierkergaard).
A tali domande esistenziali la mamma risponde stringendo al seno il figlioletto neonato; lo placa e lo lega a sé per la vita. La non-mamma in infastidita lo mette nel cassonetto.
Comincia così la commedia della vita che meglio sarebbe chiamare tragedia. ll poeta inglese George Byron (1788-1824) ed il filosofo tedesco Arthur Schopenhauer (1788-1860) furono portati al pessimismo per aver avuto sfortuna con la propria madre: un uomo che non ha conosciuto l'amore materno - scrive l'americano Will Durant (1885-1981) nella monumentale Storia della civiltà - peggio, ne ha conosciuto l'odio, non può vedere il mondo con occhio benevolo.
Lo spettacolo - tale è la vita perché si è costretti a recitare una parte mentre ci si identifica con un'altra - deve continuare. Sia che cerchiamo di sopprimere la volontà (pensiero: Schopenhauer) con un distacco progressivo dalle cose materiali e dal desiderio; sia che ci battiamo per la libertà della Grecia (azione: Byron).
La vita non è che un'ombra che cammina; un povero commediante che si pavoneggia e si agita sulla scena del mondo per la sua ora; e poi non se ne parla più. È un racconto narrato da un idiota, piena di rumore e di furore: che non significa nulla. Shakespeare, Macbeth.

(da Il Sidicino - Anno IV 2007 - n. 2 Febbraio)