L'ASSOCIAZIONE
 
il Sidicino
 
 

Iconografia di San Paride

 

Non sono molte le immagini del nostro Patrono. Paride è un santo tutto nostro, teanese. La sua fama non ha mai valicato i confini della diocesi, se non per un breve periodo, agli albori del secondo Millennio, quando il suo culto si diffuse anche a Capua, per poi presto svanire. Dobbiamo quindi contentarci delle rappresentazioni della leggendaria figura del nostro primo vescovo commissionate dagli stessi Teanesi. E sono veramente poche.
Di sculture abbiamo avuto solo i due busti reliquiali d'argento: quello fuso nel 1759, trafugato nel 1982, e quello realizzato nel 1984 su modello di quello sparito.
Qualche rappresentazione in più ci ha riservato l'arte pittorica.
La più nota è la pala d'altare del Cappellone, opera nientemeno di Francesco De Mura, che la Tipografia D'Amico provvide a diffondere per oltre mezzo secolo su immaginette e cartoline.
All'incirca alla stessa epoca appartiene l'affresco nell'abside della chiesa di S. Paride sul fonte miracoloso. San Paride però non è al centro dell'immagine, ma sta ai piedi della Vergine con San Giovanni. L'opera fu realizzata quando la chiesa apparteneva all'Ordine di Malta e quindi era d'obbligo effigiare anche il Battista che da sempre protegge l'Ordine.
Con S. Reparata invece è raffigurato nella tela votiva posta in una cappella laterale della cattedrale. I due santi invocano da Cristo Giudice clemenza per la “loro” città flagellata dalla peste del 1656.
Sempre ai piedi della Vergine che allatta, ma in compagnia di S. Antonio, lo rappresentò Domenico Caldara nell'olio su lastra posto nell'edicola eretta nel 1884 da donna Carmela Geremia Coronel sulla cantonata del palazzo al Corso.
Singolare infine è la rappresentazione che ne fece un ignoto pittore nel decorare con maestria il soffitto ligneo dell'antica sacrestia dei canonici nella cattedrale. L'opera, restaurata, si trova ora nel salone dell'episcopio. Il Santo, in abiti pontificali, è insolitamente giovane, con il Dragone a lato e sullo sfondo Tranquillina con il suo fascino e un'espressione di evidente felicità per essere stata redenta.

(da Il Sidicino - Anno III 2006 - n. 8 Agosto)