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Il prezioso cofanetto - reliquiario della
Collegiata di Santo Stefano a Galluccio
 
Cofanetto - reliquario di Giulio II
 

Una secolare leggenda, ammantata di vivi colori, narra che i singolari privilegi di cui aveva goduto fino ai primi decenni del Novecento la Collegiata di Santo Stefano di Galluccio, fossero stati concessi da papa Innocenzo II nella prima metà del XII secolo in segno di riconoscenza per aver potuto ascoltare la Santa Messa nella suddetta chiesa, e talvolta in quella dell’Annunziata, per tutto il periodo in cui, camuffato da contadino per sfuggire agli schierani di Ruggero II il Normanno rifugiatosi nel castello di Galluccio dopo la battaglia di San Germano durante la guerra per il possesso del principato longobardo di Capua, raggiungeva il tempio dai vicini boschi dove si era accampato con le sue truppe per cingere d’assedio la fortezza. Sempre secondo la leggenda, ad un certo punto il pontefice sarebbe sparito facendosi vivo qualche tempo dopo per invitare, attraverso una missiva, l’incredulo arciprete della chiesa di Santo Stefano presso la corte pontificia per consegnargli personalmente il documento dei privilegi. Nulla di più infondato: invero il 22 luglio del 1139 il pontefice era caduto vittima di un’imboscata tesagli dal figlio di Ruggero, Guglielmo, duca di Calabria, giunto con il suo esercito in aiuto del padre; catturato, dopo essersi rifugiato nella cappella di San Nicola nella borgata di Cisterni, era stato condotto davanti al re normanno, il quale, inaspettatamente, gettandosi ai suoi piedi, dopo aver impetrato il perdono e la pace, lo aveva liberato e fatto ricondurre, sotto scorta d’onore, a Roma.
Del resto, sull’infondatezza della leggenda grava la documentazione che fissa ad alcuni secoli successivi ai fatti narrati la fondazione di entrambe le chiese galluccesi citate. In realtà i privilegi erano stati concessi diversi secoli dopo, a partire dai primi anni del Cinquecento, da papa Giulio II, noto come “il Papa guerriero”, e successivamente da Benedetto XIV, grati per essere stati benevolmente accolti dai feudatari, dal clero della chiesa di Santo Stefano e dalla popolazione nei periodi estivi trascorsi a Galluccio per ritemprarsi, grazie alla quiete dei luoghi e alla salubrità dell’aria, dalle fatiche dei lunghi mesi autunnali e invernali trascorsi a Roma. In particolare, Giulio II, che dimorò a Galluccio per ben quattro mesi, verosimilmente nell’estate del 1504 come documenta una bolla di papa Benedetto XIV del 7 maggio 1742, associò alla concessione di numerosi privilegi alla chiesa di Santo Stefano, cui furono assoggettate tra l’altro tutte le altre chiese e cappelle del paese, il dono di un prezioso cofanetto - reliquario, quello stesso che, ancora oggi, si conserva, con un’altrettanta preziosa reliquia della Santa Croce in una teca dorata della metà del XX secolo, due coperte di messali settecenteschi in velluto rosso ornate con placche in argento sbalzato e cesellato (1772), calici, ostensori e altra suppellettile sacra del XVIII e XIX secolo nel Tesoro della Collegiata.
Di rilevante pregio storico artistico, il cofanetto - reliquario è costituito da una cassettina rettangolare in legno di faggio sovrastata da un coperchio a doppio spiovente come a richiamare la forma di un sarcofago, rivestita, su tutti i lati e sullo stesso coperchio, da lamine di stagno e piombo, le quali, realizzate a stampo, ripetono, in modo seriale, intercalate da strisce metalliche battute a martello - ornate forse, in origine, con fregi dipinti andati persi - un motivo decorativo formato da sei piccoli guerrieri disposti all’interno di archetti di arcaica fattura gotica. Questo genere di lamine veniva realizzato, com’è noto, dai cosiddetti fusori mediante l’utilizzo di uno stampo in pietra incisa che fungeva da matrice. Gli armigeri, verosimilmente crociati, come sembrerebbe indicare la croce in testa alle due figure che occupano il centro di ogni lamina, indossano l’usbergo, ossia la maglia di ferro che li proteggeva fino alle ginocchia, e sono muniti di una corta spada con uno sguscio doppio culminante in alto con un pomo a disco. Completa l’armamento uno scudo di forma triangolare, ognuno dei quali contiene un’insegna araldica. La forma triangolare degli scudi e la foggia delle spade, sviluppate secondo stilemi in auge tra il 1260 e il 1280 in Europa; ancor più, il raffronto con analoghi esemplari presenti in musei iberici e francesi, ma in un caso anche in Italia, nel Museo di Palazzo Davanzati a Firenze, ne rimandano la realizzazione ad una bottega spagnola o francese della II metà del Duecento, quantunque non vada esclusa del tutto una lavorazione più tarda come lascerebbero ipotizzare il confronto con un cofanetto - reliquario risalente al XIV secolo che si conserva nella cattedrale di Zamora, nella regione ispanica di León e la presenza dei motivi a quadrilobo che decorano il contorno del coperchio che rimandano, palesemente ai primi del Trecento, mentre sono coevi all’oggetto il manico, la serratura e i ganci. In proposito si potrebbe però ipotizzare che il manufatto sia stato parzialmente ricomposto in quell’epoca. Restano, invece, ancora senza risposta, il momento e l’occasione in cui il reliquario era pervenuto alla corte pontificia: forse - si può presumere - era stato donato a Giulio II o a un suo predecessore da qualche sovrano cattolico o un cardinale o, ancora, da qualche ambasceria, nel corso di una visita al pontefice.

Franco Pezzella
(da Il Sidicino - Anno XX 2023 - n. 8 Agosto)