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Indice Franco Pezzella
 
 
Gli affreschi della Grotta dei Santi di Calvi in un
acquerello di Francesco Autoriello
 
Fig.1 Museo di San Martino di Napoli, F. Autoriello, Acquerello
con le immagini dei quattro Santi affrescati sulla parete destra della
Grotta dei Santi a Calvi Vecchia
 

Il 9 gennaio del 1872 la Commissione Conservatrice dei monumenti ed oggetti di antichità e belle arti nella Provincia di Terra di Lavoro, istituita con Regio Decreto il 21 agosto del 1869 con il compito di vigilare, attraverso i sindaci, sulla conservazione dei monumenti e degli oggetti d’arte «esistenti in edifici pubblici, sacri e profani, o che sono esposti al pubblico in edifici privati», nonché di comunicare notizie di scavi e nuovi ritrovamenti su tutto il territorio provinciale, dava mandato al pittore-restauratore napoletano Francesco Autoriello di riprodurre ad acquerello tutti gli affreschi medievali ancora conservati nel territorio, impegnandosi a corrispondere 50 lire per ogni riproduzione. La raccolta avrebbe dovuto comprendere, tra gli altri, gli affreschi dell’abbazia di Sant’Angelo in Formis, quelli della cripta di San Michele a Corte di Capua, alcuni pannelli della Grotta dei Santi a Calvi, l’abside della basilica di Santa Maria in Foro Claudio di Ventaroli e una veduta della cripta di Santa Maria del Piano ad Ausonia.
Promotore dell’iniziativa era stato Demetrio Salazar o Salazaro, un patriota, pittore e storico calabrese, membro della Commissione e amico di Autoriello, prendendo a ispirazione un analogo progetto ideato in Francia intorno alla metà dell’Ottocento dalla “Commission des Monuments Français”, mentre era esule a Parigi, dove era riparato dopo il fallimento dei moti calabresi del 1848. Invero, al di là della valenza meramente documentaria che si riprometteva, l’iniziativa del Salazar non era del tutto completamente priva di qualche interesse personale: vuoi per l’aiuto concreto che offriva, in termini economici all’amico e collega, interessato, peraltro, al conseguimento della direzione di alcuni restauri, come poi sarebbe effettivamente avvenuto relativamente al ciclo di affreschi di Sant’Angelo in Formis; vuoi perché ritornava utile anche a sé stesso quale documentazione iconografica per i tre volumi del suo Studio sui monumenti dell’Italia meridionale che andava compilando in quegli anni, poi stampato a Napoli tra il 1871 e il 1881. Diversi di questi acquarelli, furono infatti utilizzati per illustrare con tavole incise in eliotipia e in cromolitografia alcuni dei monumenti e gli affreschi più significativi del patrimonio di Terra di Lavoro. Duole però constatare che nel primo di questi volumi, dove l’autore discerna, tra l’altro, compiutamente, anche della Grotta dei Santi di Calvi Vecchia, manchi una qualsivoglia illustrazione della stessa o di qualcuno dei tanti affreschi che la decoravano, e tuttora la decorano, sia pure in pessime condizioni di conservazione per l’abbandono in cui versano; quantunque, sappiamo, per certo, che almeno un acquerello in materia l’Autoriello l’avesse realizzato, dal momento che, nel Gabinetto dei Disegni e delle Stampe del Museo di San Martino di Napoli, si conserva un foglio della serie che riproduce gli affreschi, all’epoca ancora integri, con la rappresentazione, a figure intere, dei santi che campeggiano sulla parete destra della grotta (fig.1), oggi mutile, ahimè, delle teste, staccate con il sottostante tufo mediante una motosega durante uno scellerato furto perpetrato nel 1982, e che, ancorché recuperate dodici anni dopo, non sono state più ricollocate (fig.2). Allocati nel Museo del Territorio della Reggia di Caserta, poi soppresso, i preziosi reperti sono ora in attesa di una nuova collocazione in altra sede, dove ci auguriamo possano essere riuniti, con una paziente opera di restauro, ai resti delle figure e ai frammenti di affreschi finiti sul pavimento durante il maldestro distacco delle teste, per restituire alla storia dell’arte una notevole testimonianza di pittura rupestre medievale. Giova ricordare per completezza d’informazione che la Grotta dei Santi, ubicata sulla riva sinistra del Rio dei Lanzi, in tenimento di Pignataro Maggiore, faceva, verosimilmente parte con la vicina Grotta delle Fornelle, di un articolato sistema di cavità scavate per l’estrazione del tufo in epoca romana e preromana, successivamente trasformate, prima in depositi di derrate agricole e rifugi per animali da allevamento, e poi, tra il X e l’XI secolo, in luoghi di preghiera e forse anche in celle monastiche dai monaci benedettini delle vicine abbazie di Montecassino e di San Vincenzo al Volturno riparati a Capua e Teano per sfuggire alle invasioni saracene. Gli affreschi, opera forse degli stessi monaci benedettini e/o di maestranze locali e no - realizzati, secondo un’accurata analisi formale e tecnica del professore Simone Piazza dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, tra il X e gli inizi del XIII secolo attraverso ben cinque distinti interventi pittorici - si sviluppano sulla parete destra (in un ordine), in quella sinistra (in due ordini), nell’iconostasi e nell’absidiola dei due ambienti di cui consta la grotta. Raffigurano insieme a numerose figure di Santi, la Crocifissione di san Giovanni Evangelista, un Angelo che tiene nella bilancia l’anima di san Lorenzo, un episodio tratto dalla Leggenda di papa San Silvestro, dove il pontefice, attorniato da dignitari ecclesiastici, è raffigurato nell’atto di scacciare un drago mentre nel cielo appaiono i santi Pietro e Paolo, la Madonna con il Bambino tra due preti, Cristo tra gli arcangeli Michele e Gabriele, sei Medaglioni con busti di santi.
Ritornando all’acquerello di Autoriello - pervenuto al Museo di San Martino attraverso una donazione da parte della famiglia dello stesso Demetrio Salazar, che dal 1878 al 1882 ne era stato peraltro direttore, mentre il figlio Lorenzo, ne diresse, invece, per qualche tempo la biblioteca - va ricordato che esso raffigura nell’ordine, così come si presentavano prima del furto delle teste, i santi Simone, Barbara, Cosma e Giovanni Battista (figg. 3-6), identificabili come tali per i rispettivi attributi iconografici e, ancor più, per le epigrafi allegate sui lati delle figure.
Nato a Napoli nel 1824, Francesco Autoriello, si avvicinò, da autodidatta, giovanissimo, allo studio della pittura. Solo in seguito, dopo un periodo in cui insegnò disegno presso il seminario di Salerno e presso la Badia di Cava de’ Tirreni, studiò all’Accademia di Belle Arti di Napoli con Filippo Palizzi. Pittore di genere e di storia partecipò a diverse Promotrici dell’epoca, da quelle di Napoli del 1862, 1864, 1886 e 1877, dove fu presente con L’assassinio dell’ammiraglio ugonotto Coligny, acquistata dal comune di Napoli (ora al Museo di Castel Nuovo), a quelle di Torino del 1884 e Milano del 1887 e 1893. Dipinse anche tele di soggetto religioso sui soffitti della chiesa di San Francesco a Cava dei Tirreni e nelle cappelle del locale orfanotrofio. Professore di prospettiva, prima a Napoli e poi presso l’Accademia di Salerno, compilò un testo di Prospettiva Ragionata, edito in più edizioni. Morì a Napoli nel 1894.

Franco Pezzella
(da Il Sidicino - Anno XX 2023 - n. 7 Luglio)

Fig.2 Calvi Vecchia, Grotta dei Santi, parete destra dopo il furto
 
Fig.3 S. Simone
 
Fig.4 S. Barbara
 
Fig.5 S. Cosma
 
Fig.6 S. Giovanni Battista