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Indice Franco Pezzella
 
 
Galluccio in un dipinto del seicento
 
Ignoto pittore del sec. XVII - Albero genealogico della Famiglia Velluti-Zati
 

Le città, i paesi, i paesaggi, quanto non anche le diverse architetture che nel corso dei secoli hanno acquisito il prestigio di “monumento” nell’immaginario collettivo, sono state in passato - alla pari delle composizioni pittoriche con particolari oggetti quali fiori, cacciagione, strumenti musicali, altrimenti note come “nature morte” - i soggetti privilegiati degli artisti alla ricerca del bello per ricreare l’animo umano.
Talvolta, però, questi soggetti sono “serviti” anche per tessere l’apologia di un regnante, di un principe, di una famiglia gentilizia. È il caso quest’ultimo della famiglia Velluti, una casata nobile di Firenze con ampi interessi economici in Sicilia e nel Regno di Napoli, insediatasi fin dalla metà del XVII secolo a Palermo e a Napoli con Vincenzo, prima in qualità di banchiere e poi - dopo la compera, rispettivamente nel 1656 e nel 1661, dei feudi di Grottaglie (Taranto) e di Galluccio - di barone della cittadina pugliese e di signore del borgo sidicino. In particolare, una preziosa testimonianza, in questo senso, del legame intercorso tra la famiglia Velluti (poi Velluti Zati dopo il matrimonio contratto da Vincenzo Velluti con Anna Zati, della celebre famiglia fiorentina) e il piccolo feudo di Galluccio, è costituita dall’inedito dipinto battuto recentemente, il 3 novembre scorso, in una vendita all’incanto tenuta dalla nota Casa d’Aste fiorentina “Pandolfini” presso la sede di Palazzo Ramirez-Montalvo al Borgo Albizi di Firenze; opera dichiarata, peraltro, già dal 17 dicembre del 2018, di interesse particolarmente importante dal Ministero per i Beni e le attività culturali e dalla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Firenze e le province di Pistoia e Prato. Si tratta di un dipinto (cm 207x180), inserito entro una preziosa cornice intagliata e dorata, attribuito ad un anonimo pittore dell’ultimo quarto del XVII secolo, nel quale il piccolo abitato di Galluccio e il territorio circostante fanno da quinta ad un articolato albero genealogico della famiglia fiorentina, come recita anche il cartiglio dispiegato da due putti in volo con l’iscrizione “ARBORE GENEALOGICO DELLA FAMIGLIA VELLUTI PATRIZIA FIORENTINA E PANORMITANA (palermitana)”. Altri due putti, a sinistra della base dell’albero, reggono lo stemma della città di Firenze; sul lato opposto un cavaliere, sdraiato e appoggiato al tronco, sostiene uno scudo decorato con l’arma dei Velluti, il cui campo è diviso orizzontalmente in due con la parte superiore liscia e quella inferiore percorsa da tre anelli, come è meglio dato vedere negli altri due stemmi della famiglia che pendono da altrettanti rami alla sommità dell’albero. All’estrema sinistra del dipinto, lo stemma con la raffigurazione di un gallo rosso in campo d’argento indica, invece, la città di Galluccio, il cui piccolo abitato è l’unico designato con una didascalia. Vi si riconoscono la collegiata di Santo Stefano con l’attiguo campanile in pietra di tufo di stile gotico e lo scomparso castello feudale risalente nelle sue strutture originarie al XII secolo, successivamente alterato da grossolani rifacimenti, e infine completamente distrutto, insieme alle opere d’arte che conservava, dalla furia bellica nel 1943. Grazie ad una pubblicazione di Pasquale Parente, Reale ispettore onorario dei monumenti e scavi del mandamento di Mignano agli inizi del ’900 (Edifici monumentali ed oggetti d’arte a Galluccio e Mignano, Santa Maria Capua Vetere 1919), sappiamo che in esso erano conservati, tra l’altro, nove busti di marmo rappresentanti divinità pagane, un quadro con la raffigurazione del Martirio di San Lorenzo, due ritratti dei Borbone, quindici ritratti dei membri della famiglia Velluti - Zati e un quadro con l’albero genealogico della stessa casata, da ipotizzare fosse quello stesso che qui si descrive. Indirettamente una conferma in merito potrebbe venire dallo stesso Parente quando in nota riporta che dieci dei ritratti della famiglia (e, forse, il quadro con l’albero genealogico della stessa, come ipotizziamo noi) erano stati trasferiti da poco a Firenze presso l’abituale residenza del Duca di San Clemente e Barone di Galluccio, titolo del quale si fregiava la progenie da qualche secolo. Nella sua Storia di Galluccio, S. Elia Fiumerapido 1977, l’autore, don Ernesto Gravante, fa menzione, altresì, di una preziosa litografia con una dettagliata configurazione del castello così come si presentava prima dei rifacimenti successivi, ovvero munito di mura turrite e circondato da un profondo fossato dove scorrevano le acque del fiume Peccia scavalcabile solo attraverso ponti levatoi.
Più difficoltoso riesce, invece, individuare nel dipinto, l’altra vicina chiesa dell’Annunziata, dove celebrò Messa papa Clemente VI, ma anche la Cappella di San Nicola in località Cisterni, dove il 29 luglio del 1139 l’altro pontefice Innocenzo II fu catturato dai scherani di Ruggero II durante i combattimenti per l’investitura del Regno di Sicilia; com’anche resta difficoltoso individuare la famosa Fattoria del Galluccio, situata in cima ad una delle colline che circondano Galluccio, dove i Velluti Zati producevano il famoso Vin Santo che ottenevano in zona dal vitigno “Aleatico” trapiantato dall’isola d’Elba e che, molto apprezzato e richiesto, smerciavano nelle piazze fiorentine come prodotto toscano. In ogni caso, va anche sottolineato che i Velluti, grazie alle loro imprese commerciali crearono non solo lavoro e benessere, ma investendo parte dei loro proventi, abbellirono anche i luoghi di culto di Galluccio e dei villaggi circostanti come ancora testimoniano le decorazioni della cappella della Pietà che si apre lungo la navata sinistra della collegiata di Santo Stefano.

Franco Pezzella
(da Il Sidicino - Anno XVIII 2021 - n. 6 Giugno )

 
Particolare del dipinto
 
Collegiata di Santo Stefano - Epigrafe funeraria di Vincenzo Velluti - I Barone di Galluccio