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Salvatore Scaglione, un affermato oratore sacro teanese
del Seicento, vescovo di Castellamare di Stabia
 
Il duomo di Castellamare e l'attiguo palazzo vescovile in un dipinto di Gabriele Carelli
Museo di Giulianova
 

Il 16 luglio del 1680, monsignor Salvatore Scaglione, insigne teologo teanese, tra i più affermati oratori sacri del Seicento, chiudeva la sua vita terrena nel palazzo vescovile di Castellamare di Stabia, diocesi nella quale si era insediato appena due anni prima, il 26 luglio del 1678, su nomina di Carlo II, re di Spagna (re di Napoli come Carlo V), del quale era consigliere, e previa l'approvazione di papa Innocenzo XI. In proposito si ricorda che, in ossequio ad un antichissimo privilegio risalente al Concilio Toledano del 681 con il quale era stato formulato il cosiddetto “patronato regio”, la Corona spagnola ancora conservava, in quel tempo, il diritto di nomina sui vescovadi del regno e di alcune diocesi, tra cui quelle dell'Italia meridionale, che insistevano nelle sue propaggini estere.
La cerimonia di consacrazione di Salvatore Scaglione si era svolta, con grande concorso di nobili e popolo nella basilica del Carmine di Napoli per mano del cardinale Innico Caracciolo arcivescovo della città, e dei vescovi Domenico Cenino e Girolamo Rocca, titolari rispettivamente delle diocesi di Gravina e Ischia. Quattro mesi dopo la sua morte, il 6 novembre, ne tesseva le lodi in una erudita orazione funebre recitata nella chiesa del Carmine di Napoli pubblicata a stampa l'anno successivo, Padre Pietro Paolo Cardide dei Chierici Regolari (i teatini), Ministro degli infermi ed Esaminatore sinodale nella corte arcivescovile di Napoli, comanche avrebbe fatto due anni dopo il suo confratello, Padre Carlo Sarnicola (al secolo Domenico), con un sonetto nella raccolta Fiori Poetici.
Discendente di una nobile e antica famiglia patrizia aversana, monsignor Salvatore Scaglione era nato a Teano il 24 febbraio del 1623 da Girolamo e Gavinia Albertina. Avviato alla vita monastica presso il monastero del Carmine Maggiore di Napoli, aveva fatto professione di fede, indossando l'abito dell'Ordine, il 28 maggio del 1639, alla giovane età di 16 anni. Successivamente si era laureato in Teologia e grazie alle sue doti di religioso di profonda dottrina, ingegno e prudenza, nella sua breve vita era stato investito di numerose cariche e dignità: era stato, tra l'altro eletto, per ben due volte, nel 1668 e nel 1672, priore del convento del Carmine, dove aveva insegnato anche Teologia e svolto le funzioni di Prefetto agli Studi, quella di soprintendente alle fattorie, e per ben tre volte di Commissario generale. In città aveva svolto, invece, il ruolo di Reggente degli studi e Commissario generale del monastero di Santa Maria del Buon Successo, popolarmente conosciuto come di S. Teresella degli Spagnoli, di Consultore del Santo Ufficio e di Provinciale della Provincia di Napoli e Basilicata, che aveva retto per tre anni dal 1670 al 1673. Per un breve periodo era stato anche Provinciale della Provincia di Sassonia. Ma l'attività in cui s'era messo maggiormente in luce era stata quella di oratore. In un'Elegia, che fa il paio con un epigramma che don Antonio di Cardenas gli aveva dedicato in occasione della sua elevazione a vescovo, un suo studente, tale Alberto Summut, ricorda che egli aveva predicato, raccogliendo ovunque applausi ed allori, oltre che a Napoli, a Capua, Aversa, Sessa Aurunca, Gaeta, Foggia, Palermo, Sorrento, Salerno, Venezia, Padova, Bologna, Messina, Firenze, Genova, Cosenza e Roma. Memorabili furono, in particolare, le prediche declamate più volte in spagnolo nella cappella del Palazzo reale di Napoli in presenza del viceré.
A testimonianza di questa sacra eloquenza ci restano diversi scritti a stampa, soprattutto panegirici: i Panegirici della Beata Vergine Maria (Napoli 1661); La vigna coronata e difesa (Genova 1663); il Panegirico di S. Catarina da Bologna (Bologna 1672); i Panegirici Sacri per diverse festività della Vergine e dei Santi (Napoli 1672); il Panegirico della Madonna della Lettera (Cosenza 1673); il Panegirico del Beato Bernardo Tolomeo, fondatore degli Olivetani (Napoli 1675); i Panegiricos varios, in lingua spagnola (Napoli 1679), ma anche tre orazioni funebri (per don Sebastiano Cortizzos, 1671; per don Sebastiano Lopez del Hierro, marchese di Castelforte, recitata in Santa Maria la Nova, Napoli 1677 e per don Gaspare Gomez, declamata nella chiesa degli Incurabili, Napoli 1674). Restarono invece inediti, perché preso dagli impegni pastorali non ebbe più tempo di seguirne le stampe, due Quaresimali e un libro di Prediche dell'Avvento.
Conteso dai più importanti sodalizi culturali del tempo per le sue doti oratorie ed intellettuali, era stato socio dell'Accademia napoletana degli Investiganti che, nata nel 1630, era stata chiusa a causa della peste nel 1656 per poi essere riattivata nel 1662 da Leonardo di Capua e Tommaso Cornelio con lo scopo «d'introdurre in Napoli un miglior metodo di filosofare» (Marchese di Villarosa). Più tardi un gruppo di intellettuali siciliani lo aveva voluto anche socio dell'Accademia dei Riaccesi, la principale accademia siciliana che, sorta a Palermo nel 1622 sotto la protezione di Emanuele Filiberto di Savoia da una scissione interna alla precedente Accademia degli Accesi, era stata fondata cinquanta anni prima da don Francesco Ferdinando d'Avalos, viceré di Sicilia, con intenti prevalentemente letterari, ma accogliendo anche filosofi e scienziati. Nel 1654 in occasione di un ciclo di prediche quaresimali tenute nella chiesa di San Filippo Neri di Palermo diversi poeti locali, che si denominavano Cigni d'Oreto (l'Oreto è un fiume che attraversa la città) lo festeggiarono con componimenti letterari pubblicati a stampa nel 1654 dal tipografo palermitano Decio Cirillo con il titolo Il Parnasso nel Carmelo Devoti ossequii degli Cigni d'Oreto al M.R. P.M. Salvatore Scaglione Carmelitano Napoletano per le Prediche Quaresimali da lui dette nella Chiesa di S. Ignatio Martire detta l'Olivella de RR. PP. Dell'Oratorio di S. Filippo Neri nell'anno 1654.
Note storiche, biografiche e letterarie sul suo conto, nelle quali è generalmente indicato come «filosofo, teologo e predicatore celeberrimo» furono dettate, tra gli altri, da Nicolò Toppi (Biblioteca Napoletana, Napoli 1678); Daniello della Vergine Maria (Specchio del Carmine, Anversa 1680); Giuseppe Maria Fornari (Anno Memorabile de Carmelitani, Milano 1688); Giovan Battista Pacichelli (Del Regno di Napoli in prospettiva, Napoli 1703); Antonino Mongitore (Bibliotheca Sicula, Palermo 1707-1714); Nicolò Coletti (Addizioni a Italia Sacra di Ferdinando Ughelli, t.VI, Venezia 1720); Giacinto Gimma (Idea della storia dell'Italia letterata, Napoli 1723); Pio Tommaso Militante (De Stabis, Stabiana Ecclesia et Episcopi eius, Napoli 1750); Cosimo Villiers (Bibliotheca Carmelitana, Orleans 1752) e Placido Troyli (Istoria Generale del Reame di Napoli, Napoli 1754.

Franco Pezzella
(da Il Sidicino - Anno XVII 2020 - n. 3 Maggio)