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La cisterna del Castello

 

In una delle mie frequenti visite al Museo Archeologico, nella solitudine di un pomeriggio piovoso, mi è balenata alla mente un'idea che non mi sembra del tutto peregrina. Prove concrete di quanto dirò non ce ne sono o almeno non sono evidenti, tuttavia potrebbe essere, la mia, un'ipotesi da prendere in considerazione, esaminare, studiare.
Nel Museo sono stete messe in evidenza delle tracce di un sistema termale utilizzato dai Sidicini, che molto probabilmente doveva essere in relazione non solo con il Ninfeo rinvenuto più giù, in un edificio annesso al monastero di S. Caterina, ma anche con qualche altra pertinenza connessa con l'utilizzo delle acque che giustificherebbe la successiva denominazione della vicina chiesa di S. Pietro in Aquariis.
È sotto gli occhi di tutti il dislivello esistente fra il Museo e la suddetta chiesa, che doveva favorire il deflusso delle acque in forte discesa; tutto ciò fa supporre l'esistenza di un unico complesso digradante che sfruttava il naturale declivo della collina in quella zona. Il flusso idrico necessario al funzionamento del sistema doveva essere alimentato, molto probabilmente, dalla grossa cisterna romana situata più in alto, alle spalle del palazzo già proprietà Fondi in Piazza della Vittoria, nella quale era possibile accedere in passato dalla vecchia panetteria di Giuseppe Spaziano, di felice memoria, poi divenuta pizzeria di John Skulski fino a qualche decina di anni addietro.
Questa grossa cisterna, che da sempre ho avuto modo di osservare per essere nato e vissuto sempre nel palazzo Fondi, dalle dimensioni veramente notevoli è rivestita di impermeabile cocciopesto. È ricavata nello spazio tra la parete posteriore del fabbricato e la collina tufacea e si sviluppa in altezza dal paino stradale per oltre quindici metri. Risultà perciò sottoposta a un giardino pensile, che si trova a livello del secondo piano e nel quale sono presenti due bocche che avevano la duplice funzione di dare aria alla cisterna e di permettere di attingere l'acqua, elemento particolarmente prezioso durante i non pochi assedi subiti dalla città. Da questo sito doveva partire, molto probabilmente, anche il grande condotto fognario che attraversava i contigui giardini, di proprietà Zarone e Cattaneo, e andava a perdersi nella zona Carità - Loreto. Anche se tutto ciò aveva più modeste dimensioni, il pensiero è andato alla villa Luculliana di Pizzofalcone a Napoli.
Quando nel Trecento l'Arx fu trasformata e i Marzano edificarono l'edificio della Cavallerizza, la cisterna dovette essere posta a servizio del nuovo complesso militare - residenziale, e quando poi il palazzo, sotto la signoria Carafa, fu trasformato in elegante dimora principesca con il celebrato giardino che degradava verso oriente, la cisterna dovette rivelarsi un'autentica fortuna per poter trasformare quelle aride balze in aiuole fiorite. Il rifornimento idrico non era assicurato solo dall'acqua piovana, ma veniva sostenuto da un condotto sotterraneo che partiva dalla sorgente dell'Acquarotta.
Sarebbe utile indagare sulle condotte di deflusso delle enormi quantità d'acqua che la cisterna poteva contenere e chissa che queste mie supposizioni non possano rivelare qualche fondamento.

Antonio Mignone
(da Il Sidicino - Anno V 2008 - n. 6 Giugno)