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Calvi Risorta: l'area archeologica è una discarica

alla mercé di tombaroli e prostitute
 

Lo conferma Franco Arminio in un volume appena edito per Mondadori. Per Pompei arrivano 105 milioni di euro (da Bruxelles), per l'area archeologica di Cales non arriva nulla. Per Pompei i soldi non bastano mai, per l'antica Cales nessuno chiede nulla e nessuno dà nulla, né si lamenta dello stato, di assoluto degrado, in cui si trova l'area archeologica. Ci ha pensato Franco Arminio, con il suo libro “Terracarne”, edito da Mondadori, a porre l'attenzione sul problema che, per la verità, avrebbe bisogno di maggior interesse ed attenzione, soprattutto a Calvi. Franco Arminio è un acuto corrispondente che ha girato in lungo ed in largo l'Italia, facendo le sue giuste considerazioni su quel che vede. È stato per esempio anche a Teano, rimanendo affascinato del suo museo archeologico. Noi abbiamo cercato il suo libro, per vedere cosa pensava di Calvi e della sua area archeologica. “Una discarica. Ho visto quasi per caso, seminascosta dalla vegetazione, l'insegna “Antica Cales”. Cales, si sa, era famosa per il vino e per le ceramiche. Mi chiedo: in cambio di cosa i cittadini di Calvi Risorta, hanno barattato tutto questo? Decido di seguire l'insegna che indica la zona archeologica. La segnaletica mi porta lungo una stradina dissestata e piena di rifiuti, con una selva di rovi che ne evidenzia il totale disuso. Quasi non credo ai cartelli, leggo di un ponte etrusco, di terme, di un teatro, insomma secoli di storia che giacciono in mezzo a immondizia, copertoni e punti di appoggio per prostitute nigeriane. Dopo aver attraversato questo ennesimo scempio, questa offesa perpetrata a una terra che doveva essere stupenda, arrivo al Teatro romano. È circondato da un'altissima cancellata. Il cancello è chiuso e un cartello della Sovrintendenza Archeologica recita che “L'ingresso è interdetto alle persone non autorizzate” però, poco più avanti la recinzione è assente e si può entrare. Questo luogo è una sorta di discarica archeologica. La campagna è semiabbandonata, con una quantità enorme di frammenti di oggetti antichi. Qui i tombaroli dettano legge da sempre, frugano la terra e la derubano senza che nessuno faccia niente per fermarli. Per arrivare fin qui ho graffiato la carrozzeria della macchina e ho bucato la carta velina che avvolge i miei nervi. Decido di affidarmi alla rete per vedere se, da qualche parte, qualcuno ha denunciato tutto lo scempio che ho visto, invece trovo siti dai toni trionfalistici, che citano questi luoghi come se effettivamente fossero visitabili, mentre io ho avuto la sensazione di vedere dei grandi e meravigliosi elefanti morenti, lasciati lì ad agonizzare”. Franco Arminio “Terracarne” Mondadori 2011.

Paolo Mesolella
(da Il Sidicino - Anno VIII 2011 - n. 12 Dicembre)