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Caio Albio Caleno

 
Il soldato che osò ribellarsi a Scipione l'Africano
 
Pubblichiamo con piacere questo breve ma interessante articolo del prof. Paolo Mesolella, sparanisano di origini teanesi, Presidente dell’Archeoclub di Calvi, che abbiamo invitato a collaborare al nostro mensile.
 

È stato pubblicato dallo storico inglese Basil Liddell Hart un'interessante biografia di Scipione l'Africano che ci fa conoscere la singolare storia di Caio Albio Caleno, un soldato semplice che si ribellò al grande Scipione l'Africano. O meglio un soldato di Cales che insieme ad un altro soldato semplice, Caio Atrio Umbro, spinse i suoi compagni d'arme all'ammutinamento.
La vicenda è particolarmente interessante anche perché Caio Albio Caleno non appare tra i caleni ricordati da Carcaiso nella sua storia dell'Antica Cales. Lo storico Liddell Hart, dicevamo, nel suo libro, scritto per il Corpus Christi College di Cambridge, alle pagine 71-76, ripercorre l'incredibile rivolta di questi due soldati semplici, Albio e Atrio, che sobillarono una grande sommossa contro Scipione l'Africano tra le truppe romane di stanza in Spagna, sul fiume Sucro (attuale Jucan) a metà strada tra Cartagena e Tarragona.
Il malcontento dei soldati romani, spiega Liddell, era dovuto alla mancata corresponsione delle paghe, cosicché “i soldati, si ammutinarono e, scacciati i tribuni dal campo, misero al comando della rivolta due soldati semplici, Caio Albio Caleno e Caio Atrio Umbro, che erano stati i principali sobillatori della sommossa, in vista del bottino”. Gli ammutinati – continua lo storico inglese – avevano calcolato che nel disordine generale conseguente alla morte di Scipione, sarebbe stato possibile saccheggiare ed esigere tributi a loro piacere. Ma quando risultò chiaro che le voci sulla morte di Scipione, dovute alla sua malattia, erano infondate, la rivolta si acquietò.
Polibio e Livio, però, testimoniano che “Scipione non si era mai trovato in maggiore imbarazzo e difficoltà. Mandò sette tribuni incontro agli ammutinati e incontrò le truppe a Cartagena. Qui Scipione parlò ai soldati dicendo:”Neppure so con quale nome debba chiamarvi. Né cittadini né soldati, ma nemici. Vedo infatti azioni, propositi e animi da nemici”. Poi rivolse il proprio sdegno ai capi che si erano scelti, Albio Caleno e Atrio Umbro, ignoranti e di bassa estrazione, deridendo i loro nomi e facendo leva sul senso del ridicolo e sulla superstizione dei soldati: si fossero almeno messi agli ordini di un tribuno militare, anziché di semplici soldati. Non appena Scipione ebbe finito di parlare, -ricorda Livio- si udì la voce dell'araldo che leggeva i nomi dei soldati condannati. Questi furono trascinati, nudi e legati, al centro dell'assemblea, e qui furono giustiziati sotto gli occhi di tutti. La truppa invece fu perdonata ed ogni soldato ricevette la sua paga per appello nominale. Fu una giusta lezione di severità verso i caporioni e di disponibilità nell'accogliere le lagnanze dei soldati.

Paolo Mesolella
(da Il Sidicino - Anno V 2008 - n. 11 Novembre)