L'ASSOCIAZIONE
 
il Sidicino
 
Indice per autore
 
Indice Carmen Melese
 
 

La gioia di insegnare

 
 

Da piccola, quando mi chiedevano che lavoro desiderassi fare da grande, rispondevo con l'ingenua volubilità dei bambini: hostess, ballerina, veterinaria, attrice... Poi crescendo ho scoperto che l'unica cosa che mi interessasse veramente fare era quella di insegnare. In famiglia nessuno mi aveva orientato verso questo lavoro: i miei genitori erano decisamente poveri per frequentare un corso di studi completo, ma erano altrettanto determinati a non farlo mancare alle figlie.
La scuola per me divenne subito importante: era il tempo delle domande e della conoscenza, il luogo dove imparavo, dove crescevo e sperimentavo amicizie e amori. La scuola era il luogo dove potersi confrontare con i coetanei e con gli adulti, dove sviluppare spirito critico e scoprire i variegati aspetti della cultura. Infine, era il luogo in cui non ci si sentiva mai soli.
Ritornando indietro nel tempo, riconosco di essere stata fortunata: infatti nel mio percorso scolastico ho avuto il privilegio di incontrare insegnanti eccezionali, da cui ho ricevuto una formazione nelle varie discipline, ma soprattutto un orientamento e un sostegno nelle diverse tappe della vita. Ho avuto bei maestri, e me ne sono innamorata! Perché di un maestro ci si innamora.
Da qui è nato il mio desiderio di essere insegnante e di trasmettere, oltre ai contenuti specifici, l'amore per il bene, il vero e il bello, che ho ricevuto a mia volta. Come non ricordare la meravigliosa maestra della scuola elementare e, prima ancora, le amorevoli monache del monastero di Santa Caterina? Ricordo con affetto anche gli insegnanti delle scuole medie, in particolare la docente di lettere che più di ogni altra, forse, mi ha aiutato a credere in me stessa, fornendomi le basi per la mia autostima, al di là del mio carattere un po' scontroso. Al ginnasio, l'indimenticato e indimenticabile Professore di lettere mi ha trasmesso, insieme alla passione per la letteratura e la poesia, l'amore stesso per la vita! Perché non c'è cultura, se non è cultura della vita.
E poi c'è il professore di filosofia, del liceo, che con infinita pazienza ci spiegava con mille esempi, che “non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume” e che conoscere se stessi e riconoscere di non sapere è alla base del vero sapere.
Un giorno mi sono detta: “Perché non cercarlo e dirgli ancora grazie per tutto quello che ha fatto per me e per i miei compagni di classe?” Così ho iniziato a raccogliere le informazioni necessarie, e alla fine ho composto il numero sul cellulare. Col cuore che mi batteva forte, ho detto: “Pronto... spero di non disturbare. Sono Carmen, sono stata tua alunna al liceo... quarant'anni fa!!” La sua voce calda e accogliente, uguale a come la ricordavo, vibra per l'emozione e per la sorpresa. Anch'io sono profondamente emozionata, e mi accorgo di avere gli occhi velati di lacrime. Nei momenti di conversazione che seguono, emergono dal cuore e affiorano sulle labbra i nomi dei compagni di classe, dei colleghi, del vicepreside... Gli rinnovo sentimenti di stima e gratitudine, non solo per l'insegnamento della filosofia, ma soprattutto per la vicinanza umana e l'affetto dimostratomi, in particolare, nella dolorosa circostanza della morte di mio padre. Avevo da poco compiuto diciotto anni e l'affetto ricevuto dai miei insegnanti fu come una calda coperta sulle spalle, nel cammino reso incerto dall'assenza del padre.
“Carissimo professore, ti manderò una foto dei tempi del liceo, ti abbraccio forte! Spero di rivederti presto! Vorrei raccontarti tante cose, delle emozioni belle e brutte che sto provando in questo lungo periodo di pandemia, delle videolezioni e della mancanza di contatto fisico con i miei piccoli alunni. Riusciranno a conservare nel cuore anche momenti belli di questo periodo scolastico? Il mio insegnamento e il mio affetto riusciranno a superare la montagna di password e link e a oltrepassare lo schermo freddo del computer, mia croce e delizia? E a scuola, con la mascherina, impareremo a dirci “ti voglio bene” solo con gli occhi?
Caro Prof., nonostante tutto, memore degli insegnamenti ricevuti, voglio ancora credere e lottare per una scuola dell'invisibile e non per una scuola degli invisibili. Voglio pensare ai miei alunni come a giardini in cui piantare semi di futuro, scommettendo sulla loro fioritura e maturazione. E voglio augurarmi che nessuno sia assente, ma tutti protagonisti e partecipi del dialogo educativo, perché è dalla conoscenza che nasce l'uomo libero. Sì, desidero e spero anch'io di essere per i miei piccoli quello che tu e gli altri insegnanti siete stati per me. Un maestro lascia impronte nella vita dei propri alunni, la leviga, la fa fiorire, la orienta, la sostiene, la valorizza. La fa brillare di luce propria, perché ogni alunno ha una luce che lo rende unico e speciale. Un maestro è per sempre. Ciao e grazie!

Carmen Melese
(da Il Sidicino - Anno XVIII 2021 - n. 1 Gennaio)