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L'iscrizione della della Cappella di Sant'Antonio Abate
a Pantuliano (II parte)
 

L’iscrizione che sormonta l’ingresso della Cappella (foto di Francesco Magliocca)

6. Descrizione formale dell'iscrizione
L'iscrizione che sormonta l'ingresso della cappella reca l'anno 1431. È incisa su una lastra di marmo che ha le seguenti dimensioni: è larga cm. 183, alta cm. 40; le lettere sono alte cm. 4.
Consta di 7 righe l'ultima delle quali termina a metà e le sue lettere risultano di altezza inferiore rispetto alle altre (cm. 3).
Essa presenta una profonda lesione che va dalla metà della M finale della seconda parola (CAPPELLAM) della prima riga (a circa cm. 50 dall'angolo in alto a sinistra), alla metà della seconda N della parola INDICCIONIS dell'ultima riga (a circa cm. 40 dall'angolo in basso a sinistra). Quale il motivo di questa lesione? Quando fu prodotta? Non lo sappiamo; probabilmente avvenne a causa di qualche scossa di terremoto (!?) (19).
Tutte le righe terminano con parola intera o abbreviata; solo la sesta riga termina con una parola che viene completata al rigo successivo; FEBRUA (daccapo) RII.
Il testo comprende in totale 401 lettere (senza considerare le dieci M finali abbreviate in una specie di 3, cioè una emme minuscola in verticale); le parole riportate per intero sono 43; quelle abbreviate 34; bisogna aggiungere poi l'uso di una specie di Z che indica la congiunzione “ET” (ricorre due volte).
Quando la parola è abbreviata, si ricorre al segno Ω (omega dell'alfabeto greco) che però è molto schiacciato così da formare quasi un cappello cardinalizio; il segno viene collocato in alto sulla parola abbreviata.
Da segnalare alcuni casi in cui la parola abbreviata è la risultanza di due o tre parole (si veda appresso).
Ogni riga (a prescindere dall'ultima) in media comprende 62 lettere per 12 parole. Ogni parola è separata da quella che segue con un punto all'altezza media della riga. Come riferiva il Borrelli, l'iscrizione è “in bei caratteri gotici del tempo” (20).
Tutte le lettere sono scolpite in rilievo. Esse sono usate tutte nella forma maiuscola, tranne la “e”, l'acca, la enne e la ti, che sono minuscole, ma la loro altezza è sempre uguale a quella delle lettere maiuscole. La terza lettera dell'alfabeto può essere considerata sia maiuscola che minuscola, comunque sempre chiusa nel lato destro (così da apparire a prima vista una “a”; ma non c'è possibilità di confondere le due lettere perché la vocale A è scritta sempre maiuscola). La consonante occlusiva dentale sonora presenta due forme: quella maiuscola (D) e quella minuscola (d) simile però alla δ dell'alfabeto greco, ma con la coda che non svolta in alto a destra, bensì a sinistra. La emme maiuscola è resa con i due tratti esterni ricurvi solo in 4 parole; spesso la emme finale come si diceva si riduce ad un 3. La U e V si equivalgono: talvolta il tratto di sinistra è ricurvo mentre quello di destra è diritto; altre volte capita il contrario. Infine la Z non viene usata (se non per indicare ET). Il dittongo –AE si riduce alla sola E. la desinenza –US spesso viene contratta in un segno di interrogativo senza il punto. Non esiste punteggiatura.
La lingua usata è naturalmente quella latina, la lingua ufficiale della Chiesa; ma capita a metà della quarta riga una doppia espressione in lingua “volgare”: si tratta della citazione di un toponimo.

7. Trascrizione e integrazioni della iscrizione
A questo punto trascriviamo l'iscrizione:
+ HANC - CAPPELLAM - CONSTRUI - RECID - DONNUS - ANDONIUS - ADECOCI - ARCHIPBR -TERRE // CAPUANE - AC - CAPPELLAN? - HUI? - ECCLIE - SCI - IOHIS - SUB - VOCABULO - BTI - ANDONII - QUA3 DOTAV // - EIDEQ - CAPPELLE - ASSIGNAVIT - PECIA3 - UNA3 - TRE - CANPESTRE3 - MODIORU3 - DECE3 - ZPLUS // SITA3 - UBI DR - A - LA - SCAPULA - SEU - A - LO - PRATELLONE - ITA - QUOD - SACERDOS - DICTE ECCLIE // TENEATUR - BIS - MISSA3 - PRO - AIA - SUA - ZOIU3 - DEFUNCTORU3 - SUORU3 - IDTA - CAPPELLA - PRO // EDDOMEDA3 - CELEBRAR - SUB - ANO - DNI - MILLO - CCCC - XXXI - DIE - VIII - MESIS - FEBRUA // RII - VIIII - INDICCIONIS - DEO - GRAS - AMEN.
Nota: il trattino sostituisce il punto che nel testo separa le parole; il punto interrogativo indica la desinenza –us; il 3 indica la m finale; la fine di ogni riga è segnata da //

Integrazioni dell'iscrizione
HANC CAPPELLAM CONSTRUxIt, RECognitione In Dominum, DONNUS ANDONIUS ADECOCI, ARCHIPresBiteR TERRE CAPUANE AC CAPPELLANus HUIus ECCLesIE SanCtI IOHannIS, SUB VOCABULO BeaTI ANDONII, QUAm DOTAVit EIDEmQue CAPPELLE ASSIGNAVIT PECIAm UNAm TerRE CANPESTREm MODIORUm DECEm et PLUS, SITAm UBI DicituR A LA SCAPULA SEU A LO PRATELLONE, ITA QUOD SACERDOS DICTE ECCLesIE TENEATUR BIS MISSAm PRO AnImA SUA et OmnIUm DEFUNCTORUm SUORUm In DiCtA CAPPELLA PRO EDDOMEDAm CELEBRARe. SUB ANNO MILLesimO CCCC XXXI, DIE VIII, MEnSIS FEBRUARII, VIIII INCICCIONIS. DEO GRatiAS. AMEN.

Particolare dell’iscrizione - lato sinistro (foto di Francesco Magliocca)

8. Analisi del testo dell'iscrizione
Ed ora passiamo in rassegna tutta l'iscrizione soffermandoci su quei termini che necessitano di qualche spiegazione.
CAPPELLAM (prima riga, seconda parola): la cappella è una piccola costruzione ad una navata per scopi di culto, generalmente annessa ad un altro edificio sacro o profano, incorporata o vicino ad essa. Etimo: dal lat. mediev., diminutivo di cappa, denominazione dell'oratorio del Palazzo del Re dei Franchi, nel quale si custodiva una reliquia della 'cappa' di San Martino di Tours; cappa: ampio mantello quasi sempre fornito di cappuccio.
RECID (prima riga, quarta parola): qui è la prima seria difficoltà che s'incontra, ma ci viene in soccorso il Lexicon abbreviaturarum di A. Cappelli (21), che così spiega l'abbreviatura: RECognitio In Dominum (22). L'espressione è propria del diritto civile: atto con cui il concessionario di un diritto reale perpetuo (o di lunga durata) di godimento di un fondo (a titolo di censo, livello, enfiteusi, ecc.) rinnova periodicamente al concedente il riconoscimento della proprietà nominale dei diritti a essa connessi.
Nell'ambito della gerarchia ecclesiastica: per recognizione della superiorità episcopale ciascuno dava la terza parte al Vescovo e qualche cosa di più per onore. Cathedraticum: “questo nome significa certa ricognizione che pagavano ogni anno li chierici al proprio vescovo per sostentamento della cattedra. Cioè dignità vescovale”.
In contesto figurato, con riferimento al rispetto, alla devozione nei confronti della Divinità. Recognizione: riconoscenza al Signore.
Da “Padrone” nel senso di proprietario di terreni o case, si passa a Padrone = Signore Dio (23).
DONNUS = Dominus (Padrone, Signore): nella evoluzione del latino al volgare, Dominus divenne prima Domnus, poi la emme si assimilò alla successiva enne e si ebbe Donnus (in volgare: Donno); infine per la caduta della desinenza (-us): Don, titolo che si dà ai preti (ma anche ai nobili a ai grandi proprietari terrieri). Nella iscrizione ci si aspetterebbe la contrazione delle due enne o quella della desinenza –us; ma non troviamo né l'una né l'altra! La contrazione della doppia enne la troveremo alla penultima riga (anno diventa ano con il segno dell'abbreviatura (Ω) sulla enne; la contrazione della –US in punto interrogativo avviene con CAPPELLAN? (terza parola della seconda riga).
ANDONIUS: qui è da notare la presenza della D al posto della T, dovuta probabilmente alla pronuncia del nome da parte della gente del nostro Meridione: ancora oggi infatti si dice 'Ndonio! Si tenga comunque presente che nella iscrizione la D e la T si possono facilmente confondere con la δ minuscola (vedi quanto si è detto prima) perché il tratto verticale della T viene arrotondato così da formare quasi una O con una apertura in alto a destra: ora, però, se la δ dell'ANDONIUS della prima riga può risultare di lettura incerta perché la parte superiore della iscrizione è coperta di intonaco, quella dell'ANDONII (terz'ultima parola della seconda riga) riferito all'Abate, risulta chiaramente una D.
ADECOCI: è il cognome del committente; forse esso potrebbe derivare da un Iadecoci, che andrebbe così diviso: Ia-de-coci, in cui 'Ia' sarebbe la forma apocopata di Iacono o Iacopo; 'de' preposizione indicante appartenenza, 'coci' plurale di cuoco (?); quindi un Iacopo appartenente ad una famiglia di cuochi. È una ipotesi (24)!
ARCHIPRESBITER = Archipresbitero = Arciprete: primo dignitario del Capitolo, rettore di una chiesa matrice, il più anziano dei preti di una diocesi, il sacerdote che il Vescovo designava a presiedere le funzioni liturgiche; titolo onorifico del parroco di una chiesa che fu un tempo o è tuttora in posizione di preminenza. Si noti che presbitero deriva dal greco ed è il comparativo di 'presbys', più vecchio, anziano.
TERRE = terrae (ultima parola della prima riga; con essa concorda l'agg. CAPUANE, che segue all'inizio della riga successiva): o ha un senso generale di “estensione di terreno” oppure un significato più tecnico di “luogo abitato, borgo, anticamente anche città” ed è forse quest'ultimo il senso di terra.
CAPPELLAN? = cappellanus: titolare di una Cappellania (fondazione pia le cui rendite sono destinate ad atti di culto, in particolare alla celebrazione di messe ed al sostentamento del titolare addetto a tale servizio), sacerdote incaricato di officiare in una cappella, senza cura d'anime.
BTI = BeaTI agg. Che concorda con il successivo ANDONII, in caso genitivo. È strano che l'Abate Antonio sia qui definito “Beato” e non “Santo”; sia il Borrelli che il Marchione leggono STI, cioè Sancti (Antonii), ma se si osserva con attenzione il testo, risulterà chiaramente che la lettera iniziale è una B, mentre poco innanzi nella stessa riga si legge SCI IOHIS, cioè SanCtI IOHannIS, dove è chiaro l'uso della S. Sul piano tecnico sappiamo che c'è differenza tra Beato e Santo: Beato è chi viene elevato dalla Chiesa agli altari e venerato con culto pubblico, pur non essendo ancora canonizzato; il Beato diventa Santo quando tale viene proclamato da Papa. Nel nostro caso riteniamo che l'incisore sia caduto in errore, incidendo una B al posto della S.
PECIA3 = peciam cioè pezza (di terra) dal lat. med. petiam in cui la dentale (t) seguita dalla vocale (i) avrebbe dovuto dare luogo ad una zeta raddoppiata (pezza); invece petia diventa pecia (t > c) (vedi però INDICCIONIS all'ultima riga).
CANPESTRE3 = CANPESTREM: da notare l'errore dell'incisore che ha inciso una N al posto di una M prima della P.
A LA SCAPULA … A LO PRATELLONE: si tratta del doppio toponimo usato dal volgo per indicare il luogo dove si trova la terra campestre di più di dieci moggia che l'Adecoci assegnò come dote balla cappella. Il termine “scapulae” ha valore geomorfico di “dorsum montis” – così scrive G.B. Pellegrini (25) rinviando a Villa Scàpoli (Notaresco TE) e a Scàpoli (IS). Pratellone è un accrescitivo di Pratella, da ricondurre a 'pratalia' oppure un diminutivo di Prata (si veda 'pratum' in GB Pellegrini (26) che rinvia ad una quindicina di toponimi che ad esso si riconnettono) (27).
Insomma il doppio toponimo vuole alludere a terreni seminati a prato sul dorso di un monte.
IDTA (terz'ultima parola della quinta riga): è il caso di abbreviatura di due parole: In DicTA = nella detta (Cappella).
EDDOMEDA3 (prima parola della sesta riga) = qui sono da notare tre cose: 1. Il termine deriva dal greco ebdomada (settimana), in cui la B si è assimilata alla successiva D, dando luogo a DD; 2. L'incisore è caduto in errore scrivendo EDDOMEDA3 invece di EDDOMADA3; 3. Oltre che in un errore di ortografia, l'incisore è caduto anche in un errore di sintassi: infatti ha usato ha usato eddomadam caso accusativo in dipendenza della preposizione PRO che regge solo e sempre l'ablativo.
MILLO CCCC (sesta e settima parola della sesta riga). Millo è la contrazione di Mill(esim)o; le quattro C indicano 400, che si poteva scrivere anche CD cioè C (100) sottratto a D (500). L'anno di fondazione della Cappella viene riportato suddiviso in tre parti: Mille – Quattrocento – cui s'aggiunge XXXI (=31).
VIIII INDICCIONIS (ultima riga): VIIII indica il numero 9 (V=5 + IIII=4); si poteva usare anche IX, cioè I (uno) sottratto a X (dieci). Quanto a INDICCIONIS, va notato che nel latino classico era INDITIONIS, che nel latino ecclesiastico volgare rinascimentale è diventato INDICCIONIS con la doppia C che tradisce la pronunzia della gente meridionale delle parole che terminano in -tione > -zione; al posto della doppia zeta, qui troviamo la doppia C (il che non era avvenuto con 'petiam' divenuta 'peciam' con una sola C). ma dopo queste annotazioni di carattere formale, veniamo al significato di Indizione.
È un periodo cronologico di 15 anni, originario dall'Egitto e che, dal sec. IV in poi, divenne una delle più importanti note croniche dei documenti, tanto in Occidente che in Oriente. Il suo punto di partenza risale ai tempi di Costantino il Grande e precisamente al 313 dell'Era Cristiana. Gli anni di ciascuno di questi periodi quindicennali si numeravano progressivamente dall' 1 al 15, poi si ricominciava da capo, senza mai indicare di quale periodo indizionale si trattava. Anche per questo sistema di datazione, variò, secondo i paesi e i tempi, la data del mese e giorno da cui si faceva cominciare una nuova indizione In origine pare che il suo punto di partenza fosse il 1° settembre, come l'anno bizantino e questa fu detta indizione greca o costantinopolitana, perché molto usata in oriente e specialmente in Grecia. In Italia la vediamo in uso, sin dalla fine del sec. IV. […] Infine abbiamo l'indizione detta romana o pontificia, che partiva dal 25 dicembre, o, più spesso, dal 1° gennaio e che fu moltissimo usata in Occidente dal IX secolo in poi. Nella cancelleria pontificia si cominciò ad usarla nel 1088, senza abbandonare le altre due indizioni, ma dal XIII sec. in poi, e specie nel XIV e XV, fu usata molto più frequentemente e a preferenza delle altre. […] Nello stesso sec. XIII essa cominciò a divenire dl uso comune in Germania e in molti paesi d'Italia. […] Quest'indizione, essendosi sempre più generalizzata nei tempi moderni, fu poi la sola che rimase nei computi del calendario ecclesiastico. […] A queste alcuni aggiungono l'indizione papale, attribuita erroneamente a Gregorio VII, che partiva dal 25 marzo (28).
Quindi il VIIII va inteso come nel 9° (anno della Indizione); quest'ultima era incominciata nel 1423 e si sarebbe conclusa nel 1437; partendo dal 313, questa era la 75esima indizione.
La lettura della iscrizione ci consente di esprimere un giudizio sulla cultura dell'incisore che cade in vari errori di ortografia e di sintassi: certamente 'canpestrem' richiedeva la emme prima della P; eddomedam doveva essere eddomadam; e poi ci sono gli errori di sintassi: pro eddomedam (cioè un pro con l'accusativo); inoltre ITA QUOD alla quarta riga è del latino maccheronico ed ecclesiastico (nel latino classico: ITA UT); ANDONIUS con la D tradisce la pronunzia meridionale del popolo; infine l'uso di Beato invece di Santo. A chi sono da addebitare questi errori? Al solo incisore della iscrizione o anche e soprattutto al committente fondatore della cappella, don Andonius Adecoci?

S. Antonio Abate (foto di Giuseppe Marchione)

9. Traduzione dell'iscrizione
Possiamo concludere a questo punto, fornendo la traduzione della iscrizione e una sintesi del suo contenuto.

QUESTA CAPPELLA COSTRUÌ, PER RICONOSCENZA AL SIGNORE, DON ANDONIO ADECOCI, ARCIPRETE DELLA TERRA CAPUANA E CAPPELLANO DI QUESTA CHIESA DI SAN GIOVANNI, SOTTO IL TITOLO DEL BEATO ANDONIO, CHE DOTÒ E ALLA MEDESIMA CAPPELLA ASSEGNÒ UNA PEZZA DI TERRA CAMPESTRE DI MOGGIA DIECI E PIÙ, SITA DOVE SI DICE “A LA SCAPULA” O “A LO PRATELLONE”, COSÌ CHE IL SACERDOTE DI DETTA CHIESA È TENUTO A CELEBRARE DUE VOLTE ALLA SETTIMANA IN DETTA CAPPELLA UNA MESSA PER L'ANIMA SUA E DI TUTTI I SUOI DEFUNTI. NELL'ANNO DEL SIGNORE 1431, IL GIORNO 8 DEL MESE DI FEBBRAIO, ANNO NONO DELLA INDIZIONE. GRAZIE A DIO. AMEN.
10. Sintesi del contenuto dell'iscrizione
L'epigrafe s'inizia con un segno di croce (croce greca, cioè con i quattro lati uguali) cioè: In nomine Patri et Filii et Spiritus Sancti, e si chiude con un AMEN.
Essa si può dividere in quattro parti: la prima ci informa sul fondatore della Cappella don Antonio Adecoci, archipresbitero capuano e cappellano della chiesa parrocchiale di San Giovanni; la seconda riguarda la dotazione della cappella, che consiste in più di dieci moggia di terreno campestre; la terza stabilisce gli obblighi del cappellano: dovrà celebrare due messe alla settimana per l'anima del fondatore e dei suoi defunti; infine, l'ultima precisa la data dell'iscrizione: 8 febbraio 1431.

La giustizia (foto di Giuseppe Marchione)

NOTE
(19) - Ringraziamo per la collaborazione il geometra Raffaele Testa di Pantuliano.
(20) - Cfr A. Petrucci, Breve storia della scrittura latina, Bagatto libri Editore, Roma, 1992, in particolare il cap. XXIII: Caratteristiche generali della gotica. La gotica in Italia, pp. 131-135; cfr inoltre Giulio Battelli, Lezioni di Paleografia, Libreria Editrice Vaticana, 1986, La scrittura gotica, pp. 222-234.
(21) - Dizionario di Abbreviature latine ed italiane (Sesta edizione), U. Hoepli Milano, 1979.
(22) - Idem, p. 323, seconda colonna.
(23) - Cfr. Il Grande Dizionario della lingua italiana a cura di S. Battaglia UTET.
(24) - Cfr. E. De Felice, Dizionario dei cognomi italiani.
(25) - Toponomastica italiana, Hoepli, Milano, 1990, p. 201.
(26) - Idem, p. 197.
(27) - Cfr. anche Dizionario di Toponomastica UTET.
(28) - A. Cappelli, Cronologia Cronografia e Calendario perpetuo (5.a edizione aggiornata), U. Hoepli Milano, 1983, pp. 6-7.

Antonio Martone
(da Il Sidicino - Anno XI 2014 - n. 12 Dicembre)