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Le pergamene di Pietravairano
 
 

Nei primi mesi di quest'anno 2014 è stato pubblicato dalla “Piccola Editalia” di Giovanni Pezzulo di Vitulazio il volume dal titolo “Le pergamene della Chiesa madre di Sant'Eraclio in Pietravairano”.
A curarlo sono state quattro ricercatrici: Maria di Nuzzo che si è interessata a trascrizioni e regesti di materiale archivistico presso l'Archivio di Stato di Caserta; Marilia Maio, che si segnala in particolare per la pubblicazione di un saggio sulle protagoniste femminili della Gran Corte Criminale di Terra di Lavoro; Maria Tommasone che si occupa di riordino di archivi e di ricerche genealogiche; Monica Tortorelli, autrice di vari saggi di storia locale.
Uno sguardo all'indice: la Prefazione è del Vescovo Arturo Aiello la cui riconoscenza, indirizzata alle autrici, si allarga alla solerzia e lungimiranza del Parroco don Pasqualino Di Feola; la Presentazione è dell'archivista di Stato Carolina Belli la quale sottolinea come le giovani ricercatrici abbiano affrontato grandi difficoltà e svolto un lavoro lungo, paziente e faticoso.
A cura della Tommasone sono le pagine dedicate ai cenni storici su Pietravairano; ma venendo allo specifico, la Maio si sofferma a considerare i documenti dal punto di vista tecnico, analizzandone la struttura; e la Di Nuzzo espone i criteri per la loro edizione.
Segue la cronologia dei documenti, che risultano in numero di 62 ed occupano lo spazio di ben 6 secoli: dal transumptum del 1179 al privilegium del 1791; quasi un centinaio di pagine (da 31 a 120) riportano “Regesti e trascrizioni”; in appendice troviamo l'Inventario del 1696. Il volume si chiude con una serie di tavole che riportano soprattutto il “signum tabellionis” dei vari Notai.
Dopo aver fornito al lettore un sommario del volume, passiamo ora a fare alcune considerazioni.
Anzitutto esprimiamo tutto il nostro apprezzamento alle autrici e al Parroco Di Feola, originario di Partignano, che fu uno dei Casali di Capua, ora un rione di Pignataro.
Il volume è interessante? Certamente, ma non per tutti. Il tema affrontato è molto tecnico e quindi richiede tutta la buona volontà del lettore appassionato alla materia. Non si tratta di una lettura facile e piacevole e non saranno molti a leggere per intero il volume; sono cose di un lontano passato e - diciamolo pure - alquanto noiose: Tizio vende a Caio un terreno di tot moggia di terreno nel luogo detto … per una certa somma di danaro. Su 62 documenti, quelli “venditionis” sono ben 26; 8 quelli “affrancationis”, 6 “donationis”; altri poi di enfiteusi, di cessione, di permuta, ecc.
Le note costanti ad ogni documento sono quattro: la prima riguarda i nomi del notaio, del giudice a contratto e dei testimoni; la seconda riguarda le misure del documento, il tipo di scrittura ecc.; la terza segnala annotazioni coeve sul verso; l'ultima infine ci informa dello stato di conservazione.
Una cosa vorremmo segnalare: la maggior parte dei documenti è riportata in forma di regesto cioè di riassunto; solo alcuni documenti sono stati trascritti per intero nella forma originale, per esempio: a) la “Lictera episcopalis” del 1511, del vescovo di Teano Francesco Borgia, b) l “transumptum” del 1517 riguardante l'unione delle chiese di Pietravairano in un'unica arcipretura; c) l'instrumentum inventarii del 1576 sui beni stabili del Capitolo di Sant'Eraclio; e ancora, d) il “breve” di Papa Innocenzo XI del 1679; e) la “bulla” di papa Benedetto XIV del 1742 che fa delle concessioni ai canonici della Collegiata e infine f) il privilegio di Ferdinnado IV del 1701 che concede il suo reale assenso agli statuti della collegiata.
Si tratta come si vede di 6 documenti in cui compaiono personaggi importanti: papi, vescovi, re; non sarebbe stato male riportare l'originale anche di qualche atto di vendita o di donazione o di permuta in cui compaiono per lo più personaggi “comuni” del popolo lavoratore!
Ci sia concessa qualche altra considerazione: a proposito dell'interessante inventario del 1696 pubblicato in appendice, nella nota 245 si rinvia al Manuale di metrologia di A. Martini per le misure espresse in piedi; forse sarebbe stato più opportuno riportare la corrispondenza dei piedi in centimetri! Similmente la nota 215 circa il sistema monetario napoletano (ducato, carlino, grana, ecc) poteva essere collocata in un discorso generale in qualche paragrafo introduttivo, dove per altro si sarebbe potuto inserire una più ampia annotazione sui 7 gradi della carriera ecclesiastica, ecc.
C'è da dire qualcosa anche sul piano formale: ci rendiamo conto che si è trattato di un lavoro faticoso per il tipo di materia trattata (documenti antichi in lingua latina, spesso poco leggibili), ma si sa che per questo tipo di lavoro bisogna armarsi di santa pazienza che probabilmente non è stata sufficiente per le curatrici: una persona che legge questo libro con attenzione purtroppo vi trova molte forme errate: le vogliamo qui riassumere per non annoiare il lettore: tralasciamo le più banali che purtroppo capitano sempre anche nelle migliori stampe (un pre al posto di un per; non manca qualche errore di accento); non bisogna passare sotto silenzio però diverse espressioni mal trascritte dall'originale latino (p. 145: Bona stabilia … … per … … doctor [qui evidentemente c'è l'accusativo doctorem] e così appena dopo Antonium (non Antonio); p. 143 … territorio Sancti Felicis (non Sanctis).
Per concludere, vogliamo complimentarci con le curatrici del volume per la fatica compiuta; un'opera molto utile per gli studiosi della materia, i quali potranno ricavare da questo prezioso materiale lo spunto per ulteriori analisi; per esempio, si potrebbero raccogliere tutti i toponimi presenti nei documenti e cercare di spiegare la loro origine o almeno farne una suddivisione in gruppi (quelli che fanno riferimento ad edifici sacri; quelli che attengono a caratteristiche morfologiche dei luoghi; quelli che derivano dalle attività dei contadini, ecc).
Il volume offre ancora un altro spunto: la presenza dei nomi potrebbe suggerire allo studioso l'idea di considerare l'uso della scelta del nome personale durante i vari secoli (per esempio la prevalenza di nomi classici nel Cinquecento, di quelli cristiani nel Seicento, dopo la Controriforma).
Anche i cognomi potranno essere utili per vedere quali di essi si sono ben radicati nel paese, quali invece ebbero solo una presenza fugace.
E i quadri degli altari descritti nell'inventario del 1696 non produrranno sicuro interesse negli storici dell'arte?
E chissà che non si potrebbe fare una ricerca sui notai, elencati a pag. 23, per dare loro un volto più concreto!

Antonio Martone
(da Il Sidicino - Anno XI 2014 - n. 06 Giugno)