Alla memoria dell'avvocato Guido Zarone che tanti suggerimenti e preziose informazioni mi aveva fornito per realizzare il presente saggio.
Antonio Martone
 
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Il culto dei santi nella diocesi di Teano - Calvi (II parte)

 

I SANTI
A questo punto, non ci rimane che passare in rassegna i vari Santi ai quali sono intitolate la maggior parte delle parrocchie.
Ma iniziando a scorrere l'elenco, è d'obbligo cominciare dai Santi Patroni delle due diocesi: Casto di Calvi e Paride di Teano, per i quali c'è da osservare che “la venerazione del patrono del luogo e della diocesi non ha tanto la funzione ... di mantenere vivo il ricordo della potenza dispiegata da Dio nei suoi Santi, quanto piuttosto il compito di testimoniare l'inizio della storia della fede della chiesa locale e di stabilire un clima di comunione in seno alla comunità” (Beinert, p. 231).
Casto, vescovo di Calvi, santo, martire. Secondo gli storici locali, sarebbe nato in età apostolica a Calvi dalla nobile famiglia Vinicia Casta e avrebbe inaugurato la serie dei vescovi calvesi, affrontando quindi il martirio nel 66 a Sinuessa.
Paride, orientale, proveniente da Atena, giunge presso la porta inferiore della città di Teano dove c'era una fonte in cui si nascondeva un drago; il santo lo sconfigge, ma il popolo ingrato lo fa arrestare e sottoporre a vari supplizi; superate molte prove, viene eletto vescovo; fece molti miracoli. Sarebbe vissuto nella prima metà del IV secolo.
Circa i santi patroni delle nostre diocesi, si può parlare di “piccoli patroni”, personaggi minori, di patroni meramente locali, la cui funzione taumaturgica non eccede i confini del luogo, simboli di regionalità (Cfr. M. Niola, p. 147).
Passando ora a quelli delle parrocchie, va fatta una considerazione preliminare: c'è da dire che i titoli di alcuni Santi risultano più frequenti nei confronti di altri: San Nicola è presente in tre parrocchie, come pure San Pietro ap. e l'Arc. Michele: ciò dipende dal fatto che l'attuale diocesi di Teano-Calvi deriva dalla unione prima e fusione poi di due diocesi autonome: quindi, che attualmente ci siano due parrocchie con lo stesso Santo titolare non fa meraviglia se esse si trovano una nel territorio della ex diocesi di Calvi e l'altra in quello dell'altra; la difficoltà da superare è invece quella di spiegare come nella stessa diocesi di Teano si ripetano i titoli di alcuni Santi (ciò potrebbe dipendere dal fatto che nei secoli passati una delle parrocchie con lo stesso Santo titolare apparteneva ad altra Diocesi).
Passiamo a questo punto a considerare i Santi protettori delle parrocchie, distribuendoli per gruppi su base cronologica.
Patroni del periodo apostolico
Abbiamo così un primo gruppo che comprende gli Apostoli Pietro, Andrea, Bartolomeo, Giacomo, Giovanni, Marco e Paolo; con essi ricordiamo l'altro Giovanni, il Battista, San Simeone profeta e il protomartire Stefano. (Al primo secolo dovremmo assegnare il vescovo Casto, patrono della Diocesi di Calvi).
Patroni martiri
Un secondo gruppo è costituito da Santi il cui Martirio si colloca tra II e IV secolo: a perseguitare i cristiani nel I secolo furono gli imperatori Nerone (54-68), Domiziano (81-96); a cavallo tra I e II, Traiano (98-117); seguirono Commodo (180-192) e, a cavallo tra II e III, Settimio Severo (193-211) a cui si deve il primo atto giuridico, rivolto direttamente contro i cristiani (pag. 8 Vol. 13°); a metà del III secolo fu la volta di Decio (249-251), cui seguì Valeriano (253-260) e agli inizi del IV, Diocleziano. Il gruppo più numeroso di questi martiri è costituito da quelli che furono vittime della persecuzione di Diocleziano; infatti, al principio del IV secolo appartengono secondo la tradizione: Cosma e Damiano, Giorgio, Nicola, Sebastiano; e ancora Vito, Biagio, Erasmo, Giuliano; al III sec. invece si colloca il martirio di Eraclio, Lorenzo, Donato, Nicandro, Casto e Secondino; al sec. II appartiene solo Eustachio.
Il catechismo dice che “il patrocinio del santo offre un modello di carità e assicura la sua intercessione”. Per prendere esempio da questi modelli è necessario conoscerli e tale conoscenza può avvenire per mezzo della narrazione della loro vita. Il genere letterario che narra le vite dei santi è l'agiografia; le fonti sono gli Acta (gli atti dei processi) e le Passiones (i resoconti dei loro supplizi). Ai racconti di parole si sono poi affiancati i racconti per immagini che non solo supplivano all'incapacità di lettura, ma erano più capaci di commuovere e muovere perciò all'imitazione. Nelle rappresentazioni figurative, si possono avere sequenze di scene oppure il Santo viene rappresentato in un'unica immagine che sintetizza vicende e spiritualità. Essa è simbolica, sicché i santi martiri presentano attributi che li accomunano: sono tutti giovani e belli perché tale è il loro cuore; questa bellezza esteriore è simbolo di qualità interiore; in comune hanno la corona e la palma segni di vittoria; prevale il colore rosso perché rosso è il sangue versato; oltre a questi segni comuni, ogni martire ne porta sempre uno specifico e talvolta ne aggiunge qualche altro secondario.
Prima del 313 il culto dei martiri fu molto contenuto; dopo l'editto di Costantino ebbe un notevole incremento con traslazioni, reliquie, memorie funerarie che investono sia la Chiesa d'Oriente che d'Occidente. Gradualmente il termine “martire” subisce una sensibile svalutazione sia a causa della cessazione delle persecuzioni, sia a motivo della pace sociale e della sopravvenuta esperienza monastica con la quale inizia il culto dei “confessori”, cioè di coloro che senza spargimento di sangue testimoniavano la fede nel Signore risorto con l'interezza della vita virtuosa. (Vol. 13°, pagg. 86-87)
Patroni confessori
Consideriamo ora i Confessori, in particolare i Vescovi: anche per essi vale quanto è stato detto per i martiri, cioè essi presentano elementi comuni nell'abbigliamento (tunica bianca, cingolo, stola, casula o pianeta, croce sul dorso, striscia davanti) e nell'atteggiamento (assiso sulla cattedra, benedice, porta il pastorale, il libro del Vangelo, il pallio, la mitra, l'anello, il piviale); ma poi il vescovo ha il suo particolare attributo S. Biagio: la striglia del cardatore, S. Martino: il mantello diviso con un povero; S. Nicola: tre borse; S. Giacomo: una conchiglia, ecc.)
Passato il periodo delle persecuzioni si cominciò a commemorare il “confessore”. Cioè chi aveva testimoniato il messaggio di Cristo con un'esistenza di totale fedeltà, pur senza effusione di sangue. In questa accezione della santità, più ampia di quella del martirio, si incontrano le grandi figure di vescovi, abati e asceti (Vol. 13°, p. 4); dei martiri si indicava il giorno della morte come dies natalis; per i confessori si aggiunsero altre ricorrenze quali traslazioni di reliquie, dedicazioni di chiese.
“L'origine del fenomeno patronale, che risale al IV secolo, è causa e segno della forte investitura politica e sociale di figure come i martiri e santi che assumono progressivamente un ruolo di tutori, nonché di custodi soprannaturali della comunità”. ... a partire da V secolo, terminate le persecuzioni ... alla figura del martire si affianca in qualità di patrono quella del vescovo, il cui ruolo e la cui funzione si identificano sempre più strettamente con la vita urbana. ... Una supplenza politico-sociale si sarebbe così sommata a una tutela pastorale propria del vescovo” (M. Niola, p. 63-64)
Ecco allora il patronato di Sant'Emidio che segna per così dire il passaggio dall'un tipo all'altro di patrono: egli infatti è martire sotto Diocleziano, ma è anche vescovo, il 1° di Ascoli Piceno; c'è poi San Martino, vescovo di Tours (371); tra questi si può collocare anche la figura di Paride 1° vescovo di Teano; e ancora Agostino, vescovo africano; Vitaliano, vescovo di Capua (nel sec. VIII).
Allo stesso periodo dei patroni vescovi si deve riportare il culto di Sant'Elena, madre di Costantino, e della Santa Croce, da lei rinvenuta. Sant'Antonio Abate inaugura un altro tipo di santità, quella che si consegue nella solitudine lontano dalla mondanità.
Nell'una e nell'altra forma “testimoniale”, rappresentate dai martiri e dai confessori, la Chiesa-comunità era stata testimone oculare e la sua memoria e il culto tributato a questi eroi non avevano bisogno di indagini particolari: i primi culti e le prime memorie infatti esprimono realtà locali relative a singole chiese o ad articolazioni regionali. Dal V secolo fino alle soglie del XIII il carattere locale interessò i vescovi diocesani e la canonizzazione vescovile fu l'abituale e legittima forma di riconoscimento ufficiale della santità.
Ma dal 1234 il papa si riservò il compito di canonizzare i Santi; ciò non ostante i vescovi continuarono ad approvare dei culti fino al 1634. (Vol. 13°, p.87)

Altre figure di Santi patroni: papi, eremiti,
Alcune parrocchie risultano intitolate a papi: Clemente, Marcello e Silvestro. Quando ci si rivolge al Papa si usa da sempre l'espressione “Santo padre”, anche per significare che se un prelato è giunto ad occupare la sede di Pietro, deve possedere qualità non comuni anche dal punto di vista della spiritualità e della santità. Nei primi secoli inoltre quando infierivano le persecuzioni gran parte dei pontefici subirono il martirio, anche se non di tutti è storicamente provato e quindi la Chiesa li considera santi. Il culto dell'Arcangelo Michele si diffuse con la venuta dei Longobardi; altro tipo di patronato è costituito da quello di eremiti, che si rifanno a Sant'Antonio Abate: alla metà del VI secolo si colloca la vita di san Leonardo eremita.
Ai secoli successivi appartengono pochi titolari di parrocchie: Antonio di Padova (1195-1231), Rocco di Montpelier (1300) e San Pietro Martire (?).

Patroni che hanno dato il nome al paese
Esistono poi Santi protettori e fondatori di città o chiese o conventi, essi sono raffigurati con la città in grembo o sulle braccia e la offrono a Dio: “Io l'ho fondata, è mia, posso offrirla”; quando poi il Santo che offre la città non è affatto il fondatore materiale della stessa, allora si afferma che il Santo con la sua protezione è come il nuovo fondatore; la relazione tra il Santo e il luogo è anche espresso dalla composizione per cui i Santi mostrano città o luoghi sullo sfondo o ai loro piedi e li indicano con il gesto delle mani aperte e tese (Vol. 13°, p. 48).
Nella nostra diocesi si registra un gruppo di Santi che, legando il loro nome a quello della parrocchia, hanno dato origine al nome del luogo: San Marco di Teano, San Clemente di Gallo, San Felice di Presenzano e di Pietravairano, San Giuliano di Teano; San Secondino di Pastorano nell'ex diocesi di Calvi.
Tranne quest'ultimo, il cui culto ha un carattere piuttosto limitato, si tratta di santi ben noti nella chiesa cattolica; quindi è evidente che essi non hanno fondato questi nostri paesi; sono stati comunque scelti dai fedeli per intitolare la propria parrocchia e come casali dipendenti da un centro più importante sul piano sia civile sia religioso, sono stati connotati dal nome del santo titolare.

Santi e onomastica
Accenniamo en passant alla grande influenza che i santi patroni ebbero non solo sulla origine dei toponimi di vari paesi, ma anche più in generale e in maniera più duratura per i secoli avvenire sulla onomastica per il conferimento del nome ai bambini in occasione del battesimo, il che si affermò in seguito alle esortazioni di Ambrogio e Agostino: invalse allora l'uso di affidare il battezzando alla protezione di un determinato santo; il nome poteva dipendere dall'uso di riprendere quello degli avi o quello del giorno della nascita o del battesimo; quando i figli erano numerosi, i genitori incontravano difficoltà nella scelta del nome; in tali casi era il parroco a proporre un nome nuovo.
Protettori di arti e professioni
Abbiamo accennato all'inizio a quest'altro aspetto della santità. L'usanza di assegnare un santo patrono alle professioni ebbe origine nel Medioevo con le corporazioni delle Arti e Mestieri, ognuna delle quali aveva il suo santo protettore, scelto a volte per affinità “professionali” e altre per il collegamento di una determinata attività lavorativa con il martirio o un episodio della vita del Santo.
Facciamo qualche esempio: S. Andrea è protettore dei fabbricanti di corde, S. Pietro dei mietitori muratori e pescatori; S. Stefano dei selciatori; S. Silvestro dei tagliapietre S. Bartolomeo dei conciatori e dei macellai,; S. Eustachio dei cacciatori; S. Lorenzo dei cuochi; S. Giorgio dei Cavalieri; S. Nicola delle fanciulle pericolanti; S. Giuliano degli osti, S. Marco dei pittori, S. Giacomo dei fabbricanti di cappelli, S. Leonardo dei fabbricanti di catene, S. Giovanni Battista dei carcerati; S. Giovanni ev. delle vedove (G. Cappa Bava, e G. Bova, passim).
Ci sono poi i santi che proteggono dalle malattie: anzitutto Cosma e Damiano sono i patroni dei barbieri, delle levatrici, dei farmacisti e dei dentisti, dei medici e chirurgi; S. Stefano è invocato contro l'emicrania, S. Pietro per il mal di capo; S. Rocco e S. Sebastiano contro la peste; S. Marco contro la scabbia; S. Paolo contro il morso dei serpenti; l'Arcangelo Michele è invocato per la buona morte; S. Giacomo contro i reumatismi, S. Biagio contro il mal di gola, ecc. (G. Cappa Bava, passim). San Vito è poi patrono di un gruppo di malattie nervose, della lebbra, della rabbia e in particolare della corea di Sydenham (detta appunto ballo di San Vito).
Nei secoli di antico regime molto spesso si era soggetti a gravi carestie determinate dal cattivo tempo; perciò i contadini si affidavano alla protezione dei santi e invocavano San Paolo contro le tempeste e San Giacomo per ottenere il bel tempo; in particolare a Pignataro si portava in processione straordinaria la statua di san Pasquale Baylon dal convento in paese per ottenere la pioggia.
Durante i lavori di campagna, specie la mietitura, i pericoli di incendio non erano rari; anche capanne e pagliai potevano andare in fumo talvolta anche per dolo; per spegnerlo non c'era abbondanza d'acqua; perciò era d'obbligo, per prevenirli, affidarsi con preghiere e invocazioni a S. Lorenzo, che nel suo martirio così dolcemente aveva sopportato il fuoco della graticola.
Alcuni strati sociali (il c.d. terzo stato) erano tormentati dalla miseria: ciò induceva molti al latrocinio; le persone oneste si affidavano allora a S. Nicola che proteggeva appunto contro i ladri.
Dopo il Medioevo, diversi Santi poi sembrano invadere anche altri campi; Giorgio, Martino, e specialmente Leonardo divennero patroni dei cavalli e furono anzi venerati come protettori del mondo contadino con cavalcate all'inizio e alla fine dell'anno agricolo.
Così San Giorgio, protettore dei Cavalieri, è invocato anche dai contadini, probabilmente perché il cavallo oltre ad avere relazione con il mondo guerresco, è un elemento importante nelle campagne per il trasporto delle derrate; d'altra parte il suo nome etimologicamente significa proprio “agricoltore”.
Nel giorno di San Martino (11 novembre) tanta gente perdeva il posto di lavoro. I fuochi di San Martino mettevano simbolicamente fine all'anno contadino; erano un giorno di festa e di ringraziamento per il raccolto annuale.
San Leonardo, protettore dei prigionieri, è invocato dai contadini perché benedica gli animali e la campagna.
San Sebastiano, protettore contro la peste, percorre in processione la campagna per implorare da Dio che la casa, la fattoria e i campi siano al sicuro da ogni sventura.
San Michele, protettore dei fabbricanti di armi e dei commercianti, con la sua festa del 29 settembre, conclude il periodo del raccolto, punto culminante dell'anno contadino.
Infine, nelle regioni agricole l'Assunzione di Maria presenta da lungo tempo usanze folkloristiche che sanno di ringraziamento per la mietitura, usanze visibili nella benedizione dei prodotti della terra e delle erbe raccolte dalle donne, che dovrebbero salvaguardare la casa, la fattoria, la salute e la fecondità e tenere lontane le malattie, le epidemie e gli incendi. (Beinert, 225-226).
Santi e animali
Un ultimo aspetto da affrontare è quello del rapporto tra santi e animali; infatti, le immaginette che raffigurano i nostri Santi presentano quasi sempre anche un animale: troviamo animali selvatici o animali domestici, uccelli o draghi e serpenti.
Nella immagine di San Giorgio c'è il drago (simbolo del demonio) e il cavallo; il leone di San Marco è simbolo della regalità di Cristo, il toro di San Luca indica sacrificio, l'aquila di San Giovanni è il dono dello Spirito che scende dal cielo sulla chiesa; il cervo compare nella figura di Sant'Eustachio con l'immagine di Cristo tra le corna; il cammello prende la parole per chiedere che Cosma e Damiano siano sepolti insieme; un serpentello esce dal calice di San Giovanni evangelista, simbolo del veleno che avrebbe dovuto ucciderlo; gli uccelli sono simboli positivi: in particolare lo Spirito Santo si manifesta in forma di colomba; infine tutti gli animali domestici sono protetti da Sant'Antonio Abate: tra questi si segnala il porco.

Altri Santi Patroni: dopo il Mille
Un discorso a parte va fatto per il culto dell'arcangelo Michele che si colloca nell'ambito della dominazione longobarda nell'Italia meridionale.
Infine, il titolo di San Rocco per una delle parrocchie di Pietramelara è recentissimo; infatti il sinodo del 1936 registrava le parrocchie di SS Martino e Donato, San Nicola di Bari e San Lorenzo.
Anche il titolo di San Felice di Pietravairano, specificato come San Felice da Cantalice, frate francescano del XVI secolo, altro non sarebbe che il San Felice da Nola.
Particolare ci sembra anche la presenza di San Pietro Martire (da non confondere con il San Pietro, anch'egli martire, primo Papa) quale titolare della parrocchia di Orchi di Conca della Campania: questo Santo era nato a Verona nel 1206; studiò nell'Ordine domenicano; odiato dagli eretici, durante un viaggio da Milano a Como, fu colpito al capo con una scure (1252): un Santo dunque del XIII secolo.
Dopo il Concilio di Trento, la Curia romana prende ad esercitare un controllo via via crescente sulle elezioni dei santi patroni limitando in maniera progressiva quell'autonomia di cui le chiese locali e i governi delle città hanno ampiamente goduto nelle epoche precedenti. Fino al XII secolo le comunità cittadine, infatti, dispongono di un'ampia autonomia nella scelta del patrono e, in generale, nella proclamazione dei santi. Solo in seguito Roma sottopone il culto del santo al suo riconoscimento ... dal 1630, il decreto Pro patronis in posterum eligendis pone di fatto il patronato sotto il controllo diretto della Santa Sede. La disposizione stabilisce che possono essere scelti come protettori solo santi già canonizzati, che l'elezione da parte delle autorità locali va sottoposta prima all'approvazione del clero locale e in seguito alla Congregazione dei Riti ... tale intervento sarebbe all'origine della scarsa fortuna patronale dei nuovi santi, ... di conseguenza le comunità, soprattutto nel Mezzogiorno, si sarebbero votate a santi antichi o alla Madonna che resta in ogni caso il santo più amato, l'Avvocata più potente. ... i mutamenti sopravvenuti a partire dal XVII secolo segnano comunque l'avvio di un cammino verso una nuova concezione della santità ... inizia un processo di delocalizzazione dei santi: santi del mondo più che santi del luogo (Cfr. M. Niola, pp. 97-99).

Bibliografia
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Antonio Martone
(da Il Sidicino - Anno VI 2009 - n. 11 Novembre)