Alla memoria dell'avvocato Guido Zarone che tanti suggerimenti e preziose informazioni mi aveva fornito per realizzare il presente saggio.
Antonio Martone
 
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Il culto dei santi nella diocesi di Teano - Calvi (I parte)

 
Pubblichiamo la prima parte dello studio del prof. Martone, che ringraziamo, sul culto dei santi nella nostra Diocesi. La seconda parte seguirà sul prossimo numero.
 

Introduzione
Una precisazione preliminare va fatta circa la storia della nostra Diocesi: essa risulta formata dalla unione del 1818 e di recente (1987) dalla fusione delle diocesi di Calvi e Teano, le quali fino al concordato tra Chiesa e Regno delle Due Sicilie erano autonome; quanto alle origini, Calvi per tradizione sarebbe sorta al tempo degli Apostoli con il primo vescovo Casto, nativo di Cales, e Teano nel IV secolo con San Paride, proveniente dalla Grecia, la cui vicenda biografica è strettamente legata alla città, sua sede episcopale.
Come si vede, si tratta di due santi locali.
Quando si fa la storia di una diocesi, generalmente la si fa coincidere con la vita e l'opera dei suoi vescovi, il che è una forma riduttiva perché si tratta di una storia vista dall'alto; che andrebbe integrata con l'altra, vista dal basso, costituita cioè dall'operato dei parroci e del popolo cristiano. Il fatto è che purtroppo manca, o è molto scarsa, una documentazione in tal senso; ma in parte si può a ciò indirettamente ovviare, esaminando per esempio il culto dei santi nelle singole parrocchie, che ci può offrire una idea della religiosità popolare: infatti alle figure dei Santi sono legate spesso “leggende che sono fondamentali per capire l'origine dei patronati, delle feste così come l'iconografia” (A. Cattabiani, pp. 5-6).

Scopo della ricerca
In questo saggio considereremo i Santi protettori delle parrocchie attuali e anche di quelle abolite dopo il 1936; ma sarà opportuno, in seguito, allargare la ricerca anche a chiese e cappelle che non hanno funzione di parrocchia; addirittura si dovrebbero passare in rassegna tutti i soggetti dei quadri o statue presenti in ogni chiesa: si avrebbe così un quadro completo della religiosità in diocesi; infatti, se quella cappellina o chiesa campestre è dedicata al tal Santo o alla Madonna, ci dev'essere stato pure un motivo; perché a ogni Santo il popolo ha assegnato la caratteristica di proteggere una categoria di persone, i vari tipi di attività (agricoltori, artigiani, professionisti); ciascuno poi protegge da questa o quella malattia; ci sono infine Santi che proteggono in particolare alcuni luoghi e città o regioni.
I Santi sono invocati per difendere i fedeli dalle malattie.
Il culto dei Santi è legato anche a questi aspetti della vita quotidiana della gente comune; quindi la presenza di certi santi e l'assenza di altri testimonia la mentalità generale del popolo cristiano e di certe parti sociali; inoltre a causa delle attribuzioni che ad essi il popolo ha dato, si possono comprendere le paure e le condizioni igienico-sanitarie, il grado di conoscenze mediche dei secoli passati.

Considerazioni etimologiche
A questo punto non sarà inopportuno dedicare qualche spazio anzitutto al termine “santo”.
Esso non è univoco: da un lato viene usato quale attributo del nome di Dio, dall'altro lo usiamo in espressioni piuttosto lontane da questa sfera sublime, come quando parliamo di Santa Sede, Santa Alleanza, santo rispetto, ecc.; tra questi due poli si stendono numerosi altri significati, che stanno più vicino all'uno o all'altro: parliamo di santa messa, di luoghi santi, giuriamo solennemente per tutti i Santi, insomma “santo” è riferito a realtà molto diverse.
Molte lingue hanno due parole per indicare questa realtà: il greco ha ieroV e agioV, il latino sacer e sanctus; idem per l'iranico e l'ebraico; le due parole latine hanno la stessa derivazione da sancire, ma sono ambivalenti, possono significare santo e maledetto; sanctus è inviolabile (di persone, luoghi e diritti), puro innocente; sacer designa di preferenza lo stato di consacrazione a Dio di persone, tempi, edifici, ma può anche significare venerabile e sublime; nel linguaggio della Chiesa occidentale si impose sanctus. All'inizio molto frequente è ancora il suo uso protocollare. Nelle iscrizioni sepolcrali pagane e cristiane sanctus o addirittura sanctissimus sono semplici titoli di lode, hanno un senso onorifico; indicava tutti i cristiani in genere, chiamati a partecipare alla vita divina; il martirio poi mostrò che c'erano alcuni chiamati a una sequela di Cristo fino ad imitarlo nel dare la vita per la verità; sicché nel V secolo esso diventa un termine elitario, per indicare i martiri e in seguito tutti gli altri “testimoni” della fede in Cristo, i “santi” nel senso stretto del termine, quelli ufficiali, riconosciuti come tali prima dal popolo, poi dalle autorità locali e infine da quella centrale di Roma (Cfr. Beinart, p. 17, 38, 57, 71, 77).
Passiamo ora ad altre considerazioni di carattere generale sulla nostra storia diocesana vista dal basso, con riferimento cioè alle parrocchie.
La documentazione è purtroppo già scarsa per quanto riguarda la serie dei Vescovi; talvolta per il periodo dalle origini al Mille, ci troviamo di fronte a vuoti spaventosi di secoli bui; pertanto dobbiamo immaginare che nell'età medievale i vescovi delle due diocesi di Calvi e di Teano esercitassero la loro azione pastorale su una popolazione sparsa e forse scarsamente strutturata in parrocchie; si consideri inoltre che gran parte di queste, documentate alla fine del Medioevo, dovettero sorgere appunto intorno all'anno Mille.
Bisogna tener presente che nei primi secoli cristiani unico parroco di una città era il Vescovo; solo verso la fine del IV secolo cominciarono ad istituirsi le parrocchie (anche se pare che a Roma già esistessero). Caratteristiche della parrocchia sono: il fonte battesimale, il cimitero e la percezione delle decime; attributi del parroco: il diritto di amministrare i sacramenti (non la cresima e l'ordine), predicare e compiere alcune speciali funzioni sacre.
Nel passato, oltre alle chiese parrocchiali, potevano esserci delle chiese succursali per comodità degli abitanti lontani dal centro (Cfr. Ceccaroni).
È opportuno qui spendere qualche parola sull'origine dei termini parrocchia e parroco i quali, sembra strano, pur identici nella forma (ma si tratta di omofonia), non derivano dalla stessa radice. Infatti, entrambi derivano dal greco: parrocchia da paroikia; parroco da parocoV ; la prima è forma laterale di paroecia e significa “gruppo di case vicine”; il secondo invece, accostato poi paretimologicamente a parrocchia, dal verbo greco parecw che significa "fornisco"; il parroco dunque etimologicamente era “un approvvigionatore, fornitore pubblico che in determinate stazioni d'Italia e delle province dell'Impero romano, doveva dietro un determinato compenso da parte dello Stato provvedere l'alloggio e il vitto a magistrati in viaggio, ambasciatori, ecc.”.
Si ricordi che la Chiesa nei primi secoli di vita, nell'organizzarsi, si appropriò di un gran numero di termini del mondo pagano: per esempio: basilica, patrono, ecc.
Quest'ultimo fa proprio al nostro caso perché rientra nel tema che stiamo qui affrontando: ogni parrocchia infatti ha un suo patrono o protettore.
Nell'antica Roma il patronus era un cittadino autorevole che tutelava e difendeva i clienti e gli schiavi liberati e talora gli interessi di intere comunità straniere, era come un “pater” da cui appunto derivava patronus.
Anche del “patronus” s'impossessò la Chiesa riconoscendo alcuni Santi come particolari protettori di chiese e di comunità.

Le parrocchie
Ma è tempo di addentrarci nel tema specifico di questo saggio: quali e quante erano le parrocchie nelle nostre due diocesi? Informazioni su chiese e rispettivi santi, oltre che su preti che avevano (meglio avrebbero dovuto avere) la cura delle anime, si possono ricavare dal lavoro di tre studiosi sulle diocesi italiane: “Rationes decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV”, a cura di M. Inguanez, L. Mattei-Cerasoli, P. Sella, Città del vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1942.
La terminologia qui usata riguarda i titoli di Rector, Abbas; ricorre Presbiter e Archipresbiter, Primicerius, Dompnus, qualche Frater, il Dominus Episcopus, la Congregatio Capituli, qualche Monasterium e un elenco di Ecclesiae.
Per la diocesi di Calvi possiamo parlare di parrocchie a partire dalla fine del Concilio di Trento: le parrocchie erano 13; la diocesi di Teano tra Sette e Ottocento ne contava quasi un centinaio, come si apprende dalla lettura della Santa Visita di Mons. Giordano del 1753 e dal volume di Benedetto Pezzulli, Teano Sidicino del 1820. In antico a Teano c'erano 10 parrocchie; nel 1566 il Vescovo le ridusse a 7; in seguito divennero 5 (San Clemente nella cattedrale, San Pietro in Aquariis, S. Maria celestina, S. Marco ev., SS Cosma e Damiano), 13 le parrocchie dei Casali: Cappelle (Assunta), Casafredda (S.Pietro ap.), Casamostra (Assunta), Casale (S.Spirito), Carbonara (S. Maria delle Grazie), Casi (S.Michele arc.), Fontanelle (S. Eustachio), Furnolo (S. Paolo), S. Giuliano (S. Giuliano), S. Marco (S. Marco), Pugliano (S. Marcello papa), Transi (S. Vitaliano), Versano (Assunta). Nel 1820 il Pezzulli ne contava altre due: Magnano (S. Michele arc.) e Toro (S. Andrea); inoltre elencava 9 collegiate coordinate da un Arciprete, (Galluccio, Roccamonfina, Marzano, Conca, Tora, Presenzano, Vairano, Pietravairano, Mignano) e 8 chiese arcipretali (Camino, Caspoli, Marzanello, San Felice, Roccaromana, Pietramelara, Riardo, Caianello); poi c'erano le parrocchie semplici.
Il Pezzulli ci informa anche delle numerose chiese di Teano: 13 dedicate alla Madonna sotto vari titoli la maggior parte dei quali si riferiscono a luoghi mariani famosi (Montevergine, Costantinopoli, Loreto, Monte Carmelo), altri a luoghi particolari della zona sidicina (de Trivio, del Ponte, de intus); il titolo di Celestina riguarda forse l'ordine dei celestini? Infine “della Carità” e “delle Grazie” sono altri titoli in generale molto diffusi nel culto mariano mondiale; S. Maria La Nova per il fatto che era di nuova istituzione rispetto ad un'altra precedente. Altre chiese sono dedicate a Sante come Caterina e Barbara; 7 a Santi (Benedetto Agostino, Antonio ab., Sebastiano e Rocco, Donato e Paride); infine S. Michele e S. Salvatore.
Ancora dal Pezzulli si apprende che Teano aveva giurisdizione su 18 Terre, di cui cinque avevano un certo numero di casali alle proprie dipendenza (Conca, Galluccio, Marzano, Roccamonfina e Roccaromana); Teano e casali contavano circa 8mila abitanti, le sue terre 23mila.
Il vescovo Giordano ci fa sapere dei vari ordini religiosi presenti in Diocesi: in nove Terre sono presenti 17 gruppi di religiosi. I Francescani nelle loro varie forme, i Domenicani, i Benedettini, e ancora Agostiniani, Cistercensi, Serviti; infine l'ordine della SS.ma Trinità redemptionis captivorum.
Lo status animarum del 1753 faceva registrare un totale di poco più di 25mila; il prospetto del clero (sacerdoti, diaconi e suddiaconi, clerici e novizi) dava un totale di 585.
Il Sinodo di Mons. Marcozzi del 1936 ci fornisce l'elenco delle parrocchie delle due diocesi unite: esse erano giusto cento (16 a Calvi e 84 a Teano).
Ma, per venire alla situazione odierna, l'Annuario 2005, pubblicato dalla Diocesi, informa che le parrocchie sono 70 (sono qui comprese quelle della ex diocesi di Calvi).

I titolari delle parrocchie
Passando in rassegna i titolari delle parrocchie, bisogna fare una prima distinzione tra quelle dedicate a Santi e quelle dedicate alla Madonna: queste ultime sono 12, la metà delle quali ricorda le principali tappe della sua vita (due all'Annunziata, altre due all'Assunta e all'Addolorata) e ancora due a S. Maria delle Grazie; altri tre glorificano Maria coi titoli di Grande e Maggiore; i titoli rimanenti hanno un carattere più locale e fanno riferimento a toponimi: a Castello, a Silice, del Monte. A questi titoli bisogna aggiungere quello di S. Maria Celestina di Teano (dall'Ordine dei Celestini). Dall'elenco del 1936 risultano anche S. Maria del Casale (in Calabritto) e S. maria in Villa (in Caranci di Marzano Appio), poi abolite.
Di Sante ne troviamo una sola: Margherita (a Statigliano di Roccaromana), cui va aggiunta S. Elena in Ameglio, ora abolita.
Una curiosità è costituita dalla presenza di coppie di Santi, a proposito delle quali c'è da riflettere che in diversi casi, molti martiri trovavano la morte in contemporanea, per cui si può parlare addirittura di “Santi in coro” (ma nelle nostre diocesi non riscontriamo titoli di parrocchie in tal senso); ma può accadere che altri santi percorrano insieme un certo itinerario, coronando la loro vita con la fama di santità che li accomuna.
Ecco dunque i titoli doppi delle nostre parrocchie: Filippo e Giacomo sono titolari a Giano Vetusto e a Vezzara di Conca Campania, Cosma e Damiano a Teano e Vairano Scalo; a Campagnola troviamo l'altra famosa coppia di Pietro e Paolo; infine c'è da registrare a Caianello l'intitolazione ai SS Vincenzo e Anastasio. Mentre le prime tre coppie risultano ben note, forse è opportuno spendere qualche parola per la quarta: credo che il loro culto sia pervenuto in diocesi dalla famosa Abbazia delle Tre fontane costruita nel luogo dove sarebbe stato decapitato San Paolo. Secondo la tradizione tre fontane scaturirono là dove la testa rimbalzò tre volte; tre chiese vi furono costruite, di cui la più grande, fondata nel 625, è dedicata appunto ai SS Vincenzo e Anastasio (il primo: diacono del Vescovo di Saragozza che aiutava nella predicazione , con lui fu carcerato e martirizzato sotto Diocleziano; l'altro fu patriarca di Antiochia, morto nel 599, le cui reliquie furono trasportate appunto fuori Roma nella chiesa a lui dedicata).
Tra le parrocchie abolite erano presenti altre coppie di Santi: San Donato era in coppia ora con San Clemente (in san Clemente di Galluccio) ora con San Martino (in Pietramelara).
Nella intitolazione delle parrocchie generalmente si sceglieva il nome di Maria seguita da una specificazione o quello di un Santo (o coppia di Santi).
Ciò che però colpisce è il titolo di tre parrocchie: la SS.ma Trinità a Versano, lo Spirito Santo a Casale e Santa Croce a Roccaromana, in particolare i primi due, se si considera che, pur nella sua unicità, la Croce è comunque un segno tangibile e visibile e quindi ben rientra in quella mentalità concreta e materiale della pietà cristiana popolare.
La Trinità e lo Spirito Santo difficilmente s'incontrano nelle intitolazioni delle chiese appunto perché troppo “spirituali”: la Chiesa cercò di ovviare a tale difficoltà e per venire incontro alla debolezza intellettuale della massa dei fedeli, fece rappresentare visivamente la Trinità con un triangolo con un occhio nel mezzo e lo Spirito Santo sotto forma di una colomba (anche sulla base del famoso brano evangelico del Battesimo di Gesù).
Come si vede, nella devozione popolare della nostra diocesi e in genere del Meridione d'Italia, la figura di Maria occupa un posto di rilievo e costituisce “un segno forte di quel rapporto profondo tra cristianesimo e mondo popolare, soprattutto contadino, che ha consentito la permanenza di pratiche rituali arcaiche giunte fino a noi proprio attraverso la reinterpretazione che ne fece il cristianesimo nel suo storico sforzo di evangelizzazione delle plebi rustiche e urbane d'Italia. Si pensi alla caratteristica presenza di santuari, perlopiù mariani, ... che sorgono sui resti di antichi templi dedicati a divinità precristiane. ... il culto mariano, almeno in età medievale, appare strettamente intrecciato con il mondo contadino e con la durezza delle condizioni di vita delle plebi rustiche della penisola ... l'elezione di Maria a patrona ufficiale o di fatto è spesso avvenuta a furor di popolo, anche perché realizza il bisogno popolare di uan forte personalizzazione del rapporto con il sacro incarrnadolo nella figura della Vergine divina e della madre pietosa. ... L'immagine della mater dolorosa ha costituito nei secoli un vero e proprio paradigma della sofferenza e, al tempo stesso, della speranza per il popolo dell'Italia minore, in balia dei bisogni elementari e dei soprusi di un potere lontano. Come ha scritto G. Galasso, “il predominio mariano nelle denominazioni dei santuari oggetto di più fervido culto e di più grossi pellegrinaggi e con maggior raggio di influenza e di richiamo è schiacciante, come lo è nei patronati, negli ex voto, nei canti e nelle devozioni popolari”.
Tale predominio del patronato mariano non ha infatti eguali riscontri nella parte centro-settentrionale del nostro paese. ... la presenza del suo patronato è caratterizzata da una estrema varietà di appellativi. Accanto ai più noti, quali Annunziata, Assunta, titoli legati alla vita di Maria, quelli che sottolineano i suoi interventi a favore della gente (la Madonna delle Grazie),o ancora le memorie particolari del Monte Carmelo, dell'Addolorata, la Dedicazione di S. Maria Maggiore, sussiste infatti un'autentica miriade di denominazioni che localizzano la figura della Vergine ... riducendo le ragioni dell'adozione alle vicende storiche e sociali di questo o quel luogo, dove è apparsa o dove è venerata la sua immagine (un ponte, un castello, una strada, ecc.); altri titoli della Madonna possono essere legati alla meteorologia o alla natura (neve, bosco, stella, ecc.) e alle differenti situazioni della esistenza umana (della catena, della libera, ecc.). Si tratta di feste particolarmente sentite dal popolo che manifesta in esse il meglio di sé con preghiere, canti, ex voto, balli).
Le tre definizioni che fanno da supporto ai suoi attributi specifici sono: Madonna, Vergine e Maria; ... tra le tre quest'ultima è di gran lunga la più ricorrente, mentre la seconda è la meno diffusa.
Gli esempi di patronati mariani mostrano la capacità di riplasmazione locale di figure come quella di Maria per adattarne il carattere sacro ai caratteri del paesaggio religioso locale, per farne cioè la propria Madonna, la propria santa. Protettrici particolarmente vicine ai problemi e alle sofferenze femminili che suscitano un senso di profonda, carnale, identificazione, nonché di geloso possesso.

Antonio Martone
(da Il Sidicino - Anno VI 2009 - n. 10 Ottobre)