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Janare e Menestrelli

 

Ho apprezzato molto e ho letto con grande interesse le pagine che Carlo Antuono ha dedicato nei numeri 1 e 4 di quest'anno a temi di letteratura popolare quali quello delle janare e delle serenate che un tempo gli innamorati solevano portare alle donne amate.
A nessuna sfugge l'importanza della trattazione di siffatti argomenti e al recupero di un materiale che altrimenti cadrebbe nell'oblio. Bene ha fatto perciò "il Sidicino" ad accogliere i saggi dell'Antuono.
Ad essi ora vorrei dedicare qualche osservazione perché il tema mi appassiona.
Nel saggio sulle "janare", l'Autore azzarda una spiegazione etimologica del termine "maurire" che starebbe per "benedire", in contrapposizione a "smaurire" che starebbe per "maledire"; inoltre sembra che si metta in relazione "maurire" con i "maurini", monaci benedettini seguaci di San Mauro e a sostegno di tale relazione si accenna ai Benedettini che per decenni stazionarono a Teano.
Ora la mia opinione è che quel verbo etimologicamente non ha nulla a che vedere con i maurini (aggettivo di Mauro); "maurire" è semplicemente la trascrizione di "maledire" secondo il dialetto caleno-sidicino; infatti, a Pignataro, fino alla metà dell'Ottocento, un vicolo abitato dagli Ebrei o Giudei era detto "'u vico r i mauritti", cioè il "Vicolo dei maledetti"; nei nostri dialetti si verificano, a proposito di "mauritti" i seguenti fenomeni: la l si trasforma in u se seguita da consonante come in: alto > gàuto, scalzo > scàuso; nel caso di maledetto, è come se si trattasse di maldetto; per il passaggio poi della d > r, gli esempi sono numerosissimi: denaro > renaro, domenica > rumméneca, medico > miéreco, ecc.
Quanta poi a "smaurire", letteralmente "smaledire", alla s- iniziale si deve dare o un valore di negazione o uno rafforzativo.
Passando a "Canzoni e serenate di un tempo", desidererei chiedere una maggiore attenzione alla trascrizione dialettale dei testi e qualche nota in più, in particolare a chiarimento di certi vocaboli divenuti ormai antiquati (meglio sarebbe addirittura una traduzione a fronte!); per esempio: che significa "Punni sole ...; e poi, "Quanno cammini, la terra sculduzzi"; e, alla fine del battibecco: "Si te si scumpiratu `e me ».

Antonio Martone
(da Il Sidicino - Anno V 2008 - n. 11 Novembre)