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Clero carbonaro nelle Diocesi di Calvi e Teano

 
Questo articolo fa parte di un più ampio studio sulla Carboneria in Terra di Lavoro, che sarà pubblicato su "Le Muse", quadrimestrale dell'Associazione "Amici della Musica" di Pignataro M., fondato da Bartolo Fiorillo e diretto da Antonio Martone.
 

Dalla consultazione di carte varie dell'archivio della Diocesi di Calvi, sito nell'ex Palazzo Vescovile di Pignataro Maggiore, veniamo a sapere che nella Diocesi di Calvi risultavano "ascritti alla setta de Carbonari presentatisi spontaneamente e ricevuta la mortificazione con rassegnazione” in tutto 28; in particolare 5 erano di Pignataro ed erano i sacerdoti: don Bartolomeo Alvino, don Bonaventura Nacca, don Crescenzo Del Vecchio, don Giuseppe Penna, don Giambattista Palumbo (di quest'ultimo si annota che è "uscito dalla Diocesi"); inoltre da un altro foglio (si tratta di una lettera anonima) si apprende che "il sacerdote don Crescenzo Del Vecchio ha appartenuto alla proscritta setta de' Carbonari, facendo da oratore nella vendita istallata in detto Comune [si tratta del Comune di Giano], e... in tempo della Costituzione consigliava la gente a prender le armi contra del legittimo potere e marciare volontariamente per le frontiere".
Dunque 28 gli ascritti, per tutti gli altri non ascritti (non sappiamo quanti) si rinviava al Sinodo del 1808.
Per quanto poi attiene alla Diocesi di Teano, (si ricorda che pochi anni prima dei moti carbonari del 1820-21, le Diocesi di Calvi e Teano erano state unite sotto la guida di Mons. Andrea De Lucia, già vescovo di Calvi; ci riferiamo naturalmente al concordato del 1818) si apprende che gli ascritti sono 94 (non ascritti 129). Il primo degli ascritti è don Michele Broccoli, decano della Cattedrale, che introdusse la carboneria in Teano e Diocesi; il can. Silvestro Bianco la propagò anche fuori della Diocesi.
l preti carbonari sono definiti "immorali" e "intriganti"; alcuni sono "capi nelle vendite". 14 dei 94 ascritti sono considerati più pericolosi per cattivi costumi e cattiva condotta ecclesiastica e politica: si cita il caso di don Michele Correnti, Canonico Curato di Roccamonfina che ammazzò un uomo e finì in carcere a Santa Maria.
Presentiamo qui di seguito il ritratto di tre sacerdoti carbonari: due teanesi, di cui ci parla Mons. Epifanio Monaco, ne Il Seminario di Calvi e Teano, (Teano, 1928, pp. 76-77 e 73-74) e uno caleno.
Il Decano Michele Broccoli.
Venne ordinato sacerdote in settembre 1804 mentre era Vescovo di Teano mons. Del Vecchio il quale lo aveva già in precedenza designato maestro di grammatica e poscia di belle lettere in seminario, posto che conservò fino al 1805. (Vedi Teano Sidicino Sacro; parte 3 tomo 2, p. 220-222). Fu socio della Reale Accademia, degli Arcadi Sebezi col titolo di Nicanore Sagontino, e dell'Arcadia di Roma col nome di Crisalgo Efesio. Negli anni 1805-1807 pubblicò in Napoli due volumi di prose e poesie da lui composte e dette loro il titolo "Discorsi di Varia Letteratura..." Ecco gli svariati argomenti che l'autore tratta nella I parte: sul gusto letterario; sulla grammatica e lingua patria; sulla Mitologia; sulla Rima; sulla Storia Romana; sulla filosofia, sull'eloquenza dei medici; sul commercio; dell'arte di ben capire, scegliere ed imitare i modelli dei libri; eloquenza militare di azione e del ventaglio - oggetti di altrettanti discorsi differenti. Nella seconda parte fino a pag. 79 parla di cose agricole; a p. 80 comincia il discorso della "Storia Patria" ed ivi arreca talune notizie relative a Vairano, attribuendone l'origine alle invasione dei barbari, quando gli abitanti della pianura si rifugiarono in alto. Parla in seguito di S. Maria della Ferrara, monastero dei Cistercensi, soppresso da Giuseppe Napoleone nel 1806 e poi da Murat
nel 1809. Parla di vairanesi notabili, e tratta infine della Poesia in generale, dello stile e dello stile figurato.
ln morte del suo maestro Angelo Lanfredi, per la stamperia Pergeriana, pubblicò la orazione funebre di lui. Fu anche membro della Società Economica di Terra di Lavoro. Versatissimo nella storia sacra e
profana espose in 6 volumi, coi tipi di Pasquale Tizzano, 1821-25 Napoli, la storia di "Teano Sidicino antico e moderno" serbando per i posteri preziose memorie relative alla Città ch'era stata palestra ai suoi studi e al compimento dei suoi doveri. Il primo volume dell'opera che illustra la città antica ebbe poco dopo la morte dell'autore una seconda edizione che fu curata dall'illustre archeologo P. Raimondo Guarini, storico dell'antica Eclano.
Fu eletto Decano in dicembre 1810, mori il 23 giugno 1826.
ll Can. Silvestro Bianco. "Nato nel 1779 e morto ai 16 aprile 1833. Fu Canonico del Duomo e prof. di fisica e di belle lettere al Seminario diocesano. Fin da giovane, 1798, mostrò la sua attitudine ai versi, componendo un sonetto, una canzona e un'anacreontica in morte del Vescovo Mons. Del Vecchio; componimenti additati dal Broccoli - parte Ill, tomo 2°, pag. 222 - quali prodromi del gusto, della società e della erudizione che dovevano contrassegnare in seguito le opere del Bianchi. ll quale compose un trattato di eloquenza intitolato: "Corso intero di eloquenza generale e particolare, così in prosa che in versi" in 5 volumi, di cui quattro furono stampati nel 1827-28, e il 5° rimane inedito nella Biblioteca Campana. È questo un lavoro pregevolissimo, dal quale rilevasi la vasta erudizione dell'Autore e la profonda cognizione che ebbe delle lettere classiche. Pubblicò anche una Memoria sul culto degli antichi Sidicini e lasciò inedito un numero considerevole di poesie che con generoso e nobile pensiero salvò dall'oblio l'intelligente e compianto Sig. Giacomo Cipriano, dandole alla luce nel 1908. I versi del Bianchi con uno stile fra il satirico e il bernesco, percuotono di santa ragione i vizi del suo tempo (Vedi Jacopo Porciani, Poesie inedite di Silvestro Bianchi, Caserta 1908).
Il can. Giovanni Penna di Pignataro. Don Salvatore Palumbo, a conclusione di una conferenza tenuta nel Palazzo vescovile di Pignataro Maggiore nel novembre 1966, dal titolo "Aspetti culturali e politici nel primo storico di Pignataro, il Can. Giovanni Penna", aggiungendo una postilla, così diceva: "Dalle ricerche compiute recentemente nella Curia [Archivio] di Calvi ci confermano quello che s'intuiva dalla lettura del libro [Stato antico e moderno del Circondario di Pignataro e suo miglioramento, Caserta, Tipografia della Intendenza, 1833]. Un rapporto di Mons. De Lucia sui sacerdoti della diocesi, accanto al nome del canonico Giovanni Penna porta la nota: 'antico iscritto alla carboneria... irrequieto'. Dalla suddetta conferenza, pubblicata poi nel 1977, come saggio introduttivo alla ristampa delle pagine dell'opera del Penna riguardanti Pignataro, apprendiamo che l'Autore dello "Stato antico e modemo" etc. era nato a Pignataro il 20 ottobre del 1754; il padre Giuseppe era stato sindaco del paese nel 1766; studiò nel seminario di Calvi; il vescovo Zurlo prese a ben volerlo e lo volle accanto a lui come segretario e, quando fu trasferito arcivescovo a Napoli, lo condusse con sé. La morte del fratello Carlo nel settembre 1802 lo richiamava a Pignataro. Nel 1806 fa nominato canonico della cattedrale. Aprì in paese una scuola, ma gli fu imposto di chiuderla. Verso il 1827 diede inizio alla composizione della sua opera.
Studioso modemo, i suoi interessi erano molteplici: guardava alla produttività del suolo, alle coltivazioni tipiche o prevalenti, alle risorse idriche, alle condizioni economiche e igieniche, alla istruzione e alle credenze, alle bellezze naturali e turistiche; "su tutto il territorio ha guardato con l'occhio dell economista e del sociologo e non soltanto dello studioso che decifra delle pietre o scova dei manoscritti in un archivio".
Attento indagatore di storia romana, dotato di buon senso e spirito critico, osa criticare una delle massime autorità del tempo nel campo della storia e della erudizione in generale, Francesco Granata.
"Possiamo misurare la sua modernità in rapporto agli storici locali del tempo anche da un altro rilievo: nella sua storia troviamo un curioso esempio di statistiche: di ogni paese dà un resoconto di circa un decennio sotto queste voci: nati, morti, matrimonio".
Moriva il 29 maggio del 1837 ad ore 12 nella sua casa in Via Guindoli all'età di anni 82 e mesi 7 circa.

Antonio Martone
(da Il Sidicino - Anno IV 2007 - n. 4 Aprile)