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Indice Federica Mantini
 
 

La danza dei draghi

 

Chiudi gli occhi, torna indietro.
Torna alla notte più buia, all'angolo più remoto di questo mondo dimenticato dal suo creatore, a quando gli uomini ascoltavano, con occhi di fuoco e di passione, ciò che la terra aveva da dirgli.
A ritroso, un passo alla volta, torna al punto di partenza, dove gli uomini e i bambini parlavano la stessa lingua, guardavano con gli stessi occhi.
Riesci a vederlo, contro le palpebre? Il sole che brucia e la polvere che si alza e il cielo: azzurro, limpido, sgombro di nuvole.
Poi arancione, viola, che profuma di pesca e di promesse e risate e lacrime di gioia: i raggi ancora caldi che battono sulla pelle e il vento che rassicura che tutto andrà bene, nulla brucerà.
E il blu, come ci si può dimenticare del blu? E della coperta di stelle che ogni notte ci guarda come miliardi di occhi di milioni di gatti.
E qualcosa, lì in mezzo, vola.
Qualcosa di grande e maestoso che plana ad ali spiegate, e la sua coda nuota nel vento ed il suo grido buca l'aria.
Sono tanti, timidi a volte, ma non oggi.
Oggi danzano e giocano e si muovono in movimenti fluidi e sinuosi, si mostrano e si vantano e, sulle loro squame di infiniti colori diversi, gioca il Sole; i loro occhi di alabastro e di ossidiana spalancati e vivaci; le ali, immense, reclamano in continuo parti di cielo.
Il loro canto raggiunge le orecchie delle creature di terra e i loro occhi, poi il loro cuore, che risale fino in gola e tenta di liberarsi dalle catene del corpo per poter volare in cielo, sul loro dorso, e poter sentire la loro pelle sotto le dita.
I draghi cantano, e gli umani ascoltano.
I draghi danzano, e gli umani guardano fin quando, un giorno, non dimenticheranno come si fa.
Dimenticheranno le sfumature di colore che si rincorrono sui loro corpi e la vita che urlano i loro occhi; dimenticheranno la forza delle loro code e la delicatezza delle ali.
E dimenticheranno il fuoco, un giorno, che li brucia e crea, mai distrugge.
Dimenticheranno come essere forti e passionali, dimenticheranno come ci si stupisce e come si guarda, come si ascolta: da quel giorno, semplicemente, vedranno e sentiranno, senza emozioni e senza legami.
Dimenticheranno le ossa e i muscoli paralizzati nel vedere quelle creature avvicinarsi e indietreggiare per poi avvicinarsi di nuovo, il terrore ed il fiato sospeso perché potrebbero cessare di esistere, se i padroni del cielo lo decidessero; eppure c'è quella sensazione, quel qualcosa che preme nel petto e che urla al tuo corpo resta fermo, e fidati e assapora il momento in cui tutto ciò che hai sempre solo ammirato si avvicinerà a te.
Ma lo dimenticheranno, e scapperanno.
Rincorreranno la felicità perdendosi e ritrovandosi, distratti da qualcosa di infinitamente bello, ma la verità e che hanno dimenticato cosa la bellezza sia.
Percorreranno strade di ciottoli e pietre preziose, mentre attorno a loro chi grida di dolore e piange di felicità è ignorato da una processione che, a capo chino, continua ad ispezionare i propri piedi.
Dimenticheranno di alzare gli occhi e guardare il mondo, diventeranno indifferenti alla morte e alla vita, come se non fosse nulla di eccezionale: solo altri nomi su pezzi di carta.
Saranno schiavi di creature che loro stessi hanno partorito e, incatenati ad un passato che li ha traditi, cercheranno di fuggire verso un futuro che li divorerà.
Non ci sarà più speranza per questa terra senza draghi, spoglia di tutto ciò che, dall'alto, proteggevano: l'amore, il dolore, il coraggio, la paura, il sentimento che dietro tutto si celava e che tutto dominava.
Ma senza ciò, il vento tace e i draghi smettono di danzare e, chi una volta guardava in alto, guarda ora nell'acqua il riflesso di un cielo spoglio e di qualcosa che fu.
Creato, vissuto e distrutto questo palcoscenico cala il sipario, ma nessuno è rimasto per applaudire la fine.

Federica Mantini
(da Il Sidicino - Anno XIII 2016 - n. 4 Aprile)