L'ASSOCIAZIONE
 
il Sidicino
 
Indice per autore
 
Indice Costantino Lauro
 
 

Teano: una "Universitas Civium" del '600 (I parte)

(II parte)
 
Estratto da: Civiltà Aurunca, n. 29, anno XI, Arti Grafiche Caramanica, Marina di Minturno (LT). Si pubblica per gentile concessione dell’autore.
 

Veniamo, adesso, all'esame dei documenti in nostro possesso, le rendite sono numerose e varie e costituite principalmente da “mastrodattia, balliva e portolania” date in affitto (cfr. tabella l), il prezzo delle quali si mantiene costante nel corso degli anni, dai proventi criminali e dall’adoa, che è una tassa sui feudi che il barone riscuote dai vassalli annualmente.
Si presenta a questo punto il problema dei "fiscali" che si ritrovano solamente nel 1614.
Sono questi i tributi imposti dal governo centrale per ogni fuoco, in una misura che varia di volta in volta a seconda delle necessità delle finanze centrali, rese sempre più avide soprattutto a causa dei continui conflitti militari che la monarchia spagnola sostiene su più fronti.
Dare, quindi, una spiegazione plausibile dell'assenza di tale voce negli anni precedenti, risulta abbastanza difficile tenuto conto di quanto innanzi detto.
Le altre rendite, e qui è difficile discernere quelle che confluiscono al centro e quelle di carattere strettamente feudale, sono costituite, per la maggior parte da quelle provenienti dall’affitto di osterie (una sulla piazza e l’altra cosiddetta «della Torricella» toponimo, questo che è ancora rimasto alla località), di case e di botteghe e dallo «scannaggio». Produce un'entrata senz'altro maggiore l'affitto delle carceri che viene dato a privati o alla Città.
È da notare che, per la maggior parte dei casi, gli affittuari sono costituiti da personaggi appartenenti alle famiglie del «secondo grado», che sembrano dominare la scena economica e, probabilmente non solo, della Città (17).
È, comunque, dall'esame delle uscite che traspare, sia pure velata dal tempo ed in maniera approssimativa, la vita amministrativa e quotidiana della società dell'epoca.
Il tran tran quotidiano è segnato dai continui viaggi che a mezzo di corrieri vengono fatti sia nei dintorni (Carinola, Roccamonfina, Mondragone), che in località più lontane (Napoli, Itri), nella maggior parte dei casi per consegnare lettere e qualche volta, a Napoli, per questioni di giustizia.
La manutenzione dei palazzi pubblici è eseguita con una certa frequenza e comporta spese che oscillano dai 94 ducati dell’inizio del 1614 ai 259 del 1612.
Tra le spese sostenute, è interessante notare quelle riguardanti l'applicazione di pene inflitte a personaggi di cui purtroppo, salvo per un caso particolare (cfr. la nota) conosciamo solo i nomi ma non i motivi per cui gli stessi venivano condannati né i reati connessi. È classico, per l’epoca, il sottoporre i condannati a «tratti di corda» non si sa se come punizione o come tentativo di estorcere qualche notizia.
Colpisce, inoltre, la notevole quantità di orzo che viene acquistato nel corso degli anni presi in esame con una punta massima di 3069 tomoli nel 1613.
Sembrerebbe chiaro che l’orzo oltre che l'avena ed il prato, di cui troviamo traccia in diverse occasioni, venisse utilizzato come pasto per i cavalli, se non fosse per la notevole differenza quantitativa tra gli stessi, con una netta prevalenza dell'orzo. Si potrebbe quindi, ritenere che tale alimento venisse qualche volta utilizzato anche per scopi diversi. Di ciò, per la verità, troviamo conferma alla data del 5-6-1612, quando 20 tomoli di orzo, vengono consegnati a Pietro Antonio «pastaio».
«L’orzo si dà alle bestie e soprattutto agli equini grandi divoratori di orzo» (18). È celebre, a tal proposito, l’assioma «niente orzo niente guerre» (19), per cui questo cereale si configura con collocazione «signorile» (20), come e molto più del frumento. Tutto ciò, tuttavia, non impedisce, come d’altronde poc’anzi affermato, che questo cereale venisse utilizzato anche come cibo per gli uomini, in particolare per zuppe e polente tenuto conto delle frequenti crisi di carestia che contraddistinguono la società ancien régime.
Il susseguirsi delle spese che segnano il monotono svolgimento delle vicende quotidiane della città, è interrotto all’improvviso, nel febbraio del 1613 dalla presenza di una serie di voci che lasciano intravedere un evento importante per la città di Teano.
Si tratta della visita del cardinale Sforza.
Si fanno lavori di pulitura e tinteggiatura del palazzo e delle camere che avrebbero dovuto alloggiare il prelato. Si procede all’acquisto di varia roba presso le botteghe, per l’alimentazione del seguito dello Sforza, insomma, ci si dà da fare per offrire una buona accoglienza, che comunque viene a costare una notevole cifra per le non certo floride finanze della città (duc. 141), all'illustre ospite che può essere facilmente identificato in Francesco Sforza del ramo dei Santa Fiora, che in passato era stato capitano generale delle milizie italiane per Filippo II.
Cosa abbia spinto il cardinale a recarsi in Teano, no si riesce, consultando anche altri testi di storia locale, a saperlo.
Si possono, è lecito, fare delle supposizioni: forse si tratta di una visita pastorale, secondo i dettami del Concilio di Trento, tenuto conto che la città era sede vescovile e che all'epoca occupava tale sede Vincenzo LVI (Serafino).
Concludendo questa breve disamina, si può ritenere che da questi documenti emerga un piccolo raggio di sole che porta fuori dalle nebbie di un passato lontano, in cui sembrava definitivamente sepol- ta, la «microstoria» di questa Città, se non nei suoi lineamenti ben definiti, almeno nei suoi contorni, che tuttavia possono dare all’attento lettore una visione più chiara di un periodo storico «ferreo» in cui, sia pur marginalmente, Teano si trovò proiettata.
Spero, così, di aver dato un modesto contributo, o almeno un motivo di interesse, per approfondire ulteriormente la storia di questa città.
(fine)

NOTE
(17) A proposito della denominazione di «Città», uno dei criteri di riconoscimento dell’identità cittadina era di chiara «derivazione ecclesiastica» (cfr. G. Muto, La Campania nella prima età moderna, in Storia e Civiltà della Campania, II Rinascimento e l’Età Barocca, Electa Napoli, 1994, p. 30) per cui sono «città» le sedi arcivescovili e vescovili. Di quanto fosse ritenuta importante questa denominazione per i cittadini teanesi, se ne può trovare traccia nei «Capitoli, Immunità et Gratie quale se dimandano per la Università della Città de Thiano et homini de epse et soi Casali» che l’ «Illustrissimo segnor Luise Carrafa de Morre, Principe di Stigliano et utile se degna concedere...», documento questo certamente raro che C. Cipriano ha ritenuto, opportunamente, di dover pubblicare nel suo volume "Teano", Sacconi ed. In tale documento, al capitolo XV in cui viene invocato il privilegio relativo alle gabelle della carne e del vino, nei confronti dei quali «tutti Officiali debiano contribuire (...) come li altri cittadini de detta Città perché cossì se observa in la Città di Napoli...» (op. cit. p. 200), ritenuta questa l’unico termine di confronto con la Città di Teano.
(18) «Ad Allesandro de Gilio più luaver frustolo Gio. Donato fornaio a 2 marzo». Sembra che il reato commesso dal Donato fosse abbastanza grave e, soprattutto, legato alla funzione della stessa volta: «fornaio» che abbia alterato la composizione del pane o il preggio o abbia commesso qualche altro tipo di frode? Non lo sapremo mai. Ciò che però colpisce è la durezza ad esemplarità della pena, un esempio da dare.
(19) M. Montanari, Alimentazione e cultura nel medioevo, Barini, 1988, p. 132.
(20) M. Montanari, ivi.

Costantino Lauro
(da Il Sidicino - Anno XVI 2019 - n. 3 Marzo)