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La trilogia di Renato Guarriello

 
 

Con la pubblicazione del volume “FONTANELLE – SAN GIULIANO – CAPPELLE, un trittico tra natura, storia e arte” Renato Guarriello ha portato a compimento il suo atto d’amore verso i luoghi della sua infanzia e della sua formazione. Dopo i precedenti volumi, dedicati a San Marco e a Pugliano, l’autore ha messo a disposizione di quanti sono interessati alla storia locale un formidabile strumento di conoscenza di un territorio, quello del versante sud-est, che ha avuto una rilevante presenza nella millenaria civiltà della Città di Teano.
Mi è stata offerta da Renato Guarriello la possibilità di leggere in bozza questo suo ultimo lavoro: l’ho divorato in poche ore, quasi fosse un intrigante romanzo di cui si desidera conoscere la fine. È stata una vera e propria immersione in un fiume di informazioni e riflessioni, un affresco multicolore popolato di ambienti, di personaggi, di vite, di riti, di tradizioni, di parole, di arte, di fatica, di sofferenza, di suoni, di profumi.
Ho immediatamente pensato che sarebbe importante trovare in altre persone, che hanno a cuore la storia di questa città, la stessa disponibilità che Renato Guarriello ha messo in campo per raccontare quest’area del territorio di Teano dove affondano le sue radici. Ci sono altri “versanti” di Teano – ad esempio quello di Tuoro, Furnolo, Casafredda e quello di Versano, Casale, Carbonara – che aspettano di essere raccontati con lo stesso taglio e con lo stesso approccio culturale, prima che l’implacabile forza del tempo e la colpevole dimenticanza degli uomini produca la dissoluzione delle nostre radici.
Al termine della lettura mi sono raffigurato due obiezioni che qualcuno potrebbe avanzare dopo aver letto questo e gli altri due volumi di Guarriello. Questa, la prima. Ha senso impegnarsi in una così complicata impresa di ricerca e ricostruzione della storia di una piccola, marginale comunità, se poi il faticoso risultato di tale lavoro viene inevitabilmente a cadere in un contesto culturale che è tutto orientato alla dimensione “globale”, tutto proteso verso un sistema informativo e conoscitivo che fagocita e annulla le piccole identità territoriali? Ha senso lo studio dei “microcosmi” se poi la generalità delle persone sembra rivolta esclusivamente alla “lettura” del grande scenario planetario su cui si muovono freneticamente uomini, risorse, merci, comportamenti, interessi, alla ricerca ansiosa di un posizionamento dentro questo processo? Difficile rispondere. Io credo che la risposta possa essere trovata in quella “inquietudine”, la saudade portoghese, che ciascuno di noi avverte quando si viene sradicati dalla piccola zolla nella quale si è costruita la propria vita, quando si perdono i colori e le linee dei nostri paesaggi, i profumi e i rumori delle strade, la musica dei nostri dialetti, le facce delle persone che abitano le nostre terre. Malinconia che coglie anche i pochi fortunati che si realizzano professionalmente in altri luoghi. Il grande chiasso della informazione “globale” celebra il dominio di chi grida di più, oscurando il silenzioso lavoro di chi persegue la complessità, lo scavo nel sottosuolo della quotidianità, l’indagine nella “cucina” della storia, laddove si consumano le vite delle persone “normali”.
L’altra obiezione che mi si è affacciata è il rischio che tutta questa “recherche” possa risolversi nello stucchevole rimpianto dei bei tempi passati, nella sterile ricostruzione di in un piccolo mondo antico, pulito, genuino, felice.
Renato Guarriello sa bene di correre questo rischio, e sa evitare pericolose cadute nella banale celebrazione di un passato irripetibile. Il pregio del suo lavoro consiste nel metodo con cui affronta l’indagine, negli strumenti che adopera per la lettura del bellissimo microcosmo umano e naturale che si affaccia sulla Campania Felix e sulla terra del Falerno. Posso dire che egli adopera una sorta di grandangolo culturale che gli consente di fotografare la totalità del mondo che descrive, cogliendone i nessi interni, sostanziali, che ne hanno determinato l’origine, lo sviluppo nel tempo e, infine, la crisi attuale. Nella ricostruzione che Guarriello fa di questo territorio tutto si tiene in una reciproca interazione: l’economia rurale, lo sviluppo urbano, la presenza di antiche vie di comunicazione, la forte caratterizzazione religiosa, la struttura sociale, i rapporti tra le generazioni, i riti comunitari, la sua originalissima lingua. Nella sua ricostruzione Guarriello ci dimostra con un avvincente racconto che ogni aspetto della vita della gente di questi borghi è stato sempre fornito di “senso” perché dettato dalla coscienza di far parte di una struttura naturale, economica e sociale, dove ciascuno va a collocarsi con il più assoluto rispetto, senza forzare gli equilibri del sistema e rispettandone le logiche interne.
È questo, in sintesi, il principale pregio di questo lavoro e mi sento di dire che con esso Renato ci consegna un metodo e degli strumenti di lavoro che ci auguriamo potranno essere utilizzati, quanto prima, da altri ricercatori per approfondire la conoscenza di tutto il territorio di Teano.
Per concludere, bisogna sottolineare il ricco e interessante apparato fotografico che accompagna il procedere del racconto, frutto di un lungo lavoro di scavo negli archivi suoi e di altri fotografi operato da Luigi Laurenza, e la preziosa collaborazione fornita da Anna Marrese per la ricerca e catalogazione di documenti e testimonianze.

Giuseppe Lacetera
(da Il Sidicino - Anno XVIII 2021 n. 8 Agosto)