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Andrea Sparaco: morte di un artista casertano

 
Andrea Sparaco si è spento il 23 agosto, due giorni dopo l’inaugurazione della mostra “Figure dialoganti: i pizzini dell’anima” che il Comune di Teano e la Pro Loco Teano e Borghi gli avevano dedicato nella sala dell’Annunziata.
 

Quando abbiamo deciso di dedicare una mostra ad Andrea Sparaco, ci siamo subito resi conto delle difficoltà di lettura che le opere avrebbero presentato. Ciononostante, è prevalso il desiderio di far conoscere delle opere che avrebbero, in ogni caso, consentito di allargare lo sguardo su uno scenario artistico, vivo ed attuale, che si muove ben oltre i nostri confini territoriali.
Travalicare i confini, indagare su territori nuovi, abbandonare le certezze per navigare nel labirinto del dubbio, era uno dei temi dominanti della filigrana “filosofica” che Andrea aveva collocato sullo sfondo del suo lavoro di artista. Uno dei libri di legno esposti nella mostra aveva come titolo “La porta, limite dell'anima”. Qualche anno fa Andrea aveva scritto: “Le porte sono i confini mobili tra i frammenti di vita; sono i punti nodali dei movimenti; sono gli snodi delle cose…..la porta è quella parte del confine dove l'intimo e l'individuale si predispongono ad incontrare il collettivo. Dove c'è una porta c'è una possibilità”. In uno degli ultimi incontri avuti con lui, Andrea aveva molto insistito su questa necessità di non fermarsi mai dinanzi ad una porta, sul bisogno di cercare sempre l'oltre e l'altrove, sul coraggio di attraversare i territori sconosciuti dell'anima per disvelare nuovi scenari e raggiungere sintesi più avanzate, provvisori e sempre insufficienti punti di equilibrio tra un passato che viene da lontano e un futuro ancora ignoto.
Le figure dialoganti come metafora. Era, questo, un altro dei punti focali da cui Andrea apriva il suo sguardo di artista sul mondo. Le energie, le resistenze, le consistenze, le gravità, le forze, gli attriti: l'assillo di Andrea era quello di riportare nelle sue macchine razionali la dinamica di questo complessa trama di spinte che si agitano, si scontrano - e infine dialogano - nello spazio, nel tempo, nella coscienza e nella mente. Nei suoi immobili e metafisici scheletri di macchine, nelle sue barocche cascate di numeri e lettere Andrea cercava di evocare il ritmo, la scansione, la misura, la musica del mondo, alla ricerca di una difficile armonia, costruendo nello stesso tempo con amara ironia, permeata dell'intimo senso della sconfitta, delle strutture totemiche che richiamavano le inutili e assurde macchine di Marcel Duchamp.
A vedere Andrea al lavoro circondato da strumenti da falegname, da congegni, carte e cartoni, carboncini e colori, carrucole e ruote, si aveva la sensazione di un artigiano immerso in una impresa immane, caparbiamente rivolta a dare un ordine geometrico alla realtà. La sapienza costruttiva di Andrea, la precisione espressiva del suo linguaggio, la cura del segno, il rispetto per la materia, lo hanno sempre tenuto, come lui stesso affermava, “ lontano qualche centimetro dagli estremismi dell'avanguardia”, quando questa si è connotata di segni causali, di gocciolature di colori, di strisciate di nero, ecc. Il versante su cui Andrea ha sempre lavorato è stato quello della sperimentazione di nuovi linguaggi mai disgiunto dal confronto critico con la realtà sociale e storica che lo investiva.
Su questa linea di ricerca Andrea Sparaco, e con lui il suo gruppo P.66, ha raccolto importanti risultati e riconoscimenti da parte di intellettuali che hanno segnato con la loro presenza critica la seconda metà del 900.
Le mostre dedicategli in tutta Europa - Stoccarda, Liegi, Bruxelles -, i giudizi di Guttuso (….grande artista del mezzogiorno), un lungo telegramma entusiasta di Berlinguer, la collaborazione con il grande compositore Luigi Nono, la corrispondenza con Umberto Eco, l'amicizia con il filosofo Cacciari, le recensioni di Del Guercio e l'apprezzamento di Mazzacurati, sono tutte tracce di una vita intellettuale e artistica che ha attraversato cinquanta anni della nostra storia, regalando a noi tutti, con i suoi pizzini densi di dubbi e di qualche verità, un po' di ragioni per trasformarci in “figure dialoganti” e comprendere meglio il difficile domani verso cui siamo incamminati.

Giuseppe Lacetera
(da Il Sidicino - Anno VIII 2011 - n. 9 Settembre)