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Indice Claudio Gliottone
 
 

IL MONDO CAMBIA IN PROPORZIONE GEOMETRICA

Sapremo stargli tutti al passo?
 

In questa nostra epoca ogni uomo attraversa, nella sua vita, il cambio di almeno tre generazioni, inclusa ovviamente la sua.
L’allungamento della vita e la celerità di accrescimento e di inserimento dei nuovi nati determina che essa, sui settantacinque anni di media, ne contempli facilmente tre, della durata ognuna di venticinque anni. Quest’ultimo è infatti oggi il termine per cui da una generazione se ne passi ad un’altra.
Non era certamente così breve in altri pur turbinosi tempi, ma la storia umana sembra voler accelerare il suo percorso in maniera straordinaria: si pensi cha dalla sua comparsa sul pianeta l’uomo ha impiegato milioni di anni per diventare prima “herectus” e poi “sapiens” e poi ancora “sapiens sapiens”, mentre ha impiegato solo 66 anni (dico sessantasei anni) per arrivare, dal primo volo sul rudimentale apparecchio aereo dei Fratelli Wright (17 dicembre 1903), a posare il suo piede sulla luna il 20 luglio del 1969!
Così come oggi, per attraversare mille anni basta che trascorra la vita di sole tredici persone.
Chiuso questo importante inciso, torniamo ai cambi di generazione per analizzarne un carattere loro intimamente legato: quello delle “differenze generazionali” che esistono per ognuna di esse nei riguardi di quelle che le hanno precedute, ma anche di quelle che le seguiranno.
Queste differenze sono sempre esistite, per naturale legge di progresso, ma si dipanavano in tempi più lunghi e quindi più accettabili. Oggi hanno, sempre naturalmente, accorciato il loro tempo di gestazione e ne nascono a iosa, con riguardo ad argomenti i più vari, come i gusti musicali, la moda, i comportamenti sociali, l’uso di droghe, i rapporti di coppia, l’arte, la politica, il lavoro, la salvaguardia della natura, e chi più ne ha ne metta.
Con termine creato negli anni sessanta si parla più universalmente di “gap generazionale”, significando “gap” appunto “divario, distacco, dislivello”. Ma non sempre evidente contrapposizione.
La prima vera e propria contrapposizione nacque, per poi progredire come sempre in proporzione geometrica, negli anni cinquanta (1950) rivolta contro la generazione precedente, e fu detta dei “Baby-Boomers”, figli dei reduci della seconda guerra mondiale in relazione al boom economico e sociale verificatosi appunto in quegli anni. La contrapposizione crebbe negli anni sessanta, mettendo in discussione stili di vita al limite di ogni buona convenzione sociale, sul leit-motiv della nascente musica rock.
In fondo nulla di nuovo sotto il cielo: si pensi ai movimenti nati da e nutriti di nuovi indirizzi artistici e culturali, come la Scapigliatura Milanese o il Futurismo di Marinetti, o del dilagare delle idee moderniste. “Un grosso e orribile mostro si sferra; corre gli oceani, corre la terra...” cantava il Carducci nel suo “Inno a Satana” alludendo alla potenza della macchina a vapore, il treno; e ne aveva ben ragione, considerando la enorme importanza ch’esso avrebbe assunto per l’intera umanità, avvicinando popoli ed addirittura costringendoli ad una unificazione europea del tempo e degli orari.
Ed aggiungeva “gittò la tonaca Martin Lutero: gitta i tuoi vincoli, uman pensiero”; invito destinato a rimanere inascoltato ancora oggi, a cento e più anni di distanza, guardando quanto avviene in Iran, solo per fare un esempio.
Tutto, quindi, normale dialettica hegeliana: uno scontro costruttivo tra una tesi ed una antitesi per arrivare ad una sintesi che diviene poi a sua volta nuova tesi per nuovo processo costruttivo.
Col modernismo si apre per noi un nuovo capitolo, perché i gap generazionali non sono solo di tipo ideologico, culturale o comportamentale: sono, ahimè, anche di carattere tecnico-scientifico. E qui la cosa diventa un po’ più complicata da accettarsi.
E lo diventa perché presuppone una conoscenza ed una capacità di apprendimento completamente nuova, con un nuovo linguaggio al quale non si è abituati e la messa in atto di tecniche di cui non si possiede ancora acquisita dimestichezza; se il linguaggio e la normale capacità di apprendimento ci consente di accedere, e facilmente comprenderla, ad ogni espressione della cultura umanistica, nel campo scientifico non si va avanti senza perfetta proprietà dei principi di base. Non potrò mai risolvere una equazione di terzo grado se, pur conoscendo a memoria la Divina Commedia, ignoro la banale tabellina!
Ed oggi, invece, la montante tecnologia, nel suo aspetto universale, ci sottopone ogni giorno a sempre più complicate equazioni di terzo grado e mentre corriamo ai ripari cercando di imparare le tabelline, la equazione di terzo grado lo diventa di ottavo!
Le qualità dell’uomo sono però varie e molteplici: tra questa c'è quella dello spirito di adattamento e della capacità di assuefazione per cui, con un poco di tempo (e qui casca l’asino!), riesce ad inserirsi in nuove situazioni di vita e di progresso e, magari, anche a dare il suo contributo perché migliorino e si accrescano.
Il problema, con tutte le palesi difficoltà della materia, nasce proprio dalla velocità dei cambiamenti, e dalla loro crescita di proporzione geometrica, e tenervi dietro è di fatto impossibile, specie per chi si trova di fronte al suo terzo cambio generazionale. Riuscirà a superare anche questo problema?
Invocare un rallentamento dei ritmi sarebbe necessario, ma l’aspetto economico, che oggi, contrariamente che in passato, è l’unico vero e forse solo motore di tutto, non lo consente; anzi il cambiamento sovente banale ed inutile di una parte di un oggetto del nostro attuale vivere comporta una rivisitazione di tante altre parti con relativa aumentata resa economica: ed il farlo non è giustificato da altro aspetto che questo.
Così, tanto per fare qualche esempio, le trasmissioni televisive imposte in HD, i programmi dei computer che cambiano dalla mattina alla sera, le difficoltà crescenti di accesso ad essi tramite password e giri burocratici sempre più complessi, Spid, Pin, ed obbligo di pagamenti attraverso pos; mentre per far sapere (e sapere noi stessi!) chi siamo occorrono almeno tre tessere: carta d’identità, patente e tessera sanitaria “interdipendenti”, per cui, alla fine, per esperire qualche pratica particolare, occorre doverle usare tutte e tre!
Oggettivamente non se ne può più.
Contradditemi pure, se del caso! Non ve ne vorrò.

Claudio Gliottone
(da Il Sidicino - Anno XX 2023 - n. 1 Gennaio)