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L'Italia che crolla! Perché?

 

L'Italia crolla! Ma con dolcezza: un po' alla “volta”, è il caso di dire. A cedere per prime sono state le “volte” dei ponti: tanti, troppi, dal nord al sud, con un numero di vittime assurdo per un paese civile. Adesso iniziano le gallerie, anch'esse su tutto il territorio ed in numero sempre crescente. Ora, che la cosa possa verificarsi, nel corso degli anni, per una sola struttura, può anche starci; ad essere buoni ne sono forse accettabili, ma non giustificabili, anche due o tre; ma quando tali avvenimenti, o vere e proprie sciagure, diventano “seriali”, allora qualche riflessione è doveroso farla.
Una spiegazione diventa difficile quando si sa che le imprese italiane hanno costruito, od hanno partecipato alla loro costruzione, opere grandiose e funzionali in tutto il mondo, veri capolavori della scienza ingegneristica. Il “Ponte dei Martiri del 15 luglio”, ad esempio, il primo dei tre costruiti sul canale del Bosforo, a collegare l'Europa con l'Asia, in Turchia, fu realizzato da una terna di ingegneri tra cui spiccava l'italiano Almerico Meomartini: un ponte di 1510 metri per 39 di larghezza, con una campata principale di 1074 metri! Ed anche il cosiddetto “terzo ponte”, della lunghezza di 2164 metri con una campata principale di 1407 metri e larghezza di 59 metri, il più grande al mondo, è stato costruito dalla impresa italiana Astaldi, associata alla impresa turca Ictas, ed alle stessa cordata Ictas - Astaldi è stata affidata la realizzazione di una autostrada che da Istanbul porterà a Smirne.
Passando ai tunnel, il traforo ferroviario del Freius, all'epoca il più lungo del mondo, voluto da Vittorio Emanuele ll, terminato nel 1871, fu progettato , da due ingegneri francesi e dall'italiano Severino Grattoni; e Quintino Sella, non ancora Ministro della Finanze dal famoso motto dell'economia fino all'osso, ingegnere idraulico noto ed apprezzato in tutta Europa, venne anch'egli chiamato dal Re a collaborare alla costruenda opera. E così la galleria ferroviaria del San Gottardo, attualmente la più lunga del mondo, o quella del Monte Bianco, rientrano tra le opere progettate e costruite nel mondo anche da italiani.
La prima domanda che sorge spontanea, allora, è: perché i crolli avvengono solo in Italia? Certamente il fatto che gli italiani abbiano costruito in tutto il mondo opere che non hanno mai dato problemi sta a significare che le cose le sanno fare. È possibile che in Italia dimentichino le loro capacità e non sappiano fare cose egregie? Mi sembra improbabile.
E allora il motivo va ricercato altrove: o in impedimenti, che non possono essere strutturali, viste le opere che riescono a costruire nel mondo, ma di carattere diremmo organizzativo, o in malaccorte gestioni conservative del manufatto.
L'una cosa non esclude l'altra. Può accadere, ad esempio, che infiltrazioni malavitose o necessità di risparmi generate da chissà quali motivi inducano a non usare materiale idoneo alla durata nel tempo, come può accadere che le due cose guidino anche la successiva conservazione del manufatto.
In ogni caso il problema non è di mancanza di capacità tecnica nel fare una cosa, ma di presenza di fattori di disturbo, nella realizzazione della cosa, che influenzano e prevalgono sulla necessaria bontà di essa.
Ed allora crolliamo, ed a piè pari, giusto per restare nei termini del problema, nella delinquenza bella e buona, nei suoi aspetti economici, politici e sociali.
Responsabili sono allora chi riesce ad imporre uso di materiali non idonei, chi accetta di usarli, chi, incaricatone, non controlla la integrità dell'opera ed il suo naturale deteriorarsi. Se ne deduce che responsabili non sono una o due o tre persone, ma un intero sistema affermatosi nel tempo: quello delinquenziale di trarre profitto da tutto quel che esiste, spessissimo fregandosene anche delle vite umane.
Una mentalità comportamentale, avallata sovente da una condotta politica generale, di rendere tutto facile a tutti, perché solo così se ne ricava un utile, e non solo in termini elettorali, ma anche economici, che la perpetua e la amplia a dismisura, investendo le istituzioni e le sue opere visibili.
Non ne usciremo mai più, perché è diventato un “modus vivendi”, come lo spaccio della droga, lo sfruttamento della prostituzione, il caporalato, la delinquenza minorile, che si è tacitamente accettato che “debbano” esistere; e chi lo addita ad ignominia è facilmente e politicamente tacciato di volere uno stato autoritario, magari razzista e sovranista.
Ma esisterà pure una “via di mezzo”?
Poveri noi!

Claudio Gliottone
(da Il Sidicino - Anno XVII 2020 - n. 1 Gennaio)