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Il ponte di Genova

 

Vorrei esprimere un parere sul crollo del ponte di Genova, specie alla luce di inquietanti comportamenti aziendali passati che emergono giorno per giorno ed i quali hanno senz'altro contribuito al verificarsi dell'evento.
Facile prendersela col progettista, col costruttore, col direttore dei lavori o con chi non ha eseguito la giusta manutenzione; di fatto possono essere tutti colpevoli.
Ma sicuramente in pochi allargheranno il campo delle responsabilità fino ad includervi una pericolosa mentalità politica che si è fatta strada dal crollo del comunismo ad oggi, cercando di percorrere nuove modalità economiche che amalgamassero quelle liberiste, in auge fino agli anni cinquanta e che portarono di fatto al famoso “miracolo economico” degli anni sessanta, e quelle stataliste, di stampo socialista, che inaugurarono, con la “nazionalizzazione dell'Enel”, l'era del centro sinistra.
Nei fatti dalla metà degli anni 90 ad oggi siamo ricorsi a ridicole pseudo “privatizzazioni” concedendo ai privati la gestione, e solo la gestione, di aziende e società prima di stato nell'intento di alleggerirne le spese e l'impegno economico diretto, vedasi la stessa Enel, la vecchia Sip, le Ferrovie Statali, le Poste e Telecomunicazioni e via narrando.
Diceva il grande filosofo ed economista scozzese Adamo Smith, fondatore della economia politica e liberale, autore del celebre trattato “Della ricchezza della Nazioni”: - toglietevi dalla testa - cito a mente – che ogni mattina un signore si alzi alle quattro, accenda un forno, e impasti quintali di farina per il semplice gusto di farvi trovare una brioche calda sul tavolo della vostra colazione -.
Certo che no; lo farà per guadagnarne un utile per vivere, e sarà spinto anche ad aumentarlo migliorando la qualità del prodotto, acquistando un forno più capiente, creando brioche di diverso gusto e grandezza… In una migliorerà il suo lavoro e le condizioni per svolgerlo, e contemporaneamente offrirà alla clientela un prodotto migliore e più saporito, possibilmente a costi inferiori rispetto a quelli pretesi da un altro fornaio suo concorrente.
Ma se quel fornaio potrà solo gestire un forno che non è di sua proprietà, ma per il quale deve pagare un fitto, e quel forno è strutturalmente intoccabile ed è l'unico in zona, i miglioramenti da apportare al qualità ed alla quantità del prodotto saranno minimi, saranno solo di carattere “gestionale” ed il fornaio potrà badare solo a risparmiare sulla qualità della farina od altro per uscirne con le spese, creando un prodotto scadente. In uno non sarà imprenditore di se stesso.
È quel che accade con le infinite società elettriche o di telefonia, con le Ferrovie Italiane, con le Poste e Telecomunicazioni, le autostrade, le cui infrastrutture restano di proprietà dello stato, che ne ricava un suo aggio. E allora, ad esempio, la concorrenza tra le società telefoniche, si riduce alle offerte d'uso, alla riduzione dei costi, ma non potranno mai riguardare un miglioramento dei servizi costruendo trasmettitori più potenti e di ultima generazione, tali da consentire una ricezione migliore del segnale. Ne risulta chiaramente che l'offerta al cliente non consisterà mai nel miglioramento di un servizio e che la concorrenza tra le società si limiterà al costo degli scatti, alle ore gratis, ai punti premi e cacchiate varie. Mentre ancor più pericolose sono le società private che agiscono in regime di malcelato monopolio, come le Poste, la cui funzione primaria, quella di assicurare un valido servizio di distribuzione postale, è diventata secondaria alla vendita di carta igienica e profilattici, che pur si attua nei loro uffici!
Ed ecco il crollo del ponte di Genova, laddove la società privata ha ridotto di oltre due terzi le spese che lo Stato dedicava alla manutenzione delle strutture di sua proprietà prima che ne fosse concessa loro la gestione!
Giovanni Giolitti, grande Presidente del Consiglio di fine ottocento – inizi novecento, pur di fede economica liberale, sosteneva che i servizi essenziale per il popolo devono essere gestiti dallo Stato che non dovrà mai badare ad eliminare quelli che si dimostrassero economicamente improduttivi se solo sono di bisogno anche ad una parte minuscola della popolazione: e lo sosteneva proprio in merito alle ferrovie che “dovevano essere statali”.
Abbiamo realizzato, in effetti, una economia privatistica nella quale manca il meglio, la molla del progresso: la concorrenza!
Ogni effetto ha le sue cause, alcune spesso volutamente celate; analizzare i problemi con ottica più ampia può aiutare a non ripetere errori.

Claudio Gliottone
(da Il Sidicino - Anno XV 2018 - n. 11 Novembre)