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Teano celebra degnamente l’Unità d’Italia

 
17 marzo 1861 – 17 marzo 2016
 
 

Sicuramente degno di lode l'incontro promosso dalla Amministrazione Comunale con gli alunni delle classi superiori in occasione dell'anniversario della proclamazione del Regno d'Italia, avvenuta il 17 marzo del 1861 da parte del Parlamento con sede a Torino.
Degno di lode perché potrebbe permettere di superare finalmente la stupida questione del luogo dell'incontro tra il Re sabaudo e Garibaldi, che fu alla base di quella proclamazione; una questione divenuta di mero carattere “topografico”, ben lontana da ogni interesse storico. E così Teano, il cui nome sarà dimenticato solo quando Giuliano Amato ed i suoi accoliti della Treccani saranno stati capaci di cancellarlo dai libri di storia stampati dal 26 ottobre del 1860 ad oggi (ma dovranno farlo con la gomma per cancellare ed il bianchetto), potrebbe essere il riferimento di un nuovo modo di celebrare le origini del nostro stato. Potrebbe fornire l'occasione per ogni necessario approfondimento sulla storia vissuta e su quella che si sta vivendo; e molto interessante è stata, al proposito, la relazione del Professore Toscano.
Intelligente motivo conduttore (e non a caso non dico “leit motiv” o di “fil rouge”) dell'incontro è stato “la bandiera”: ed i relatori, attenendosi ai temi sapientemente assegnati, hanno saputo guardare alla bandiera sotto tre diversi punti di vista, ma di sicuro mai in maniera retorica.
Hanno aperto la conferenza il saluto del Sindaco e dell'Assessore alla Cultura.
Per la parte toccata a me ho sottolineato la importanza della bandiera, non come vessillo dal carattere distintivo verso altre, ma come simbolo affasciante un popolo e una storia, che non è fatta solo di guerre e di conquiste, ma è fatta anche di tanta umanità e disponibilità: oltre alla bandiera che si difende dal nemico o si strappa al nemico, è importante quella che sventola sui monumenti d'arte, quella che si pianta sulle vette conquistate, quella a mezz'asta, che svela la partecipazione comune ad un evento luttuoso comune, quella che si inchina solo dinanzi al Presidente della Repubblica ed alle Medaglie d'oro al valor militare, quella che avvolge le bare dei nostri soldati morti nel compimento del proprio dovere; la bandiera che si innalza più alta sul podio di una gara sportiva. Alla luce di questo lasciamo sventolare alta la nostra bandiera, perché essa non è mai stata simbolo di oppressione o di prevaricazione, ma dietro di lei c'è una infinità di martiri e di eroi che sono periti proprio perché essa sventolasse libera: da Emanuele de Deo, salito al patibolo eretto dalla codardia borbonica nel 1794, all'età di 22 anni, a Gennarino Capuozzo, stroncato all'età di dodici anni da una granata tedesca durante le quattro giornate di Napoli.
Che sventoli alta perché dietro di lei ci sono Dante Alighieri, Leopardi, Manzoni, Montale, Pirandello; ci sono Verdi e Puccini, Donizzetti e Rossini, Caruso e Pavarotti; ci sono Michelangelo, Raffaello, Botticelli, Canova, Guttuso e Brunelleschi e Gay Aulenti e Pierluigi Nervi; ci sono le squadre di calcio del '34 e del '38, dell'82 e del 2006, con Livio Berruti e Pietro Mennea, fino a Federica Pellegrino. Che sventoli alta, perché dietro di lei c'è un popolo che, nonostante la mafia e la camorra, la ndrangheta e la truffaldineria crescente, resta un faro di civiltà e di progresso per tutta l'umanità: un popolo che, solo tra tutti quelli d'Europa, continua a tendere la mano e ad accogliere il profugo.
Il Generale Ippolito Gassirà ha tracciato la storia della bandiera tricolore, dalla sua prima apparizione nella Repubblica Cispadana fino a quella issata sul Quirinale, simbolo della neonata Repubblica Italiana. Un momento di grande partecipazione è stata l'esecuzione dell'inno di Mameli, cantato in coro da tutti i presenti ritti in piedi.
Ha concluso brillantemente il Prof. Tobia Toscano, il quale ha sottolineato la drammaticità dei tempi, mentre masse sempre crescenti di profughi o di poveracci in cerca di vita migliore premono alle frontiere degli stati europei e l'Europa istituzionale pensa solo ai problemi economici o alla lunghezza della banane.
Belle, in contraddizione con questo comportamento europeo, le considerazioni sugli intellettuali “romantici”, dall'italiano Santorre di Santarosa all'inglese Lord Byron, che andarono a combattere per la libertà della Grecia dall'oppressore turco e quella sulla origine dei latini, creatori dell'Impero romano, discesi da un “profugo”, il troiano Enea in fuga da Ilio saccheggiata dagli Achei.
E allora perché abbiam paura dei profughi?
Maggiore partecipazione di pubblico non avrebbe guastato.
Speriamo solo che la lodevole iniziativa di ancorare il passato al presente, e di farlo con stile ed intelligenza, non si perda negli anni.

Claudio Gliottone
(da Il Sidicino - Anno XIII 2016 - n. 3 Marzo)