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Cose così... di fantasia! - Cosimo, Damiano

e la ricetta dematerializzata
 

La notte era di quelle classiche di fine estate, non abbastanza fredda da dormire con le lenzuola, ma neppure così calda da farlo con le finestre aperte.
Cosimo e Damiano, poi, erano abituati a quella temperatura umida che regna in quasi tutte le chiese e, nonostante la loro pluricentenaria, quasi bimillenaria, età, erano sovente usi a dormire a torso nudo, offrendosi spavaldamente al martirio delle infinite zanzare he popolavano l'ambiente.
“Sono anche loro creature di Dio, era il santo principio, ed è giusto che si nutrano secondo il loro bisogno!”; i santi sono sempre santi!
Il sonno li prendeva profondo, dopo una giornata di immobilità nelle rispettive nicchie, ad ascoltare interminabili litanie all'odore acre dei ceri e dei fiori che col caldo hanno il brutto vizio di decomporsi in poche ore. Ed il riposo notturno, non appena lo scaccino chiudeva le porte, giungeva tanto meritato quanto gradito.
Il sonno più pesante lo aveva Damiano e quella notte ci dava dentro a russare come non mai. Ma durò poco.
All'improvviso delle voci: “di qua, forza, inclinalo un poco e ci passa…attento al muro, è già abbastanza disastrato… poi prendi il lettino… lo mettiamo proprio sotto la finestra, così ci vedrò meglio a visitare”.
E ancora “Cosimo santo…piano piano. Io sono solo e piccolino: tu stai solo a comandare, ma una mano me la potresti pure dare…questo tavolo pesa un accidenti…”
“Uè, ma io sono santo, e pure dottore, nun t'ò scurdà, Ginè. Un po' di rispetto”
“E, rispetto un cacchio. Sono le tre di notte, vi rendete conto?”
Damiano sobbalzò, sgranò gli occhi, se li stropicciò, sbadigliò, si guardò intorno spiando la provenienza di quelle voci e di quei rumori, poi cercò Cosimo nella sua nicchia: manco l'ombra.
“Satanasso! Ma dove cavolo è andato a quest'ora di notte: e questi rumori che sono?”. Conosceva bene il suo collega di santità e d professione (da vivi erano stati due illustri medici) ed era abituato a non sorprendersi più di niente.
Seguendo la provenienza dei rumori giunse ad una finestra che dava su un corridoio interno e di nuovo sobbalzò perché vide un grosso tavolo di pesante legno camminare da solo, seguito da Cosimo che dava dritte per dirigerlo verso una stanza posta al termine del corridoio.
Dio mio, questo sta facendo ancora qualche miracolo, pensò, e a voce più alta che poteva gridò: “Cooosimooooo! Ma che cacchio stai facendo? Lo sai che ore sono? La gente dormeeeee!”.
Il tavolo cadde pesantemente per terra con un rumore che rimbombò per tutta la chiesa e la sagrestia e quale non fu la sorpresa di Damiano quando da sotto ne vide uscire trafelato, sudato, ansimante e terrorizzato, il povero Ginetto, che per lo spavento sembrava di dimensioni ancora più ridotte.
“No, no Damià, nun te preocccupà, sta' tranquillo. M'era venuta un'idea e mi stavo facendo aiutare da Ginetto. Da solo non ce la potevo fare.”
“Cosimì, a parte il fatto che sta facenn tutto Ginetto e tu stai con le mani in mano, ma che cacchio di idea ti è venuta?”
“Aspetta che vengo sopra e te la spiego. Ginè, tu vavattenne, s'è fatto notte, continuiamo domani”
“Maestro, nunnè che s'è fatta notte, chelle è sempe stata notte. Ci verimmo dimane.”
Salì gli scalini a quattro a quattro e si piazzò di fronte a Damiano che cercava di riprendersi bevendo qualche sorso d'acqua,…santa naturalmente.
“E allora?”
“Stamme a sentì. Noi siamo stati e siamo medici: ti ricordi da giovani quante persone abbiamo curate? Venivano dalla Persia, dalla Siria, dalla Palestina a farsi curare da noi. E lo facevamo gratis: anzi ti ricordi la cazziata che mi facesti quando cedetti alle insistenze di quella povera vecchietta con l'asma ed accettai cinque uova per ricompensa di averla guarita? E chi se la scorda più.”
“Embè?”
“Embè mi è venuta l'idea di riprendere a fare il medico e di aprire un ambulatorio giù, nella sacrestia, e mi stavo facendo aiutare da Ginetto ad attrezzarla: i mobili ed il lettino ci sono, c'ho pure un armadietto dove mettere gli unguenti le tisane ed i decotti, così ai pazienti gliele regalo senza che vanno in farmacia.”
“Ma da un medico ci devi andare tuuuu! Da uno psichiatra, perché il cervello ti si è liquefatto, se mai ne hai avuto uno! Ma ti rendi conto che la medicina oggi è tutta un'altra cosa da quella che praticavamo noi? Già il “paziente” non si chiama più così, ma il nuovo codice deontologico ha stabilito che si deve chiamare “persona assistita”, così come il sordo si deve chiamare non-udente ed il cieco, come quello di Gerico al quale ridiede la vista il Maestro, si deve chiamare non-vedente….”
“Uh Gesù, Damià, e lo stitico come si deve chiamare? Non-ca…nte?”
“Sei sempre il solito superficiale. Queste cose sono importantissime per la salute psico-fisica della “persona assistita”…”
“Scusa, ma “paziente” deriva dal latino “patior” che non significa avere pazienza, ma sopportare, tollerare, subire i malanni che certo non gli invia la società cattiva, ma il destino…”
“E adesso la “persona assistita” dovrà sopportare altre cose, non ultima la disorganizzazione della sanità. Ma lo sai che adesso le diagnosi si fanno con le macchine elettroniche, che esiste la tac, la risonanza magnetica, le ecografie, le scopie interne, le analisi chimiche? Che le terapie vengono studiate da cervelloni seduti dietro una enorme scrivania al ministero che elaborano le “linee guida” e ti dicono cosa devi dare al paziente con la gotta e cosa al paziente con la diarrea e che il medico deve solo trascriverle, ma con il computer, e badando bene ad inviare la ricetta all'asl che poi la controllerà per vedere se il medico ha fatto una giusta diagnosi ed una giusta prescrizione, se ha constatato “de visu” la cacarella della persona assistita.. Lo sai che adesso c'è la “ricetta dematerializzata”?...”
“Ricetta “dematerializzata”? E che vor dì?”
“Vuol dire che adesso il medico, a fine visita, non consegna niente alla “persona assistita”. Compila la ricetta al computer e la invia ad un centro e gli dice: adesso vai in una qualunque farmacia, presenta il tesserino magnetico che prima o poi ti daranno e ritira le medicine che ti ho scritto!”
“Uh, Gesù, Gesù! Ma come, io visitavo il paziente con le mani, gli auscultavo il torace ed il cuore, gli guardavo la lingua, gli tastavo l'addome e quando mi ero fatto un'idea della malattia che aveva prendevo un bel pezzo di papiro e con la penna d'oca gli scrivevo le medicine che doveva prendere e come le doveva prendere. E gli consegnavo quel pezzo di papiro che era il suggello tra la mia sapienza medica ed il male che lo affliggeva, era l'atto finale della mia arte che consegnavo, con tanto di mia firma, al povero cristo, altro che persona assistita, che aveva le convulsioni o la febbre terzana, e quello era contento perché il suo male e la maniera di sconfiggerlo erano codificati in quel pezzo di papiro che gli restava tra le mani per sempre.”
“E mò non è più così. La visita la inizia un burocrate del ministero e la finisce un arido computer. Tu che cazzo ti illudi di fare a voler aiutare la gente secondo “scienza e conoscenza” medica?” E poi ti credi che la tua conoscenza debba essere rivolta a conoscere l'origine di un farmaco, la sua dinamica, le sue indicazioni, la sua posologia, il suo modo di somministrazione? Ma scherzi? Oggi devi solo conoscere se quel farmaco è in fascia A o B o C, se c'ha la nota o no, se è erogabile in DPC o direttamente, se ha ancora il brevetto o se ne esiste l'equivalente, se devi fare il piano terapeutico o lo puoi prescrivere tranquillamente, se costa molto o se è accessibile, se lo puoi prescrivere per quella esenzione di patologia o no, e via di seguito per diecimila altre difficoltà burocratiche. E poi le esenzioni: se il malato ha più o meno di sei anni o più o meno di sessantacinque, se guadagna più o meno di 16.000 euro all'anno, o più o meno di 35.000 euro all'anno, se ha gli occhi azzurri o neri, i capelli biondi o castani…. Cosimì, ccà u' miereco o' po' fa' solo nu bravo ragioniere!”
“Ginettoooooooo, ginettoooooo. Iamme a mettere tutto cose a posto. Vuol dire che se proprio vorrò fare il medico continuerò a fare qualche miracolo, ma ai poveri cristi ancora pazienti. Alle persone assistite ci pensi lo stato… e per fortuna che, alla fin fine, ci siamo sempre noi ed il Padre Eterno.”
La buona volontà di Cosimo, santo e medico, era stata annientata dalla burocrazia. Figuriamoci quella di chi è solo medico. Ma i tempi cambiano ed è giusto che dopo tanto tempo i pazienti divengano persone assistite, con buona pace del non-vedente di Gerico.
Se ne tornarono nelle nicchie, i nostri eroi, e dormirono il sonno del giusto, tanto le cose serie nessuno potrà mai annientarle.

Claudio Gliottone
(da Il Sidicino - Anno X 2013 - n. 9 Settembre)