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Piove, Governo ladro!

 

Pare che l'espressione derivi da una vignetta satirica di Casimiro Teja, pubblicata sul giornale satirico “Il Pasquino”, nella quale si derideva una dimostrazione antigovernativa, organizzata a Torino dai mazziniani nel 1861, andata deserta proprio a causa della pioggia. Significando che, se la manifestazione non si era tenuta, non era per l'infingardo comportamento dei partecipanti, ma per la pioggia, e la colpa di questa non poteva essere d'altri che del governo contro il quale si sarebbe voluto dimostrare. Popolarmente l'espressione si ripete per satireggiare l'abitudine diffusa di dare la colpa di ogni cosa al governo, sovente come sfogo polemico.
In questi giorni su tutta l'Italia e, caso piuttosto raro, anche da noi, nevica abbondantemente: ebbene in tutta Italia ed anche qui da noi non sono stati pochi ad esclamare: nevica, governo ladro.
Non sono mai stato un “manzoniano che tira quattro paghe per il lesso” e mai mi sono sognato di difendere il potere costituito a danno del singolo cittadino, ma la cattiva abitudine di aspettarsi tutto dalla amministrazione pubblica, e di dare le colpe agli altri se questo tutto non viene garantito, proprio non mi va giù.
Siamo a sessanta chilometri dal “paese del sole” per antonomasia: da noi nevica, ed in maniera molto superficiale, una volta ogni trent'anni. Come ci si può aspettare che la amministrazione pubblica sia pronta in giornata ad attivare tutto quanto possibile per spalare la neve, rimuovere gli alberi caduti, riattivare la viabilità, su un territorio, oltretutto, di ben 80 km quadrati?
Siamo abituati a prendercela sempre con qualcuno; la colpa non è nostra, se abbandoniamo, nel migliore dei casi, un televisore per strada, o se non mettiamo la spazzatura nei sacchetti previsti, ma è del comune che tiene sporco il paese; non è nostra se al primo sentore di sciopero dei benzinai corriamo all'accaparramento con tanniche e bottiglioni, ma dei rifornitori che non sono all'altezza.
E c'è chi rimpiange la Teano di un tempo: ce li farei rivivere, quei signori che pontificano dai paesi del nord, nella Teano di quarant'anni fa, tra “Nicola a' cazetta” e “Adelina a' pazza”.
Al “nord”, per intenderci, ognuno si spala la neve davanti al proprio marciapiedi, come accade in America, e non aspetta in ozio, lamentandosi a sproposito, che vengano a farlo i Vigili del Fuoco o l'Esercito.
Si fa un gran parlare della prossima amministrazione, quasi si votasse domani, come se un “deus ex machina”, tirato fuori da chissà quale cappello, potesse risolvere tutti i nostri mali: e non abbiamo il coraggio e la onestà di ammettere che gran parte del nostro male siamo noi stessi, con la nostra mancanza di senso civico, con la nostra maleducazione, con la nostra protervia nel pretendere senza nulla dare in cambio. È proprio ora di comprenderlo, che solo cambiando noi stessi cambieremo il nostro presente e il nostro futuro. Nessun ente pubblico potrà mai rendere onesto un cittadino disonesto, che intravvede fonti di guadagno in falsi incidenti, salvo a lamentarsi poi per i costi delle assicurazioni, tanto per fare un esempio, o evade le tasse, e si lamenta se non ottiene i dovuti servizi pubblici. Solo se intellettualmente onesti noi, potremo esprimere una amministrazione efficiente.
Non è stupido moralismo, mi si creda: sono solo banali regole di vivere civile.

Claudio Gliottone
(da Il Sidicino - Anno IX 2012 - n. 2 Febbraio)