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Ha ragione l'Unità

 

È impietoso l'articolo, a firma di Giuseppe Civati, pubblicato dal quotidiano “l'Unità” qualche settimana fa; è impietoso come quello che pubblicò, oltre una decina di anni fa, a pagina centrale intera, “La Repubblica” per la firma di Vittorio Zucconi, figlio di Ermete, notissimi giornalisti.
All' epoca mi offesi anch'io, come oggi il Presidente di una delle pro-loco, Antonio De Simone, e telefonai allo Zuccone, addirittura negli Stati Uniti, dove risiede.
Il tenore del suo articolo era identico, nella sostanza, a quello del Civati; non le tante Pro-loco, delle quali esisteva solo una, e inconcludente, nella frazione di Casale, ma un cartello della “pirotecnica sidicina” lo colpì. Il succo, ripeto, era lo stesso: il totale abbandono della città, sporca e degradata, e la incapacità di accoglienza dei suoi abitanti.
Cito la cosa solo per sottolineare, con amarezza e disgusto, come assolutamente nulla sia cambiato in quasi quindici anni, visto che un giornalista di passaggio oggi evidenzia le medesime cose espresse allora da un suo collega, anch'egli in cammino sui percorsi garibaldini.
E sono osservazioni terribilmente oggettive, “supra” ogni “partes”.
Ed altri giornalisti ancora, stavolta sul “Corriere della Sera”, come non mancammo di segnalare non molto tempo fa, di passaggio per Teano, hanno ricevuto la stessa identica impressione: centro storico bellissimo, ma totale abbandono, pratico ed ideologico.
Ed hanno ragione, caro presidente De Simone, hanno maledettamente ragione, perché nascondere la testa nella sabbia ed adirarsi senza provvedere, come feci anch'io, non serve a nulla; chiarire qualcosa va bene, ma il problema è grave e, credo, irrisolvibile in tempi ragionevoli.
Perché l'abbandono, l'incuria, la sciatteria, la noncuranza, l'indifferenza, la infingardaggine, la negligenza, sono per noi mali ideologici, congeniti, quasi stessimo scontando ataviche condanne, antichi malefici, e a nulla valgono le “grida di dolore” che ogni tanto, di fronte ad avvenimenti simili, qualcuno tenta di levare.
Anche quando le “compulsioni festaiole” , che questo anno hanno raggiunto livelli da paese di Bengodi, cercano di vivacizzare una società dormiente, l'effetto finale è negativo, perché il senso di abbandono si percepisce più forte nella sporcizia che precede, accompagna e segue lo svolgersi di ogni manifestazione, nella incapacità di accoglienza da parte degli enti ufficiali, come di ogni singolo cittadino, nel pressappochismo organizzativo, diluito in mille rivoli o in due pro-loco l'un contro l'altra armata.
La gente che viene da fuori queste cose le avverte nettamente; e, smaltite le abbuffate di gnocchi, di parmigiane e di salamelle varie, ci rimugina e confronta, e forse, si ravvede sulla eventuale decisione di tornare.
Non basta fare, bisogna ben fare, se vogliamo dei risultati: comprenderlo e, soprattutto, attuarlo restano cose difficilissime.
Ci manca ogni senso di aggregazione; se una persona o un gruppo fa qualcosa di nuovo e di promettente, subito altri cento si precipitano a fare qualcosa di simile, sovente doppioni che non aggiungono niente, ma sviliscono solamente la prima iniziativa.
Ad una emittente locale, erano gli anni settanta, ne seguirono subito altre due; al presepe vivente si aggiunse in men che non si dica una passione vivente; ad una sagra degli antichi mestieri e sapori se ne sono affiancate altre in quasi ogni frazione, senza contare la feste patronali, quelle “alimentari”, quelle musical folkloristiche, i teatri e gli spettacoli vari.
A Giffoni Vallepiana, nota in tutto il mondo, fanno solo il festival del cinema per ragazzi; a Cannes e a Venezia, scusate se è poco, fanno solo il festival cinematografico, a Siena fanno solo il Palio; ma fanno tutto bene!
Anche la serie di spettacoli al teatro romano son diventati pezzi da avanspettacolo; compagnie raffazzonate, cartellone ripetitivo, sporcizia per via e nei dintorni, macchine e cani che disturbano di continuo. Su un sempre più ristretto numero di spettatori quelli locali si contano sulle punte delle dita. Eppure ci aspettavamo tanto, fidando nella competenza e professionalità della Sovrintendenza e di organizzatori non locali; ma evidentemente la ignavia teanese, istituzionale o individuale, ha avuto la meglio: è riuscita a contagiare tutti e ad azzerare ogni prospettiva.
Siamo fatti male, caro De Simone; e quando già in altra occasione evidenziai provocatoriamente in un libello queste impressioni, qualche saccente mi accusò di essere elitario.
Ma la storia pare darmi oggettivamente ragione.
Le colpe di chi ci dirige non sono poche: la voglia-necessità politica di accontentare sempre tutti è eccessiva, a danno della progettazione futura.
Ma in questo paese non si riesce a configurare nulla senza che si urtino gli interessi presunti di qualcuno, e ognuno ne ha ed egoisticamente li difende: il mercato continua ad essere una casbah orientale e spostarlo significa generare guerra civile, la piscina comunale non esiste perché non si sa su quale luogo costruirla per il piacere dei vari proprietari terrieri, un piano parcheggi è inattuabile perché nessuno rispetta niente, dalle soste controllate ai sensi unici; gli strumenti per imporre il rispetto delle regole non ci sono o vengono volutamente trascurati, per non crearsi nemici.
L'unico nemico resta il giornalista di turno che ci sbatte la verità sul muso!
La impostazione generale, e qui è il male più grande, è badare al proprio ristrettissimo orticello: i politici e i cittadini, ognuno per il suo conto.
Come si fa a spezzare un cerchio così maledettamente saldo, come si fa a cambiare una impostazione mentale siffatta, a modificare comportamenti divenuti automatismi geneticamente trasmissibili?
Nel confronto garibaldino, dice Civati, “per ora, vince, per meriti turistici, Vairano Patenora”.
Ma, ahimè, i meriti sono anche di altra natura, e tanti altri.
Non vogliatemene, ma la cruda verità bisogna pur dirla, ogni tanto.
E a farlo siamo rimasti pochi coraggiosi.

Claudio Gliottone
(da Il Sidicino - Anno VII 2010 - n. 9 Settembre)