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Lavori in Larco Croci: perché?

 

La teoria economica keynesiana spinge paradossalmente a spendere più soldi quando meno ce ne sono: auspica interventi di denaro pubblico per compiere opere e creare occupazione e rinvigorire, alla fine, la economia complessiva.
Il principio non è errato e darebbe sempre buoni frutti, come in diverse occasioni ha fatto. Quel che invece molto spesso non accade è la finalizzazione degli interventi di denaro pubblico che possa aggiungere al fatto in sé della ripresa del lavoro il plus di ottenere, alla fine, qualcosa di utile per la comunità.
Mi spiego meglio: molto spesso, almeno in Italia, i soldi pubblici vengono keynesianamente spesi per le cose più assurde, a volte persino dannose nel tempo, che poco aggiungono di loro al quadro economico generale.
Non so se il progetto del ponte sullo stretto di Messina risponde a questo principio, né se ad esso si ispirano, pur nel loro piccolo, i lavori che interessano varie strade statali del nostro territorio, come l'Appia, da Francolise al bivio di Teano, o la Casilina, da Torricelle a Borgonuovo.
Non so quale utilità possa veramente derivarci da assurde “rotonde” che spezzano in malo modo il flusso automobilistico di una strada nazionale per “facilitare” (si fa per dire) la immissione in essa delle più banali e desuete strade provinciali o comunali.
A me pare che creino solo un pericoloso scompiglio che rallenta notevolmente il traffico ed affida ad una utenza impreparata un concetto di “precedenza stradale” nuovo e di non facile comprensione.
Mentre scrivo, le ruspe hanno da poco aggredito il manto stradale in Piazza Croci, attorno al discusso monumento a Garibaldi e Vittorio Emanuele, mai divenuto monumento dell'incontro e poco amato da molti. Anch'esso, ce ne siamo interessati altre volte, sarà divelto, dicono per spostarlo in altra sede, ma non ci crediamo molto.
Per quanti sforzi faccia, non riesco assolutamente a comprendere, e ne chiedo scusa col capo coperto di cenere agli illustri urbanisti locali, politici e tecnici, quale necessità vi fosse di intervenire in una piazza simpatica, dal manto stradale ottimo, non suscettibile di espansione neppure di un centimetro perché circondata da palazzi, dalla improponibile destinazione ad area di soggiorno urbano, perché delimitata dai trafficatissimi incroci della statale per Vairano con la provinciale per Roccamonfina e con la strada urbana proveniente da piazza Sperandeo.
Ma che cacchio ci vorranno fare in quella piazza gli amministratori comunali, mi sono chiesto più volte, se non trovarci l'occasione di spendere un'altra barca di soldi come hanno fatto per Piazza Giovanni XXIII con l'aggravante, in detta sede, del mostro sesquipedale, imbrattato e lordato per l'ennesima volta con scritte e disegnacci?
E, badate bene, sarà una caso, ma nessuna mano vandalica ha mai neppure sfiorato il monumento del Feroce; quasi a testimonianza di una lodevole soggezione per un'opera che, discutibile quanto vuoi, rappresenta qualcosa, qualcosa di noi, della nostra esistenza di cittadini teanesi.
Anche gli “amanti” dei murales ne hanno avuto rispetto.
Alla fine, convinto che nessuna razionale spiegazione potesse giustificare l'intervento urbanistico, così ideologicamente e funzionalmente gratuito, ho pensato di nobilitare le intenzioni dei committenti con una loro presunta lungimiranza economico finanziaria ispirata a Keynes.
C'è crisi occupazionale, non c'è lavoro; creiamo l'occasione per farlo nascere, spendiamo soldi pubblici!
Che grandezza di Dio!
Ma con un acquedotto che da decenni e decenni “fa acqua” da tutte le parti, con un mercato settimanale ancora da casbah tunisina, con impianti sportivi praticamente inesistenti, con una piscina comunale che resta un sogno nel cassetto, proprio alla piazza Largo Croci dovevano rivolgere la loro keynesiana attenzione i nostri governanti?
Ma la mia povera mente, come quella eccelsa di Agostino da Ippona, si è persa nella immensità dell'universo strategico politico locale e non ha saputo dare risposta!
Da essa, invero, non mi aspettavo più di tanto; ma il guaio è che altri, dalla loro, si aspettano presuntuosamente molto di più; almeno finché non ne sbattono il contenitore (la testa) contro il muro di risultati a dir poco osceni, come piazza Giovanni XXIII, della quale non ci stancheremo mai e poi mai di dire tutto il male possibile.
Ottima la iniziativa di rivitalizzare, almeno per una domenicale sera d' inizio estate, il corso Vittorio Emanuele; ci è sembrato di tornare indietro di quarant'anni, quando ancor soli, “improvvidi d'un avvenir mal fido”, speravamo in un futuro migliore pel nostro paese.
Una iniziativa popolare, nata da un ammirevole “porta a porta”.
Che sia un segnale di presa di coscienza civica? Lo speriamo di cuore.
Il paese, quello ufficiale, si prepara, intanto, a vivere un'altra stagione a “tarallucci e vino”.

Claudio Gliottone
(da Il Sidicino - Anno VII 2010 - n. 7 Luglio)