Un doveroso ringraziamento all'ottimo Comm. Avv. Alberto Zaza d'Aulisio, Presidente della Società di Storia Patria di Terra di Lavoro di Caserta, per avermi fatto pervenire fotocopia del documento originale che trovasi a Caserta nell'archivio della Società di Storia Patria e per averne permesso la pubblicazione a corredo dell'articolo. L'11 aprile 2011su “Il Mattino” usciva un articolo dell'avv. Alberto Zaza d'Aulisio, su un episodio avvenuto a Teano domenica 29 ottobre 1860.
Ad una messa nel Duomo cui partecipava Vittorio Emanuele II un canonico, Don Andrea Stavolone, si era rifiutato di partecipare alla celebrazione ritenendo il Savoia indegno di entrare in chiesa. L'articolo ha suscitato la mia curiosità, mi ha spinto ad approfondire l'argomento e a riprenderlo sul “Il Sidicino”.
Alla data dello storico incontro di Teano troviamo questa figura di sacerdote, già canonico Cantore dal 1848, seconda dignità canonicale ed uno dei tre canonici prebendati, eletto dal Capitolo Cattedrale, Vicario Capitolare delle Diocesi riunite di Calvi e Teano. L'8 aprile 1860 in seguito alla morte, avvenuta 5 giorni prima, del Vescovo Nicola Sterlini lo Stavolone divenne a tutti gli effetti il sostituto del vescovo per tutto il periodo della sede vacante.
Quando il 26 ottobre 1860 Vittorio Emanuele incontra Garibaldi a Teano, don Andrea Stavolone, fedele suddito Borbonico, considera il Savoia uno ”scomunicato avventuriero indegno di entrare in chiesa e assistere a messa”.
Prima di andare avanti occorre fare qualche premessa storica. Il 1860 fu un anno denso di avvenimenti: Campagna dei mille, conquista dell'Italia meridionale, plebiscito per l'adesione all'unificazione sotto i Savoia, l'epurazione da parte dei conquistatori di funzionari, governatori, vescovi e ecclesiastici, perché ritenuti accaniti oppositori del nuovo regime. Tra questi, l'espulsione di mons. Ricciardi arcivescovo di Reggio, e casi anche di arresto e condanna a morte di militari borbonici considerati sovversivi.
Nella nostra Provincia di Terra di Lavoro Garibaldi nomina quale Governatore un ardente patriota che giovanissimo s'iscrisse alla Giovane Italia e nel 1848 era già considerato il capo del partito liberale in Provincia: Salvatore Pizzi.
Nato a Procida, e trasferitosi a Capua da bambino con la sua famiglia, il neo governatore si dimise dall'incarico appena tre mesi dopo: primo per forti divergenze con Garibaldi, secondo perché si rese conto di quanto la realtà fosse diversa dai suoi ideali.
In questo quadro ancora instabile e tumultuoso si inserisce il rifiuto di don Andrea a celebrare messa. L'episodio fece scalpore ed il 16 dicembre 1860 parte dal Dicastero degli Affari Ecclesiastici un esposto di incompatibilità a esercitare la missione di Vicario generale della Diocesi di Teano da parte di Don Andrea Stavolone perché avverso, anzi, nemico del governo. Le accuse non si fermano qui, si aggiunge che il Vicario non volle fare atto di adesione al re e che si rifiutò, quale prima dignità pastorale della Diocesi in quel momento, di ricevere ufficialmente il Savoia in Cattedrale, ritenendolo indegno e scomunicato, e che soprattutto predicava in chiesa tale pensiero. Per questi motivi, il Consigliere del Dicastero degli Affari Ecclesiastici: Giuseppe Verrique spedisce l'esposto al governatore di Terra di Lavoro di Caserta affinché l'inoltrasse a Don Tommaso Fumo per la rimozione dall'incarico dello Stavolone, (dallo «Stato nominativo del Clero esistente nella Diocesi di Teano sino a tutto Dicembre 1860 » Don Tommaso Fumo risulta essere Sacerdote di 41 anni ed occupa il 53° posto nella graduatoria senza alcuno incarico ecclesiastico specifico).
Evidentemente, però, da un lato il Pizzi non diede eccessiva importanza alla richiesta, dall'altro il canonico doveva essere ben più forte del previsto se è vero che per ben cinque anni e cioè fino alla sua morte, avvenuta il 26 marzo 1865, resse la diocesi di Teano. Per completezza va infatti detto che la Diocesi fu priva del vescovo perché, pur essendo stato nominato nel concistoro del 13 luglio 1860 quale suo titolare Mons. Bartolomeo D'Avanzo, questi non ne poté prendere possesso perché inviso ai Savoia per i rapporti e le simpatie con la dinastia Borbonica.
Il vescovo D'Avanzo, poi Cardinale col titolo di S. Susanna, fu ospite per sei anni presso il convento dei cappuccini di Sorrento e solo nel 1866 poté prendere possesso della sua Diocesi dopo aver scritto varie lettere a Vittorio Emanuele ed ai suoi ministri per denunziare le ingiuste ingerenze del potere civile nel governo spirituale della chiesa.
A causa di tutte queste condizioni politiche, il vescovo ed il canonico forse non si sono mai conosciuti personalmente ma si mantennero sempre a stretto contatto condividendo, con coraggio e fermezza, le idee anti liberali-massoniche e anti Savoia.
Pasquale Giorgio
(da Il Sidicino - Anno VIII 2011 - n. 5 Maggio) |