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L'amore di Edward Hutton per Sessa

 

Sessa Aurunca - La cupola maiolicata della Chiesa dell’Annunziata (foto di Mimmo Feola)

 

'La prima volta che sono venuto a Sessa intendevo restare un giorno solo, o al massimo due; sono rimasto una settimana, sono rimasto dieci giorni. Ed è stato difficile liberarmi dal suo incantesimo, lasciare le sue cupole ed il campanile scintillante di maioliche di colore verde e oro come se Sessa appartenesse all’Oriente. E poi, c’era il Duomo.’
Già nel numero uno, Gennaio 2019, de ‘Il Sidicino’ abbiamo parlato dello scrittore Edward Hutton, uno dei più importanti italofili del secolo scorso, e del suo libro Naples and Campania Revisited. Ci siamo fermati sulla breve descrizione che fa di Teano per lasciarlo mentre procedeva verso la città ‘incantata’ di Sessa Aurunca, che Hutton aveva già visitato molte volte a cominciare dagli anni precedenti la Prima Guerra Mondiale.
Che la città di Sessa avesse avuto un posto speciale nel cuore di Hutton è evidente dalla sua descrizione, dove si sofferma sull’ammaliante bellezza dei suoi principali monumenti. Lo scrittore, ormai ottantenne, ripercorre quei luoghi a lui cari sopravvissuti alla distruzione della Seconda Guerra Mondiale, con parole pregne di nostalgia per il tempo passato e di orrore per l’insensata distruzione bellica.
‘Vi erano posti nel mondo come fossero stati incantati: uno di questi era Sessa Aurunca. Sessa era rimasta per noi all’Età dell’Oro e forse nell’Età dell’Oro tutta l’Italia era stata incantata. Il piccolo paese giaceva in una culla di lava antica, piuttosto una valletta, del vecchio vulcano Roccamonfina, ed era stato l’antico centro degli Aurunci, che lasciarono il loro nome al ponte romano ancora transitabile, anche se mezzo rovinato, le cui arcate maestose e coperte d’edera avevo tante volte visitato.
E che scena si apriva! Il Golfo di Gaeta si stendeva davanti, di impareggiabile bellezza, la costa girava come un falcetto, e Gaeta, posta sul promontorio, visionaria, apparentemente immateriale, semi-divinata, racchiudeva la vista verso ovest. Lì, nell’insenatura, giaceva Formia da dove Cicerone, dalla sua villa, spesso scriveva ad Attico. Verso sud il Monte Massico chiudeva la veduta, accarezzato dal più azzurro dei mari. Lì da qualche parte scorreva il fiume Liri. Sembrava abitare un quadro di Claude in un paesaggio sereno ed ideale uscito da un sogno. Qui c’erano alberi graziosi, la fontana rotta, il pino solitario sul fianco della collina. E lì, sicuramente, sotto il cipresso, un capraio guardava il suo piccolo gregge - quasi mi sembrava di sentire da lontano le note del suo flauto, mentre tutta la terra intorno si lasciava andare al sole come Danae alla pioggia d’oro.
Dove sono andati? La larga strada asfaltata per le macchine ha oscurato le pietre e la polvere della Via Appia, gli scarichi delle automobili hanno fatto tacere il flauto del pastore, le rovine dei Romani rimangono, ordinate e curate, tra le rovine della mia visione.’
La descrizione della città di Sessa è imbevuta di questa nostalgia di un paradiso perduto, un sogno giovanile infranto, una giovinezza sfuggita per sempre.
‘La piccola città di circa 5.000 abitanti è ancora fiera oggi di quelle rovine romane,’ scrive. Dopo averle elencate e descritte si sofferma sul monumento a lui più caro, il ponte romano: ‘è stato lì, sotto quei bastioni vecchi due millenni, con il loro manto di verde, che io mi sono convinto che Sessa fosse incantata.’
Descrive a lungo, in diverse pagine, le chiese e i conventi e medita sul suo amato Cicerone. È particolarmente interessante notare quanto spazio dedichi alla descrizione del candelabro pasquale, del pulpito e soprattutto del pavimento cosmatesco della cattedrale, ‘la cosa più interessante e bella della città.’
Hutton era, infatti, esperto di questi pavimenti ed era anche autore di un piccolo ma importante studio intitolato, appunto, The Cosmati, The Roman Marble Yonkers of the XIIth and XIIIth Centuries. Durante la costruzione della splendida cattedrale cattolica neo-romanica di Londra - Westminster Cathedral, da non confondere con l’antica Abbazia – Hutton criticò duramente le intenzioni dell’artista Gilbert Pownall di realizzare un pavimento ispirato a questi artisti. Considerò totalmente amatoriale il progetto e riuscì a convincere le autorità a realizzare alcuni suoi disegni ispirati non solo ai pavimenti delle chiese normanne di Palermo ma anche a questa di Sessa che tanto l’aveva impressionato. ‘Questo glorioso pavimento è simile nella tecnica ma diverso nello stile rispetto ai pavimenti romani coevi dei Cosmati.’ Guardando i mosaici dell’ambone, conclude dicendo quanto siano diversi dall’arte dei Cosmati e dei marmorari romani, e ‘certamente sono stati influenzati dai motivi arabi come quelli che vediamo nella Cappella Palatina a Palermo. Quegli angoli acuti, quasi cufici, non sono opera di mani romane.’

di Jonathan Esposito
(da Il Sidicino - Anno XIX 2022 - n. 05 Maggio)

Claude Lorrain - Landscape with Nymph and Satyr Dancing - (MeisterDrucke-6148)