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Un Viaggiatore Dimenticato - Edward Hutton a Teano

 
By Lafayette 1932 - © National Portrait Gallery, London
 

Leggendo il libro Gli ultimi viaggiatori nell'Italia del Novecento (2018) dell'instancabile Attilio Brilli, indiscussa autorità della letteratura di viaggio, che esamina nuovi moventi del viaggio e nuovi modi di vedere il nostro Paese nel secolo scorso, mi sono fermato a riconsiderare la figura di Edward Hutton.
Lo scrittore inglese può essere considerato l'ultimo dei vittoriani, nonostante sia morto nel 1969, quasi centenario. Fu autore di numerosi libri e guide sulla storia, la letteratura e le città d'arte d'Italia. Questi libri dedicati alle varie regioni invogliarono innumerevoli visitatori ad esplorare la penisola e li deliziarono con una prosa al tempo stesso scorrevole ed erudita, piena tanto di notizie storiche ed artistiche quanto di aneddoti ed episodi simpatici. Abitò a lungo a Firenze, nientemeno che nella casa appartenuta al padre di Boccaccio - uno dei suoi libri più importanti fu proprio una biografia critica del grande scrittore uscita nel 1910, grazie alla quale Hutton fu incoronato esperto di italianistica. Fu anche grande e fedele amico di Norman Douglas (mai ci fu un'amicizia così insolita tra un uomo così rispettoso e tranquillo, convertito al Cattolicesimo, come Hutton, e l'irreverente Douglas 'pagano fino in fondo all'animo') con cui viaggiò in Grecia. Tuttavia la figura di Hutton è quasi sconosciuta in Italia dove i suoi libri non furono mai tradotti. La dice lunga, a tale proposito, il fatto che un autore così importante per i rapporti anglo-italiani non meriti nemmeno una pagina in italiano su Wikipedia.
I suoi libri furono scritti nel periodo del tramonto di questo genere letterario, travolto prima dalla guerra e poi dall'avvento del turismo di massa: forse perciò il nome di Hutton appare molto raramente, anche nei tanti studi sui viaggiatori pubblicati di recente.
Fa eccezione Brilli già nel suo Il Viaggio in Italia (2006) dove riconosce che 'Per vastità ed estensione geografica… l'inglese Edward Hutton ha descritto la penisola, città per città e regione per regione, in maniera sistematica'. Parlando della figura dell'inglese nella letteratura di viaggio fra Otto e Novecento afferma che Hutton 'costituisce l'unico correttivo dei luoghi comuni e delle prospettive consolatorie diffuse dalla produzione turistica di largo consumo e quindi che il suo compito è diverso da quello della guida che indirizza di volta in volta verso referenti precisi. Città e paesaggi descritti dalla saggistica di viaggio… sono soprattutto luoghi reali e immaginari a un tempo, luoghi privilegiati nei quali vengono discussi, messi alla prova ed elaborati concetti nuovi di identità individuale e forme inedite di percezione'.
Altri critici non perdonano questo suo romanticismo fiero e anacronistico che tuttavia rappresenta la chiave di lettura delle sue opere.
Il British Institute of Florence, sorto nel 1917, di cui Hutton fu tra i fondatori, conserva molti suoi manoscritti, donati in un'apposita collezione dal figlio, nonché un prezioso ma incompleto abbozzo di autobiografia. Parla dei libri letti da bambino e della loro influenza su tutta la sua lunga vita.
Tra queste letture giovanili spiccano le opere di Virgilio, oltreché un classico del Ottocento Lays of Ancient Rome (Canti di Roma antica) dello storico-politico Thomas Babington Macaulay del 1842.
'The first poetry I enjoyed and my first vision of Italy, which was to mean so much to me all through my long life, I found in Macaulay's verses': [La prima poesia che amai e la mia prima visione dell'Italia, un paese che avrebbe significato tanto per me lungo tutti gli anni della mia vita, la trovai nei versi di Macaulay.]
'When I read those verses many years later to my small son he looked up and said: “Daddy why are you crying?” I have the book still; … Blessed be Macaulay! Yes, that was my first vision of Italy, others were to come later'. [Quando, molti anni dopo, ho letto questi versi al mio figlio piccolo, ha alzato lo sguardo e mi ha chiesto: “Babbo, perché piangi?” Conservo ancora il libro….. Benedetta sia Macaulay! Sì, quella fu la mia prima visione dell'Italia, altre seguirono più tardi.]
Hutton sosteneva che 'le forme della storia rivestite con i nostri sogni sono indistruttibili'. Sharon Ouditt nel bel libro Impressions of Southern Italy (2014) a proposito di Hutton, dice che 'The enchantment and childhood dream of empire is generated not by the intrinsic beauty of the landscape, but by the associations that recall his schoolboy reading' [L'incanto e il sogno fanciullesco dell'impero non è suscitato dalla bellezza intrinseca del paesaggio quanto piuttosto da quei riferimenti che richiamano le letture fatte da ragazzo.]
Quando uscì per la prima volta nel 1915 il libro Naples and Southern Italy, impreziosito dalle illustrazioni a colori dell'artista Frank Crisp, morto sul fronte a soli 32 anni, si soffermava soprattutto sulla Calabria e la Puglia nonché sulla città di Napoli. Tanti anni dopo, nel 1958, Hutton pubblicò Naples and Campania Revisited nel quale ripercorre i luoghi della città, molti dei quali danneggiati o distrutti dalla guerra. Questo libro, scritto all'età di 83 anni, si ferma soprattutto su quel territorio attorno alla città di Napoli che lo aveva sempre attirato per la sua bellezza e i suoi ricordi dell'antica Roma, che gli era così cara. Visitò luoghi conosciuti ed amati da giovane, paesi trasformati dai disastri della recente guerra e i cambiamenti del nuovo mondo meccanizzato. Scrive nel prefazio che 'L'età del viaggiatore è tramontata; anche quella del turista è finita. Ora i gitanti, scendendo in frotte dai torpedoni nelle belle città, passano come un fiume in piena da cattedrale a museo a galleria, a bocca aperta o indifferenti…'
Troviamo l'autore in compagnia di un amico percorrendo in macchina la vecchia strada da Napoli verso il Lazio passando per Aversa, Santa Maria Capua Vetere, Sant'Angelo in Formis, Capua, Calvi ed infine Teano. Ecco la sua descrizione:
…viaggiavamo ora lungo la Via Latina, fino ad intravedere la città di Teano, una veduta deliziosa, situata nella valle del Savone, piena dì alberi, ai piedi della vulcanica Roccamonfina e dei mille metri di Monte Santa Croce. I resti della città romana, seconda città della Campania e la più importante della Via Latina, li avevamo già superati venendo dalla strada di Calvi. I resti più considerevoli sono quelli dell'anfiteatro.
In passato Teano conteneva tre opere d'arte che valeva la pena vedere. C'era la piccola chiesetta di Santa Maria de Foris, ricostruita nel dodicesimo secolo, che conservava ancora il portale e l'esterno dell'abside; ma è stata distrutta nell'ultima guerra. Poi c'è la chiesa di San Benedetto dell'ottavo secolo con le sue antiche colonne. Fu qui che i monaci di Montecassino si rifugiarono nel 884 quando i saraceni attaccarono la grande abbazia e ammazzarono l'abate. Anche se l'abbazia fu ricostruita nei due anni successivi, la maggior parte della comunità rimase a Teano fino al 949, e fu qui che la copia originale della Regola di San Benedetto, fino ad allora gelosamente conservata contro ogni vicissitudine, perì in un incendio.
La cosa più bella è il Duomo, che, ahimé, è stato largamente distrutto durante la guerra. Nonostante ciò conserva ancora le sue sedici colonne di granito provenienti da edifici romani. Inoltre sono stati recuperati l'ambone o pulpito del tredicesimo secolo con quattro colonne tortili, due delle quali sostenute da leoni, frammenti dell'originale ornamento a mosaico e alcune sculture. Sono in corso lavori di ricostruzione di questa nobile e spaziosa chiesa. È di tipo basilicale con un'abside e tre navate sorrette da colonne antiche e una grande cappella laterale anch'essa con un'abside ed una cripta che fu originariamente un Tempio Romano di cui rimangono alcune colonne. Le due grandi arcate ed il coro sono splendidi.
Camminando per le strade del paese nel pomeriggio siamo entrati nelle chiese di San Francesco e di Sant'Antonio Abate; la prima ha un soffitto ligneo del Seicento finemente dipinto - l'Assunzione della Beata Vergine e la seconda, se non altro, un chiostro grazioso. Entrambe le chiese sono santuari francescani. Riguardo la curiosa fontana, con sette nicchie appuntite sotto una piramide, non sono riuscito a trovare informazioni.
Nel tardo pomeriggio, che in poco tempo è diventata una serata dorata, abbiamo attraversato una deliziosa campagna sotto le colline spoglie andando verso Sessa Aurunca…
(pp.134-36)

Il capitolo seguente è quasi interamente dedicato a Sessa, che ebbe un effetto straordinario sul viaggiatore ottuagenario, il quale credette di aver trovato un paese incantato 'rimasto nell'Età dell'Oro' quando 'nel mondo esistevano ancora luoghi incantati'. Sembra straordinario, ma Hutton, che aveva girato l'Italia intera e aveva pubblicato tanti libri su quasi ogni regione e città della penisola, dalla Sicilia alla Lombardia e soprattutto la sua amata Toscana, trovò a Sessa la piena realizzazione di quel sogno stimolato quasi un secolo prima nelle sue letture di bambino e che aveva segnato tutta la sua vita.

di Jonathan Esposito
(da Il Sidicino - Anno XVI 2019 - n. 1 Gennaio)

 
From many a lonely hamlet
Which hid by beech and pine
Like an eagle's nest hangs on the crest
Of purple Apennine ;

From lordly Volaterrae
Where scours the far-famed hold
Piled by the hands of giants
For godlike Kings of old ….

From where sweet Clanis wanders
Through corn and vines and flowers.
From where Cortona lifts to heaven
Her diadem of towers.

The harvests of Arretium
That year old men shall reap
That year young boys in Umbro
Shall plunge the struggling sheep
And in the vats of Luna
This year the must shall foam
Round the white feet of laughing girls
Whose sires have marched to Rome.

 
Da solinghi abituri che, simili
D'aquile ai nidi, inosservati pendono
Fra gli abeti ed i faggi, su le creste
Del purpureo Apennin;

Dalla superba
Volterra ove s'inalza trionfante
L'antiqua rôcca, che di pietre immani
Il braccio eresse de'giganti ai regi…

Muovon di là dove la Chiana placida
Erra fra le erbe, fra le mèssi e i fiori,
D'onde Còrito al ciel delle sue torri
Fastosamente il diadema inalza.

Le surte messi a maturar ne'campi;
Or solo i fanciulletti immergeranno
La reluttante pecora nell'Umbro;
Ed or ne'tini Lunigiani il mosto
La spuma manderà su'bianchi piedi
Di ridenti fanciulle, orbe dei padri
Iti nell'armi a guerreggiar con Roma

[Traduzione di Louisa Grace Bartolini, 1869]