L'ASSOCIAZIONE
 
il Sidicino
 
Indice per autore
 
Indice Giampiero Di Marco
 
 

La statistica del Circondario di Teano nella relazione di

Gennaro de Quattro (del 1816) - (Fine)
 

Piante perenni
Riguardo a terreni addetti a vigneti, non sono che di una mediocre qualità e bontà. Ve ne hanno pure degli infimi. Quelli che riconoscono un suolo margoso calcareo, od argilloso danno miglior vino di quelli che sono marnosi. Le qualità delle viti si marcano dalle differenti uve che producono. La vite adunque detta vitis cinifera, uva, oltre le uve scelte da tavola come la moscatella, il moscatellone, la sanginella, la catalanesca, il zibibbo, l'uva confettone, l'uva tempestiva rossa, la cornetta bianca, l'uva del Cajro, la groja d'inverno e altre, vi sono le uve da vino videlicet uva bianca detta Fiano, uva cerasola, aglianica, fuscolillo, fontananova, greco, grecone biano e nero, uva occhiali, uva ferrogna, pallagrello bianco e nero, uva rosa, pizzutello, uva passola, agrettone, lambrusco e infinite altre. Si coltivano le viti e si innestano quando si voglia migliorare le uve. Quando le viti si invecchiano ed hanno de' capi giovani si calano giù la terra per un fosso profondo e bislungo e percorrendo qualche spazio di terra più o meno, escono poi l'estremità de' capi da fuori e si maritano cogl'alberi. Volendo piantare un vigneto nuovo, o rimpiazzare le viti che mancano in qualche vigneto vecchio si piantano le viti insieme cogli alberi quali sono pioppi, olmi, orni, alboreti, si costumano ancora piantarsi accosto le viti de' frasconi recisi da castagni, o d'olive per ajuto e consorzio delle viti istesse. Le medesime si potano annualmente secondo le regole dell'arte, recidendosi oltre il vecchio e il secco, quei capi ancora che non possono sostenere le viti lasciando que' che sono migliori e che regger possono.
Il vino del circondario non è che mediocre e passabile. Vi hanno però de' proprietari che si industriano di farlo buono e di qualità eccellente e vi riescono. Ciò nasce da che non tutti sanno o non voglion sapere l'arte di fabricare il vino o non vi si vogliono occupare per trascuraggine. Taluni poi hanno de' vasi e bottami difettosi o disadatti luoghi per cellaj e cantine. Nasce ancora da che non tutti i vigneti contengono delle uve squisite o il suolo ben condizionato. Deriva ancora da che taluni altri troppo presto si accingono alla vendemmia, le uve sono immature e non fanno che pessimo vino. Vizi e difetti che potrebbero scansarsi tranne i naturali per lo suolo, come si è detto. Quelli proprietari adunque, e di questi non mancano che hanno de' vigneti di suolo calcareo e argilloso, forniti di ottimi vitigni, che vendemmiano a tempo giusto, e che usano la diligenza ed attenzione a far portare le uve, a ponete il vino mosto a cautelata fermentazione, almeno per tre o quattro giorni, ed indi a farlo riposare nelle botti site in cellaj asciutti, che non abbiano alcun difetto, questi fabricano de' buoni vini. Siffatti vini nell'inverno e propriamente nella decrescenza lunare di febbraio e di marzo si debbon tramutare e dal cellajo ripassarli dentro altre botti non difettose, ed in cantine buone e asciutte e così nell'estate si hanno degli ottimi vini nostrali.  A che quantitativo ascende il prodotto del vino in tutto il circondario non si sa. La spesa però che occorre per una soma di vino, composta di due barili, ad ogni barile di carafe sessanta, fatto il calcolo su di quanto occorre per la puta, custodia dell'uva, vendemmia, trasporto, fabricazione, nonché tenuto conto della quota territoriale, ascende a circa carlini quindici una soma di vino valutata ad un prezzo medio tra le vendite d'inverno e d'està, ed in un'annata tra fertile ed infertile, è di circa carlini trenta.
Un moggio tra l'anno fertile ed infertile un di presso frutta da barili 5 a 8, rare volte arriva a 10. Dal sopravanzo della vendita dedotto lo spesato deve pagarsi il peso fondiario e la gabella di carlini due barile, cosicché i vigneti poco o nulla rendono ai proprietari e non altroggetto si coltivano che per aver un vino schietto, e di piacere al proprio uso. La classe poi de piccoli possidenti de' vigneti che non han modo da spendere, e che non ha comodi adatti precipitano le operazioni della fabrica del vino, e conservazione dello stesso, e lo beono difettoso il più delle volte, o lo vendono per loro urgenze nello stato di vino mosto. Non è bastante il vino di Teano alla popolazione dello stesso per cui si fa introdurre l'immissione d'altro vino da Marzano, Vajrano, Riardo, Pietramelara e altri comuni. In generale poi il vino dell'intero circondario basta collettivamente a tutti gli individui dello stesso.

Ulivi
Licinia detta da butanici per esprimere il nome dell'olivo, che somministra l'olio la coltura dell'olivo è la seguente: tutti gli uliveti piani che hanno il terreno coltivabile sono semenzati a frumenti e marzatici come lo sono i terreni campestri. Vi si aggiunge dippiù l'annuale scalzatura e calzatura degl'alberi d'olivo. Gli uliveti montuosi, argillosi o pietrosi non si coltivano al di sotto. Riguardo agl'alberi d'olivi si potano per lo più in ogni quadriennio o secondo il bisogno. Le varietà degli olivi sono le seguenti: il Radius e Radiolus, olivastro breve frutto grossetto e che dà olio. Olivastro dritto frutto bislungo, più piccolo e che dà olio. Pasole rotunda, rotondella che abbonda in Teano. Vi è poi la pignarola, il morsillo, l'olivastro grande, l'oliva sessana, gaetana, spagnola, sebbene queste due ultime sono rare, e vengono addette per addolcirle nell'acqua e mangiarle. Quantunque molte sarebbero le varietà degli olivi, secondo gli autori greci e latini, e secondo i moderni che ne contano presso a cinquanta, pure in verità non v'è che una specie d'olivo, il di cui fiore appartiene alla diandria monogynia. Sebbene la varietà degli olivi si desumano dalla diversa figura del frutto, dal diverso colore della corteccia dell'albero, dalle frondi più o meno colorite, più o meno modificate in grossezza, o bassezza della pianta, da' rami più o meno curvi pur contentono la stessa sostanza dell'olio.
In Teano adunque e villaggi vi sono uliveti in gran numero, giacché nel resto del circondario non sono che rari. L'olio si fabrica nel seguente modo: si raccolgono gli olivi in decembre e gennaio perfettamente mature, si ripongono nei magazzini e ripostigli de' trappeti. Indi vanno soggetti alla macina. Ridotti a guisa di pasta, si pongono dentro de' sportelli, seu stovelli bucati da sopra. Questi dopo ripieni al numero di quattro, fino a sei si pongono nel luogo da essere premuti, o per mezzo della vite, o per mezzo di una grossa trave, che per opera di un pendolo di pietra di più cantaja si abbassa di molto e colla pressione, che sempre cresce, si fa uscire dell'olio che va poi a fluire dentro di un gran recipiente detto puzzillo di unita coll'acqua,  d'onde poi si estrae da sopra, e si ripone in vasi per la sua depurazione, indi si ripassa in altri vasi,  e si conserva ne luoghi di riposta o magazzini. La spesa che occorre per la fabbrica dell'olio compresa la raccoglitura e il trasporto delle ulive, e li travagliatori addetti al trappeto, nonché la rata per l'affitto del trappeto istesso, si richiede a un di presso la spesa di carlini dieci a stajo, composti di rotoli dieci e un terzo.
Per una soma d'oglio adunque, composta di staja dieci vi occorre la spesa di circa docati dieci. In Teano gli ulivi non danno molto frutto ad oglio, giacchè vi vogliono circa due tomoli di olive per aversi uno stajo d'olio, supponendo la loro qualità buona e non guasta, in contrario maggior quantità di essi occorrono per aversi uno stajo d'olio. I proprietari degli uliveti per lo più non fanno fabricare l'olio per conto loro ed a loro spesato, ma bensì affittano il frutto degli ulivi a' contadini, e campagnoli, assegnando mediante apprezzo seguito di concerto, due tomoli e mezzo di ulivi, al più tre, e devono quelli recare in casa del proprietario uno stajo d'olio depurato, senza veruna spesa del proprietario istesso. Ogni moggio d'oliveto ottimo dà in ogni biennio da circa tomoli 15 a 30 d'ulive, li mediocri oliveti da 10 a 20, gl'infimi da 5 a 8 e anche meno. In certe annate, allorché gli ulivi son guasti, e toccati da vermi, il che avviene quando il mese d'agosto è molto nebbioso, ed acquoso, e poi succede l'autunno assai ventoso, allora gli ulivi vengono sbattuti di molto, e soggetti a guastarsi. Il costo dell'olio varia in ciascun anno, secondo la fertilità o infertilità dello stesso. In quest'anno l'olio si è venduto da 22 a 29 carlini lo stajo, il prezzo corrente negli anni scorsi è stato molto meno. Non intendo favellare di ciascun albero di frutto, che nell'estensione del circondario si trovano, giacché sono pressoché innumerabili, ma solo fò parola di quei frutti solamente de' quali fassi maggiore industria, commercio, e consumo. Siffatti sono mele, castagne, noci, ghiande, cerri, fragne, sebbene di questi due ultimi frutti fassi consumo dagli animali. L'industria dunque della mela è grande, giacché in tutto il circondario tra l'anno fertile ed infertile si possono calcolare a circa quindicimila tomoli di mele, a circa ventimila di castagne d'ogni specie, ed a circa ventimila e più tomoli tra ghiande, cerri, fragne, ed esche. Il prezzo ordinario della mela nell'annata fertile è da carlini tre a dieci il campione/misura più grande del tomolo.
Nell'annata infertile da cinque a quindici carlini. Per le castagne nell'annata fertile è da carlini sei a dodici il campione, nell'annata infertile da sette a quattordici a un di presso. Per le ghiande nell'annata fertile da carlini tre a cinque il campione, nell'annata infertile da cinque a dieci. Per le fragne, cerri ed esche, si vendono circa la metà del prezzo delle ghiande. Gli alberi della mela non esigono altro coltivo, che di recidersi, quando occorre qualche ramo secco. Le medesime si piantano selvaggie, e poi s'innestano nell'istesso modo che si pratica per le cireggie, e pere. Per gli alberi di castagne non c'è coltivo, menocchè di recidere qualche ramo secco. Le medesime si piantano nel seguente modo: si scavano delle piccole piante che nascono ne' castagneti spontaneamente dette castagnoli, i quali germogliano dal frutto delle castagne cadute e lasciate, ma diventano dette piante selvaggie e debbono innestarsi, dopo ripiantate e ingrandite, a castagne buone, secondo l'espertezza ed arte, che in queste materie si esigge, e che non s'ignora da contadini, e campagnoli. Altra spesa non occorre per questi generi di frutta che la raccoglitura, ed il trasporto, le quali variano a norma della distanza, o vicinanza dall'abitato in dove si fa l'industria, il commercio ed il consumo.

Boschi
L'estensione de' terreni addetti a boschi nel circondario di Teano non può sapersi, menocchè dopo una misura, che farsi potrebbe da esperti agrimensori. Puol essere di circa diecimila moggia. Per altro l'estensione territoriale del circondario è qusi tutta deboscata nelle pianure, solo ne luoghi montuosi rattrovansi de tratti o spazi boscosi, cosicchè non possono chiamarsi formalmente boschi. Benvero però nella contrada di Riardo vi è un notabile bosco di quercie, cerri, esche e fragne. In Pietramelara, Roccaromana, Statigliano, vi hanno degli altri boschi montuosi. In Vajrano e Pietravajarano, vi sono degli altri consistentino ben anche in quercie, cerri, esche, fragne ed elcine. In Cajanello vi sono eziandio de luoghi montuosi boscosi, consistentino in castagni, quercie, cerri, fragne ed esche. Ne' territori della città di Teno e casali vi sono delle selvette e sono formate dalle ceppe di castagne che dan legname atto alla costruzione civile e rurale. Il taglio fassi regolarmente in ogni quattro anni per i piccoli lavori, in ogni dieci per i lavori più grandi, ed anche venti per i lavori maggiori. E' da notarsi ancora che per la costruzione de' pezzi d'opera di rilievo si recidono gli alberi grandi di castagne annose, che han gran corporatura e sono dritte. Gli alberi atti alla costruzione marittima sono le quercie, le roveri delle quali il Governo ha ordinato spesso la recisione e il trasporto alla capitale. Di questi medesimi alberi fassi uso per materia di fuoco, cioè per legna, e carbone ed altri usi civili e rurali. Questi alberi non esiggono veruna coltivazione.

Altri prodotti di economia rurale.
Nel circondario non esistono altri prodotti come cenere di soda e potassa, né di verun altra e per conseguenza non si commerciano che questi sopra notati.

Riassunti Generali
I prodotti che devono inserirsi nel generale reassunto sono quelli appunto che riguardano i frumenti, e cereali, gli ulivi, le castagne, mele, e ghiande come quelli che sopravanzano al consumo del circondario.
Sezione V

Dimande sulle Manifatture
I naturali di Teano e suo circondario e precisamente le donne inclinano alle manifatture. Le telerie sono quelle che le tengono occupate. Queste si compongono di canape o di lino. Si han pertanto de' telai, e sono ben molti, per mezzo de'quali tesson le tele di ogni qualità, e specie, fino alla sopraffina, che si accostano presso a poco alle tele d'Olanda se apparecchio si sapessero. Non sarebbon scarse d'ingegno e pigre le donne, ma siccome non vi sono introdotte ancora nel circondario delle altre nuove manifatture, si vengono addette alle domestiche facende di cucina, di filare, di compor lavori a maglia, e di tesser tele. Per la condizione poi bassa popolare alle fatiche materiali di città e campagna.

Materie vestiarie. Manifattura di lino e canape
Il lino e il canape sono del paese, la loro qualità non arriva e non giunge all'ottima, è bensì buon e mediocre. Dette materie vengono macerate e ben gramolate, ma non con affinamento e perfezione, anzi la generalità grossolanamente adempisce a dette operazioni. Il costo del canape e del lino cardato, ed apparecchiato è da grana 25 a 30 il rotolo. La cardatura è di poche grana al rotolo, la filatura è da gran 15 fino carlini cinque gradatamente. Vi è ben anche fino a carlini 6 il rotolo, ma è rara e poca ad una tal ragione. Una donna è capace di filare una libra di detta materia al giorno, filando però grossolanamente, diminuisce la quantità della materia crescendo la finezza del filo. Una donna coll'arte del filare può lucrare da grana cinque a grana dieci al giorno. Per fare una libra di canape o di lino filato vi vuole un terzo di più di lino o canape grezzo. Un rotolo di canape o lino ridotto filo e manifatturato a tela frutta da canna una a una e mezza, per fare poi un canna della miglior tela di lino della larghezza di palmi tre e mezzo, ch'è la massima, vi vogliono due libre di filato il più sottile. Il prezzo della miglior tela di lino, o di canape è da carlini 10 a 12 la canna, le inferiori scendendo poi da carlini 10 fino a 4. Le persone di qualità distinte fanno uso delle migliori tele nostrali, ed anche delle forestiere, il basso popolo fa uso delle inferiori e nostrali. La classe degl'operaj di campagna fa uso delle infime tele per camicie, lenzuoli, ed altro bisognevole. Le tele in questo circondario non si sanno apparecchiare ed imbiancare all'uso estero, ma appena le bagnano e le pongono al sole cosicché acquistano una mediocre bianchezza. Sono ben molte le tessitrici in Teano e suo circondario.
Le loro produzioni di tele basterebbero alla popolazione del medesimo, ma siccome tanti e tanti non vogliono far uso delle nostrali, e le comprno altrove, così queste abondando si commerciano in publico mercato, e girano per altri paesi. Il quantitativo di esse non può sapersi. Queste manifatture di tele potrebbero risentire delle migliorazioni, qualora ci fossero de' notabili smaltimenti e lucri, o de' promotori che incoraggiassero le filandaje e tessitrici con qualche premio. Mancano adunque questi punti d'appoggio, anziché nei tempi correnti cercano sempre i compratori il loro risparmio e nelle annate penuriose come la presente, poco valgono le tele, e non si vendono che quelle di pura necessità, ed ecco un certo avvilimento di tali manifatture, e gli ostacoli al di loro avvanzamento.

Manifatture di cotone non ve ne sono.

Manifattura di lana
Si è detto nella Sezione IV che nel circondario di Teano la lana è ben poca pe'l piccolo numero delle pecore, e che di essa si fa vendita, e gli soli campagnoli, e gente povera la manifatturano grossolanamente per uso di calze, camiciole ed altro.

Manifattura di seta
La seta grezza che produce il circondario si vende e non si manifattura siccome nella Sezione IV si è dettagliato.

Ordigni differenti - Manifatture di legni
I legni per costruzioni civile sono delle seguenti specie: di pioppi, di castagni, di noci, di rovere, di sorbi, di ciregie, e sono tutte indigene. La costruzione di legni che vanno esposti all'acqua e al sole, come le fenestre, usci esteriori, travate ed altro sono di castagno, gli usci interni poi delle case, lettiere, mezzanini, intelature, ed altro si fanno di pioppo. Tavolini, sgrigni, cantoniere si fanno di noce, o di ciregio. Ordigni di campagna per la coltura de' campi si fanno di rovere. Vasi e botti da riporre vino si costruiscono di castagne, viti per trappeti si fanno di sorbo, e così del rimanente. Per carri, carretti, trajni si fa uso del legname di rovere o di cerro. Riguardo ai prezzi del cannaggio dei legni sono i seguenti: il legname di pioppi vale da carlini 8 a 10 la canna, canna quadrata di palmi 64. Il legname di castagna da dodici a quindici carlini, colla spiega che i tavoloni grandi in lunghezza da dieci a quindici palmi, in larghezza da due tre, in grossezza da once tre a cinque, non si vendono a canne ma bensì a pezzi. Il legname di noce vale qualche carlino più della castagna, riguardo al cannaggio, ma se poi son tavoloni grandi, si vendono a pezzi più o meno secondo il bisogno, e la qualità più o meno del pezzo. Gli altri legnami si vendono secondo l'uso, e l'opera cui vengono addetti, cosicchè non se ne può formare regola generale. Tutti gli anzidetti legnami debbono essere staggionati per essere manifatturati. Li medesimi si stagionano da un anno o due, a secco, o dentro l'acqua. Gli artieri e falegnami di Teano e circondario sanno costruire qualunque pezzo d'opera, e qualunque lavoro di legno per uso civile, ed arrivano quasi alla perfezione degli artieri e falegnami della capitale.

 

Manifatture di Ferro
In Teano avvi un locale ove si fabbrica il ferro, detto la Ferriera proprio del principe duca di Sermoneta, che si da in fitto a chi prende l'appaldo del ferro della Regia corte. L'appaldatore riceve adunque dalla corte la materia per la fabbrica del ferro detta vena, che è indigena de' Presidi della Toscana, questa si pesta, si crivella, e si unisce coll'arena di mare, che vi entra per addolcire il ferro. Vengono ancora dalla capitale mandati dalla corte certi pezzi quadrati di ferro acre, che pesano circa 40 e 50 rotoli l'uno, e sono quelli stessi che si pongono per zavorre dentro i bastimenti inglesi o moscoviti e li medesimi servono di base alla fabbrica, o sia formazione di ferro. Il travaglio nella fucina fassi nel seguente modo: nella fossa del fuoco ch'è ben grande, e soffiata da vento artificiale, si butta la vena sottile una colle pietre della stessa, non chè l'arena di mare, dopo ciò si aggrappa il pezzo di ferro agre colla presa, e s'immerge nel centro della fossa del fuoco. Ivi per lo spazio di cinque ore vi si lascia, dopodiché si afferra colla stessa presa, e si porta sotto il maglio grande della machina. Allora e all'istante si apre il portello della saetta dell'acqua, che con impeto scende sulle ruote della machina, che girando fa battere il maglio, sopra il masso di ferro, il quale colla presa si tira, si distende, e si modifica dal maestro o capo giovane addetto ad assistervi. Per aversi un cantajo di ferro buono, è necessario impiegarvi rotoli centoventi di vena tra pietre e polvere. Di poletta rotoli quaranta. Di ferro agre, seu grezzo, o sia pezzo qudrato di rotoli quaranta. Di arena di mare rotoli cinquanta. Dunque un cantajo di ferro viene a costare dentro la ferriera circa docati dicissette ed ecco come: centoventi rotoli di vena a ragione di docati quattro e mezzo il cantajo sono doc. 060; poletta rotoli cinquanta, sono doc. 02, 20; pezzo agro, 03,00; carboni cantaja cinque, doc. 03, 50, mastria 01,50; rata del pigione del locale, 00, 50; totale 16, 75. In un giornata non si possono fabricare più di cantaja due di ferro. Di questo ferro si lavorano nel medesimo locale in rustico le zappe, vanghe, vomeri, ferri di cavalli, di muli, di asini, quadrelli, ferri tondi, seu cilindrici, di diverso calibro, buoni per cancelli, ed altro. Il prezzo del ferro dentro la ferriera è di circa grana venti il rotolo secondo le vendite che vi si fanno.

Manifatture di cuojo non ve ne sono.

Manifatture di vetri, stoviglie non ve ne sono.

Manifatture d'altri generi non ve ne sono.

Viste generali
Di tutto ciò che si appartiene al ramo delle manifatture diverse, loro ordegni e machine, all'infuori delle poche già dettagliate, non v'è materia da poterne scrivere pe'l circondario di Teano. È da notarsi però che quasi tutti gli individui dello stesso sono agricoli a riserva di pochi. In generale sono attivi, laboriosi, industriosi, non vi sono soggetti che professano doppia arte, ma ciascuno la sua, per esempio i fabricatori, falegnami, ferrj, chiavettieri, sartori, calzolaj, funari, che distintamente travagliano. Nel circondario non vi sono scuole pubbliche, o stabilimenti per le sopradette arti, bensì ogni capo artiere tiene i suoi allievi da istruire, ed in tal guisa stradono, finché da loro si capaci sono al mestiere. Vi sono delle confraternite e congregazioni pie locali, ma non riguardano veruna promozione o incoraggiamento alle arti o manifatture.

Teano li 4 aprile 1816 - dottore fisico Gennaro de Quattro.

                                                                                                                            (Fine)

Giampiero Di Marco
(da Il Sidicino - Anno XIII 2016 - n. 5 Maggio)

La trebbiatura

 

Teano - Panorama (lato orientale) - Collezione Luigi Di Benedetto