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Borrello di Anglono e l'imboscata di Teano

 
(in una raffinata stampa del 1833)
 

La stampa di cui si può ammirare la bellezza e la manifattura, è una incisione in rame all'acquaforte su disegno e incisione del Cav. Tommaso De Vivo, tratta dalla “Storia del Regno di Sicilia” dello stesso De Vivo, edito a Napoli nel 1833. Essa è di grandi dimensioni 66,7x50h, con allegato un foglio di descrizione dell'evento di eguali misure.
Rappresenta l'agguato di Borrello di Anglono, conte di Lesina, a Manfredi, reggente del reame svevo in Italia, che ebbe la salva la vita grazie alla vigile scorta dei propri uomini. L'imboscata ebbe luogo presso Teano nell'autunno del 1254, mentre si trovava infermo il Papa Innocenzo IV proprio nella nostra città, durante un viaggio nei paesi delle province meridionali. Proprio durante una visita di cortesia al Pontefice, Manfredi incontrò il suo acerrimo nemico Borrello di Anglono, il quale era stato investito della Contea di Lesina, che appartenevano al suo principato. Per questa usurpazione Manfredi protestò presso il Papa, ma non avendo ricevuto alcuna soddisfazione, si allontanò sdegnato dalla città con una forte scorta di militi per andare incontro al Marchese di Honebruch, che si portava a visitare il Papa. Ma appena fuori Teano i suoi cavalieri si accorsero che sul pen­dio per dove doveva passare, erano appiattiti in agguato gente armata a cavallo con a capo il Borrello, che nella scaramuccia che ne seguì fu leggermente ferito alla schiena da un soldato di Manfredi. Fuggito a Teano, vi trovò la morte per opera del popolo, che credeva avesse assassinato Manfredi. Sebbene il nipote del Pontefice era presente a quel fatto, dell'assassinio di Borrello fu accusato Manfredi, che mandò al Papa dei messi per informarlo della verità dell'accaduto. Ma la morte di Borrello aveva nuovamente spezzato l'armonia che regnava fra Inno­cenzo IV e Manfredi. Infatti, a quest'ultimo, creduto reo del delitto, gli fu imposto dal Papa che si presentasse dinanzi a lui per giustificarsene, ma Manfredi, non fidandosi, fuggi di notte con due suoi fidi compagni napoletani, i fratelli Marino e Corrado Capece, e dopo aver evitato vari pericoli giunse a Lucera, dove con l'aiuto dei Saraceni fu acclamato Principe e Signore. Ma come si era arrivato alla rottura tra Manfredi, reggente degli svevi in Italia ed il papato? In realtà la politica di opposizione al potere temporale del papato, e di sostegno alle fazioni ghibelline italiane, fu iniziata da suo padre Federico II, in quanto il papato contrastava il potere imperiale per evitare l'accerchiamento dello Stato della Chiesa, che si sarebbe verificato se la Germania, la Puglia e la Sicilia fossero divenuti dominio di un solo re.
Alla morte di Federico II, il 13 dicembre 1250 a soli 56 anni, per un'improvvisa febbre, gli successe il figlio Corrado IV, che morì anch'esso presto, all'età di soli ventisei anni, il 21 maggio del 1254, mentre si trovava a Lavello presso Melfi, per prendere possesso dei regni dell'Italia meridionale, ereditati dalla nonna Costanza d'Altavilla. A Corrado IV subentrò il figlio Corrado V detto Corradino per la sua giovane età (era nato infatti il 25 marzo 1252 dalla regina Elisabetta, figlia del duca Ottone di Baviera), e per questo posto sotto la tutela di papa Innocenzo IV e la reggenza dello zio Manfredi di Sicilia detto anche Manfredi di Svevia o Manfredi di Hohenstaufen (1232 – 1266), figlio illegittimo di Federico II e di Bianca dei conti Lancia, che alla sua morte gli aveva lasciato alcune contee, come il principato di Taranto e la luogotenenza di Sicilia durante l'assenza del fratello maggiore Corrado IV, impegnato in Germania contro l'antirè Guglielmo.
Manfredi continuò con la politica del padre, ma vista l'impossibilità di difendere il continente, si disse pronto a riconoscere le pretese e a consegnare il regno siculo-pugliese alla Chiesa, salvi sempre i diritti di Corradino. La scelta fu felice, infatti la pace fu conclusa alla fine di settembre del 1254, e Innocenzo IV per guadagnarsi l'animo di Manfredi, gli confermò il possesso ereditario del principato di Taranto e delle contee annesse e lo creò vicario pontificio di qua dal Faro.
Ma la pace tanto sofferta era destinata a durare poco, infatti durante il viaggio, nell'ottobre dello stesso anno, in cui Manfredi accompagnò il Papa nelle province meridionali, visitando San Germano, Montecassino, Teano, Capua e Napoli, si accorse degli atteggiamenti assunti dal pontefice di vero sovrano che non coincidevano con gl'interessi del nipote Corradino e l'incidente raccontato gli diede l'occasione per rompere nuovamente con la Santa Sede.
Seguirono numeroso battaglie tra lo svevo e lo stato pontificio ed i suoi alleati.
Il 7 dicembre del 1254 morì a Napoli Innocenzo IV a cui segui Alessandro IV e successivamente Urbano IV, che scomunicò nuovamente Manfredi e cercò di assegnare il Regno di Sicilia a qualche sovrano più influenzabile dal papato, ma senza successo. Nel 1263 riuscì, invece, a convincere Carlo I d'Angiò, fratello del Re Luigi IX di Francia e "senza terra" a prendere Sicilia e Piemonte. Lo stesso Papa avrebbe incoronato Carlo Re di Sicilia l'anno successivo: i Francesi d'Angiò venivano ufficialmente chiamati in Italia per una sorta di Crociata nei confronti degli Svevi. Nello stesso anno 1264 moriva il Pontefice Papa Urbano IV ed a questi succedeva Clemente IV che proseguì la politica anti-sveva e favorì ulteriormente lo scontro con gli Angioini. Carlo giunse nell'Italia centrale ed a Roma, ove fu incoronato re di Sicilia il 6 gennaio 1266 e, quindi, mosse verso il Mezzogiorno e poté entrare nel regno con poca difficoltà dopo che le truppe di Manfredi cedettero sul ponte sul Garigliano nei pressi di Ceprano. La battaglia decisiva di Benevento avvenne il 26 febbraio 1266; le milizie siciliane e saracene insieme alle tedesche difesero strenuamente il loro re, mentre quelle italiane abbandonarono Manfredi che morì combattendo con disperato valore. Riconosciutone il corpo, fu seppellito sul campo di battaglia sotto un mucchio di pietre ma la tomba fu ben presto violata per ordine del Pontefice ed il corpo riesumato fu deposto, quale scomunicato, fuori dai confini dello Stato della Chiesa.
Dopo la sconfitta di Benevento e la morte Manfredi, Carlo d'Angiò ebbe di fatto il controllo del regno di Napoli e si preparò allo scontro con le truppe tedesche di Corradino. Nel 1268 i due eserciti si scontrarono presso Tagliacozzo, in Abruzzo dove, anche le truppe imperiali erano già riuscite a mettere in fuga le truppe angioine, durante l'inseguimento furono sorprese alle spalle e sbaragliate da truppe francesi tenute di riserva. Corradino fu catturato, per il tradimento di un suo alleato e consegnato da Giovanni Frangipane a Carlo I d'Angiò, fu decapitato sulla piazza del mercato a Napoli a soli 16 anni.

Luigi Di Benedetto
(da Il Sidicino - Anno IX 2012 - n. 2 Febbraio)