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L'Arazzo

 

L’Arazzo
Mi piace immaginare la vita di ognuno di noi come un arazzo da ricamare.
Si comincia da un telo bianco e un'ideuzza che man mano si dipana e diventa un progetto di vita.
Ognuno di noi ha  chiaro nella mente il disegno da realizzare, lo vede già nella sua testa e gli sembra pure semplice da scrivere; poi ecco che incontri un nodo nella trama del tessuto e sei costretto a deviare, a cambiare strada ma la cosa non ti spaventa.
Continui senza sosta ad arare quel campo, felice di vedere che il progetto cresce e si realizza sotto i tuoi occhi.
Poi la tua vita si arricchisce, altri vengono ad aiutarti a completare quel lavoro che però diventa sempre più arduo. Si rischia di intralciarsi a vicenda, si rischia di vanificare gli sforzi come tra due belle forze che però hanno direzioni opposte.
Allora bisogna fermarsi, sedersi e condividere la via da seguire cosicché le due forze si sommino e il lavoro diventa meno gravoso.
Non importa chi tira, non importa chi sta al timone perché se si è in due non si potrà non fare un buon lavoro.
Mi piace immaginare la vita come un arazzo che ha delle ferite ben cucite tra gli intarsi, degli strappi ben rattoppati, che ha vissuto il dolore delle piccole trafitture di un ago che creava, legami dopo legami, un'opera viva e ricca di emozionanti sfumature.
Mi piace immaginare il colorato arabesco della vita e qualcuno che, nell'ombra, tesse la felicità.
                                                                                         Esterina De Rosa
La ricamatrice di papaveri

Un mattino ho incrociato una giovane ricamatrice
che arrossava papaveri su un candido prato,
futuro spettatore del suo amore.

Era esaltante vedere,
lei,
concentrata e attenta,
come intrecciava come quel filo ferito,
lo allentava,
lo annodava e lo slacciava,
lo faceva sparire,
lo riprendeva,
lo ordiva di nuovo…

Come un'onda sbarazzina,
la scia colorata
faceva capolino tra la bianca spuma
col suo dardo scintillante
e si rituffava veloce nel candore
per poi ricomparire,
maliziosa,
un po' più in là.

Si pavoneggiava il filo del suo andare e
ostentava il suo abito rubino sul niveo manto
fiero di dover edificare un pensiero.

Quel sottilissimo filo di sangue
era all'oscuro che una mano vigile e muta,
con certosina minuzia,
guidava la sua danza.

Ogni giorno,
quando ci parliamo, ridiamo,
ci sediamo insieme, ci confidiamo e ci ammoniamo,
ci salutiamo con l'alba e con la luna,
annodati da un indissolubile, vermiglio, domestico filo,
qualcosa  si tuffa nel campo di papaveri!

Esterina De Rosa
(da Il Sidicino - Anno XIII 2016 - n. 3 Marzo)