Continua la pubblicazione di stornelli nati dal folklore popolare delle nostre frazioni e tramandati dagenerazioni. Sono tratti da una collana pubblicata qualche anno fa.
 
 
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Indice Esterina De Rosa
 
 

Storia d'amore e di stornelli (II parte)

 

Quella mattina il postino arrivò carico di strane lettere tutte eguali.
Si fermò alla casa di Antonio e gliene recapitò una. Antonio stentatamente lesse e fu preso da una forte emozione. Era una cartolina che lo richiamava ad andare soldato. La destinazione già fissata.
Pensò subito a Marianna e intristì al pensiero di doverla lasciare.
Non ebbe il coraggio di andare da lei e dirglielo a voce; così le mandò una lettera nella quale scrisse:
Partenza che nun fussi mai venuta
Ra chisti luoghi me ne vuoi mannà
Partenza aspettammecce natu ppocu
Fammece ì cua a nenna mia a parlà.
Quanno cua a ninna mia ci'aggio parlato
Parti partenza, e portame addò vuo'

Quando Marianna ricevette la lettera recapitatale da un ragazzino e ne lesse il contenuto, sbiancò.
Si diceva in giro che forse ci sarebbe stata la guerra e lei temeva per la vita di Antonio. Ma che poteva fare lei! Poteva solo accettare con dolore e sperare che la cosa non sarebbe andata per le lunghe. Lei era una povera donna di campagna che amava il suo Antonio e delle cose degli uomini sapeva ben poco.
Allora mandò a dirgli per lo stesso ragazzino che si sarebbero visti e parlati quella stessa sera come d'accordo.
Quel giorno fu lunghissimo per Marianna ma, come Dio volle, venne la sera ed attese con ansia che Antonio si facesse vedere.
Ninnigliu mio me ricette sera
Che innanzi notte passava rà ccà.
S'è fatta notte e nun se vere venì
Stu coe mio non sape che pensà
Veru nà campanella rullerà*
Sarà lu segno che starà a venì

Inutilmente però attese. Ad ogni fruscio sobbalzava credendo fosse lui. Ma Antonio non venne né quella sera né altre.
Nella cartolina di Antonio c'era scritto che doveva partire subito e raggiungere la destinazione entro la stessa sera.
A Marianna, quando si rese conto che non sarebbe più venuto, si strinse il cuore e iniziò a piangere silenziosamente.
In quelle lacrime c'era tutto il dolore del distacco, l'incertezza del futuro, la consapevolezza di non poter far nulla per cambiare la realtà, la dolorosa certezza che l'unica cosa da fare era di aspettare.
Quando si fu calmata si mise al tavolino e con la sua grafia incerta scrisse:
Partice lettera mia benigna e cara
Partice pe' pietà che è giunta l'ora
Quanno a chelle parti giunta sei
Innanzi a lu bene mio v'appresentate,
n'a parola mparte mia me ri ricite
che nun se scorda affetto e' nnammurata
che nun se scorda chi tantu r'amava
e quanto affetto i' raggio volutu.

Esterina De Rosa
(da Il Sidicino - Anno II 2005 - n. 7 Novembre)