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La Befana - Il lato buono della strega

 
"Viene viene la Befana
vien dai monti a notte fonda.
Come è stanca! La circonda
neve, gelo e tramontana."
GIOVANNI PASCOLI
 

COME DA TEMPO IMMEMORABILE, ANCHE QUEST'ANNO MIGLIAIA DI BAMBINI APPENDERANNO NELLE LORO CASE, ALLA CAPPA DEL CAMINO O VICINO ALL'ALBERO DI NATALE UNA CALZA VUOTA ABBASTANZA GRANDE PER CONTENERE I REGALI DESIDERATI. EPPURE NON SONO PIÙ MOLTI CHE SEGUONO QUEST'USO. COME SE NON BASTASSE IL NATALE… ANCHE IL GIORNO DELLA BEFANA STA PERDENDO BUONA PARTE DELLE SUE CARATTERISTICHE TRADIZIONALI.

 

Tanto tempo fa, diciamo quasi un secolo fa alla fine delle feste natalizie, ultimo giorno di vacanza per i piccoli e ultima occasione per ricevere doni, si appendeva una calza prendendola magari in prestito dai fratelli maggiori accanto al camino e si attendeva con apprensione il giudizio della vecchina che avrebbe decretato se si era stati buoni o se era stata commessa qualche marachella di troppo. Perché questo era il momento della resa dei conti. Stava a lei farci i conti in tasca. E allora ecco che la mattina del 6 gennaio si trovavano nelle calze noci, nocciole, un mandarino, dei dolcetti e altre ghiottonerie del genere … se si era stati buoni.
Nel caso invece che il nostro comportamento non fosse stato conforme al galateo, se si era iniziato male l'anno scolastico, se si commetteva qualche piccolo delitto (rubato troppa marmellata) nella calza si trovava del carbone. Che delusione!!!! La Befana non ci aveva ritenuti degni di qualche piccola dolcezza, di un premio che ci facesse iniziare la scuola il giorno dopo con meno apprensione. Eppure a quei tempi anche un pezzo di carbone poteva essere utile eccome!!!! Non si aveva mai abbastanza caldo, né in campagna né in città. Fatto sta che per un bambino di quei tempi anche un po' di frutta secca o un dolcetto o, meglio ancora, qualche caramella erano delle leccornie non da poco, che se ne faceva del carbone?
Qua a Teano era in voga una striminzita Befana del vigile che poi si attualizzò in quella modernizzata del Campanile, ma niente di più a livello pubblico. Prosperava invece a tutta scappata nelle abitazioni private e con qualche trovata stravagante in campagna.
Ma la festa della Befana che origini ha? Che il suo nome abbia delle connessioni, qualche strascico, e un briciolo di etimologia nel termine Epifania i grandi dotti non lo possono negare. Ma che c'entra coi Re Magi? Che fossero tre e re lo dicono solo certi Vangeli apocrifi che pochi conoscono, ma che da millenni hanno dato spunto alla maggior parte delle credenze popolari. La devozione popolare si è sempre nutrita di queste piccole cose, cose che oramai per noi sembrano solo favole per bambini, ma che hanno avvicinato e tenuto attaccato il popolo alla fede. Melchiorre, Gaspare e Baldassarre, che c'entrano con la Befana? Anche i loro nomi non compaiono nella Bibbia. E per di più solo in Occidente si fa coincidere il 6 gennaio con la data in cui i tre Re, Sapienti, Magi portarono i loro omaggi al Re dei Re, al piccolo Gesù che tanto avrebbe dato per tutti noi.
Se guardiamo a Oriente peggio che andar di notte. Loro, gli Ortodossi per intenderci, fanno coincidere il 6 gennaio con la data del Battesimo di Cristo nel Giordano e i Magi li fanno arrivare da Gesù il giorno di Natale. E che c'entra la povera Befana col Battesimo? Fosse Giovanni Battista lo capiremmo, ma una vecchina, dimessa, lacera e carica di doni cosa c'entra col Battesimo? Sarà una vecchia zia che, come molte anche oggi, porta i regali al nipotino che entra a pieno titolo nel popolo cristiano?
Forse dobbiamo andare a prendere altre tradizioni, altre leggende, altri spunti.
Una tradizione ci spiega la connessione coi Magi. Una fredda sera d'inverno, tre ricchi personaggi bussarono alla porta di un'anziana signora e le domandarono la strada per raggiungere Betlemme, dove doveva essere nato un grande Re a cui loro dovevano rendere omaggio. Ovviamente erano i Magi e il pargoletto era Gesù. La vecchina indicò loro la strada, ma non si unì a loro nonostante le insistenze, dicendo che aveva troppo da fare.
Appena se ne furono andati cominciò a rimuginarci su e si rese conto di aver perso una occasione importante. Si affacciò alla porta, ma i tre Signori erano scomparsi alla vista. Allora chiuse la porta, si armò di coraggio e, portando con sé le poche cose che aveva in casa, iniziò il suo pellegrinaggio andando di casa in casa, bussando e lasciando un pensierino a tutti i bimbi che incontrava, sperando che prima o poi uno di loro potesse essere il Re cui avevano accennato i Magi. Da allora vaga per il mondo, dispensando doni ai bambini, cercando tra loro Gesù.
La raffigurazione della Befana non concorda molto con questa immagine. A parte la vecchiezza, che ancora può avere un senso, pare strano che usi come mezzo di locomozione una vecchia scopa, una di quelle di una volta, fatta di una fascina di saggina o di rametti di gaggìa, come quelle che si usavano per spazzare l'aia. Non bisogna però confonderla con una strega per via della scopa, perché è sempre sorridente e porta con sé un sacco pieno di dolcetti e caramelle.
Una parte della leggenda deriva di sicuro dalle figure folcloristiche dispensatrici di doni legate alle festività natalizie proprie dell'Italia centro meridionale. L'origine è probabilmente da far risalire a tradizioni agrarie pagane relative all'inizio dell'anno. Il suo aspetto dimesso e vetusto può essere messo in relazione con l'anno trascorso che sta per rinascere come anno nuovo dopo aver bruciato quello vecchio. Il rogo di fantocci vestiti d'abiti logori all'inizio dell'anno è tradizionale in molti paesi europei. L'uso dei doni assumerebbe quindi un valore propiziatorio per l'anno nuovo.
Alcuni tratti caratteristici possono anche alla lontana ricordare la Janara di cui i dottori, tre come i Magi, Antuono, Giorgio e D'angelo hanno fatto articolata trattazione da questa testata. Riassumendo, la Janara nella tradizione campana, è una delle streghe che popolano i racconti popolari. Il suo nome potrebbe derivare (etimo piuttosto bislacco) dal nome Dianara, sacerdotessa di Diana. Altra etimologia piuttosto improbabile potrebbe essere quella di far derivare il suo nome da ianua (porta), visto che era una strega che insidiava le porte. La leggenda narra che la Janara va in giro di notte, entra nelle stalle per rubare uno dei cavalli, in genere il più veloce, e lo cavalca tutta la notte. A volte poteva anche prendere un asino o un altro animale. Era completamente nuda e se veniva scoperta assaliva il ficcanaso e spesso allegramente lo uccideva sbranandolo. Era evidente che era passata la Janara quando al mattino lo stalliere trovava uno dei cavalli con la criniera a treccine sfiancato, sudato e il più delle volte a tal punto da essere così stanco da morirne. Non era una strega socievole tanto che era sempre sola, forse anche per la sua aggressività e il suo comportamento acido. Un modo per catturarla era quello di immergersi in una botte piena d'acqua e acciuffarla per i capelli, suo punto debole. Per tenerla lontana, invece, occorreva mettere davanti alla porta una scopa o una fascina di rametti sottilissimi. In questo modo era distratta dalla scopa perché si metteva a contare i rametti finché la luna scompariva e lei era costretta ad andarsene. Da qui, presumibilmente hanno origine le ben note scopette scaccia guai che spesso si trovano appese alle porte delle case o in prossimità di esse. Un modo tradizionale, sulla scia di quanto appena detto, per scoprire la Janara è quella che indica che la scopa deve essere messa dietro la porta della Chiesa durante la Messa della notte di Natale. Al termine della Messa, mentre tutti potevano tornarsene a casa, lei la si sarebbe trovata intenta a contare i fili della scopa. La Janara poteva anche essere scoperta se durante la notte si recitava una frase magica: “Janà vié pe' sale” (Janara vieni per il sale). Così il giorno dopo per magia la donna che si sarebbe presentata a chiedere del sale sarebbe stata la Janara.
Altro atto scaramantico è posizionare accanto alla porta un sacchetto di sale, per qui lei è costretta a contarne i granelli e la si può tener lontana con questa insulsa operazione.
Fatto sta che anche questa leggendaria tradizione non calza appieno con la buona vecchina che ci porta i doni nella notte tra il 5 e il 6 gennaio. Non è così idiota da perdere tempo a contare rametti o grani di sale. Anche se è presente la scopa, lei non la cavalca e non lascia doni.
Una spiegazione di fantasia molto bella si può trovare in una pubblicazione di qualche anno fa (Marco Corsini Inzerillo, Rachele l’ebrea errante - La vera storia della Befana, Firenze 1987). Riallacciandosi alle narrazioni neotestamentarie l'autore fa risalire le origini della Befana ai tempi della nascita di Gesù. Narra che c'era una donna, vedova e ricchissima, che abitava vicino a Betlemme con il suo figlioletto appena nato. Quando Erode, per timore che si avverasse la predizione secondo la quale sarebbe nato un Re che lo avrebbe spodestato, iniziò a far uccidere tutti i bambini sotto l'anno di età, la cosa riguardò tutte le mamme sia povere che ricche. La disperazione di queste donne non aveva uguali e la donna, che si chiamava Rachele (come la biblica madre di Giuseppe e Beniamino, una delle madri del popolo d'Israele, citata anche in Matteo 2,17 a proposito della strage degli innocenti), vide il suo bambino morire trucidato davanti ai suoi occhi, non resse al dolore è quasi impazzì. Resasi conto che tale strage non sarebbe cessata se non fosse stato preso il bambino per cui era iniziato tutto e consapevole che erano proprio Maria e Giuseppe i ricercati prese con sé il giocattolo preferito del figlio, una raganella che agitava per la disperazione riempiendo l'aria del suo rumore, si diresse come una furia al palazzo di Erode e lo convinse a mandare con lei un gruppo di soldati per raggiungere la Sacra Famiglia.
L'andatura dell'asinello non poteva competere con i veloci cavalli di Erode e ben presto il trio fu avvistato. La pattuglia, con alla testa la donna sfigurata dalla disperazione per la funesta perdita, stava quasi per raggiungerli, quando si levò una vorticosa tempesta di sabbia e il drappello venne disperso. La scena dopo vede il risveglio di Rachele in un'oasi dove stavano anche i tre fuggiaschi. Erano oramai in Egitto e lei si avvicinò al gruppetto. Giuseppe dormiva. Maria e la donna si fissarono e Rachele colse negli occhi di lei un infinito amore. Il bambino tra le sue braccia sorrideva felice. Si avvicinò col giocattolo del figlio e lo diede a Gesù. Appena lo agitò non si udì rumore, ma un'angelica melodia che pareva di origini celesti. In questo modo l'odio di Rachele mutò in amore per tutti i bambini del mondo. Il suo lutto divenne la sua missione perché ebbe in cambio del suo dolore il compito di far felici tutti i bambini del mondo. Da allora Rachele percorre le strade del mondo, sempre giovane e bella, portando doni e gioia ai piccoli.
Comunque la si metta c'è sempre qualcosa che non quadra. Ma si sa che trovare una logica nelle leggende non sempre si può. Come le migliori tradizioni anche questa ha subito trasformazioni, raccolto spunti, rielaborato antiche superstizioni e nuove tendenze.
Che sia stata una strega non lo si può credere, che abbia origini e nome semitici forse nemmeno. La nostra cara Befana continuerà a portarci doni il 6 gennaio, forse per ricordarci il nuovo anno che inizia, il battesimo di colui che ci ha mostrato la via per una nuova vita, il cambiare di anno con più fortuna e prosperità o forse solo per rincorrere i sapienti Magi che diedero a suo tempo i doni a Gesù e che lei non ha ancora trovato.
Quello che conta è che la simpatica vecchina, comunque la si raffiguri e quale che sia la sua origine, ci porta gli ultimi doni delle feste, che sono i primi regali dell'anno. Piccole cose che però sono le grandi gioie della vita…
Una noce, un pugno di caramelle, qualche cioccolatino e perché no… un po' di carbone, ma di zucchero perché possa riscaldare i nostri cuori di eterni bambini che avranno fatto qualche marachella, ma che lei sa comunque perdonare. Come Rachele che ha ascoltato la musica del cuore.

Giulio De Monaco
(da Il Sidicino - Anno VI 2009 - n. 1 Gennaio)

I Magi nel mosaico dell’Epifania nel Museo Archeologico di Teano
Befana dei figli dei dipendenti Motta negli anni ’60 - Il Presidente dell’Associazione «Erchemperto»,
allora giovane Presidente del Cral Motta distribuisce i doni
Prima edizione della "Befana sotto il Campanile" organizzata dall’Associazione «Il Campanile»
Anno 2000 - Le Befane giungono sullo scooter
La Befana del Vigile negli anni ’60: Paride Cataldo e Giovanni Izzo.