Caro Don Michele, diletto Padre,
qualche anno fa mentre l'estate si preparava a sfumare negli ori dell'autunno
te ne sei andato, in punta di piedi come tuo stile.
Hai lasciato la tua sobria canonica, la tua chiesa raccolta e la tua amata Madonna.
Ci hai lasciati più poveri, orfani di quel dolce sorriso che apriva squarci di cielo.
Ti sento sempre accanto a me, delicato e dedicato, amabile maestro di vita.
Rivedo nelle trasparenze dell'alba la tua figura elegante e discreta,
i tuoi occhi profondi nascosti da occhiali lievemente fumé.
Risento le tue freddure che davano allegria a quanti ebbero il dono di frequentarti.
E dopo un poco, a scoppio ritardato, seguiva la tua, rotonda, sonora, vibrante risata.
Ti rivedo giovane pretino cavalcare un altrettanto giovane motorino
per la lunga strada arabescata da ciliegi che ti portava a casa sul far della sera,
ombra tra ombre, luce tra luce.
M'intristivo quando sul tuo tetto di capelli scendeva sempre di più la neve del tempo.
Riguardo le tue pergamene intessute di mare, di prato, d'oro.
Ti rivedo infine Vicario Generale, autorevole, mai autoritario,
paterno e comprensivo, attento e premuroso. Un vescovo ti aveva utilizzato
come la donna dello schermo di dantesca memoria.
Ne soffrivi, sempre in certosino silenzio, senza farne un dramma.
Hai fatto della tua vita un olocausto, ti sei donato senza risparmio, con infinito amore.
Ora celebri la Messa dell'eternità col venerabile nostro Vescovo Matteo
sull'altare della celestiale beatitudine.
Giulio De Monaco
(da Il Sidicino - Anno V 2008 - n. 9 Settembre) |