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Ci sei sempre

 
Dopo la pubblicazione del componimento di E. D’Angelo, del mese scorso, ci fa piacere presentare ora il racconto con il quale, la Dr.ssa Laura Croce, residente a Sessa, ma nata a Trieste, madre del nuovo Segretario Generale del Comune di Teano, che vanta antichi e forti legami con Teano, il 18 agosto u.s. ha vinto il premio “Emilio Argiroffi”, sezione racconti, bandito dalle Amministrazioni Provinciale e Comunale di Reggio Calabria.
 

Mia indimenticabile e insostituibile,
ora non ci sei!

Non dico: “Non ci sei più”, perché per me ci sei sempre, cara e vera, come quando ti rivedevo, dopo un po' di tempo dall'ultima visita.
Appena arrivavo da te, che abitavi in un borgo poco distante da casa mia , Martina, (la tua governante-amica) cieca e un po' sorda, si affacciava alla finestra del primo piano, guardava giù e, quasi prima che io parlassi, farfugliava nel suo italiano dialettale: “Ah.. Sig. Luisa, siete voi, salite, salite”.
Come abbia fatto ogni volta a riconoscermi senza vedermi, ancora devo scoprirlo. Eppure ci riusciva. “Donna Lisetta è un attimo in camera, ma è pronta”. Mi riceveva sempre con queste parole, questa era la sua affettuosa accoglienza. Sì, perché nella tua casa, zia, ogni cosa era affetto.
Tu, intanto, quasi a farti desiderare di più, eri ancora nella tua stanza.
Infatti, l'ultimo tocco o ritocco, tu te lo davi sempre quando io ero già arrivata.
Intanto mi accomodavo nel salottino e poi, molto desiderata, finalmente entravi tu: regale come le regine, col tuo scamiciato fresco di stiro, la camicetta con le ruches ai polsi e al collo - come un'importante gorgera -, uno scialle sulle spalle e le braccia aperte all'incontro.
E subito, col tuo primo bacio, ero avvolta nella nuvola del tuo caratteristico profumo: non un vero e proprio profumo, ma un misto di sapone, borotalco e forse qualche goccia (ma non l'hai mai confessato!) del classico “Il mio sogno”, così antico, così bello. Inconfondibile, quel tuo profumo di pulito, discreto e persistente, che da sempre era l'alone caratteristico della tua persona.
Eri tu… Fatta così, ordinata e perfetta con i tuoi abiti ormai purtroppo modesti -- non potevi consentirti altro ---- ma dignitosissimi. I capelli biondi erano pettinati all'indietro, un po' ondulati, con un'arricciatura alla base della nuca, dove appuntavi sempre un grazioso fermaglio.
La tua casa era povera, adesso. La guerra ti aveva tolto tutto, mobili, soprammobili, corredi, biancheria, gioielli e arredi. Aveva violentato, con le bombe, anche il vostro splendido palazzo, che guardava, dal costone in alto, tutto il paesino sottostante, con il Duomo e la Collegiata storica del XII sec., in un mare verde: castagni, larici , pioppi, ciliegi, noci. Era un verde che non finiva mai . E da tutti i balconcini stretti e lunghi in ferro battuto, lavorati sapientemente a petto d'oca - credo fossero, sulla facciata del paese, almeno otto - si poteva pensare e dire che quel luogo così ospitale fosse una stanza del paradiso.
Mia insostituita e tanto cara! Non era solo una stanza, era proprio il paradiso tutto intero! Era la testimonianza terrena che il paradiso esiste. Forse era il silenzio sovrumanamente intenso o forse l'atmosfera di pace che vi regnava, da sempre, a testimoniare che il trascendente esiste e si manifesta.
Anche nel susino sotto il primo balcone: “gocce d'oro” le chiamavi, quelle susine bionde come le spighe del grano maturo, dolci come ambrosia, tonde come biglie. Erano un vero miracolo della natura.
Specialmente oggi ho voglia di parlare con te, di raccontarti le mie cose. Sono venuta per vederti, ma - confesso - anche per raccontartele, tutte le mie cose, perché sei l'unica persona disposta ad ascoltarle con amore, comprensione, disponibilità…
Siamo sedute accanto al camino, nella stanza che funge da salotto. Fa freddo, e parecchio, ma vicino a un fuoco scoppiettante, non lo si sente più tanto. Anzi c'è addirittura troppo caldo. “Metti questo asciugamano sulle ginocchia, se no qualche scintilla può bruciarti le calze” - aggiungi subito - porgendomelo, un telo di lino bianco, ricamato, certo antico, chissà come scampato alle razzie dei soldati, a lungo padroni in casa vostra.
Ed ecco che inizia la lunga serie delle offerte: “Vuoi un caffè ,un po' di aranciata, dei cioccolatini, qualche caramella… oppure una fettina di panettone che ha fatto la mia vicina di casa?”
Qualcosa devo prenderla per forza, se no, ti dispiaci. “Perché così poco?” La tua espressione è un po' delusa, già rassegnata. Tu sai che mangio poco, ma la tua educata discrezione non ti fa insistere oltre.
Il bagno dove chiedo di andare, dopo un po', è uno stanzino piccolissimo, con una finestrella che con la sua tendina a merletti, sembra finta. C'è un minuscolo lavandino; di lato, la tazza con l'antica catenella di scarico. Non c'è acqua calda, ma non mancano sulla mensola sopra il lavandino con una saponetta nuova, il borotalco Roberts, una boccetta di lavanda, un pettine pulitissimo e poi, vicino alla porta, la cosa più affascinante: due spettacolari asciugamani in lino damascato color ecru, con tanto di iniziali ricamate e una mano di frangia accuratamente pettinata, che pendono da una sottile bacchetta metallica Sono stati appena cambiati - (per me, ovviamente) - e ripassati a ferro da stiro per togliere le pieghe. C'è solo lo spazio per girarsi, ma quel piccolo bagno con le sue catinelle in ferro smaltato bianco poggiate a terra, profuma di tutti gli aromi del pulito.
Tuo nipote Amedeo e io veniamo spesso a trovarti nei giorni di festa. C'è ancora tua sorella, l'adorabile e ruvida Sandra.
È domenica. Dal portone si spande un profumo di pollo ruspante al forno e di ragù cotto nella pentola di terracotta. “Ma perché ti sei affannata a preparare pietanze così lunghe da cuocere ?” - chiedo. Sorridi scherzosa negli occhi ammiccanti e con voce timida rispondi: “Sai, noi mangiamo ogni giorno così!”…… tralasciando di dire che tu vivi con una tazza di latte e una fetta biscottata e la mattina, e per colazione, con un intero bicchiere di premuta di limone senza zucchero. Farà bene alla salute, credo, visto che sei arrivata all'età di 94 anni, lucida mentalmente e con la pelle di seta e - senza occhiali -!
Dobbiamo necessariamente prendere un caffè, prima di esser invitati, in attesa dell'ora di pranzo, a fare la nostra splendida passeggiata tra i castagni di una delle tue tante proprietà. Io ne sono entusiasta. Però…
“Non rendono più niente - commenti con dolore rassegnato - non si trovano più neanche gli operai per lavorare la terra… Ma due patate te le darò lo stesso”.
È zia Sandra che, con un vecchio “famiglio” affezionato che abita non lontano da voi, recupera quel che può da terreni trascurati. “Sai, solo l'orticello delle gocce d'oro possiamo curare, ora… Ma dimmi, ti serve del sedano, qualche cipolla o i pomodori per l'insalata?”
So già che ce ne andremo carichi di doni, quelli che tu hai già raccolto e preparato con la pazienza delle ere geologiche. Aleggia dappertutto una nube densa di inesprimibile serenità.
Dopo l'abbondante e succulento pranzo, ci attende un'altra abitudine assolutamente indimenticabile, nel suo essere troppo bella: il riposino in una delle stanze a letto matrimoniale, con le lenzuola che più fresche e profumate non si può.
E poi il risveglio col caffè in camera e finalmente una lunga piacevolissima chiacchierata, con tutto l'amore e il piacere di stare insieme.
Che ricordi, mia amata! Come si può dimenticare o non sentire “ancora” tutto quell'amore…
Ora, nel tuo abito mortuario, sei ancora più bella, più di una regina: ti hanno deposto su un alto cavalletto, bordato da ogni lato di velluto nero liscio arricciato .Indossi una redingote nera, col bustino a doppio petto, l'abito è lungo fino alla caviglia, le calze sono nere velate e le scarpe di vernice nera. Le mani sono congiunte in preghiera e fra le dita ti hanno posto un rosario bianco di madreperla. Sui capelli biondi spicca un velo di pizzo, prezioso, splendido! Sembra fatto apposta per te. Sei perfetta, come eri da viva.
Chiedo a tua nipote Giovanna (che ti ha assistito sempre, e con tanto affetto, nella sua casa, da quando ti sei ammalata fino alla tua fine,) come aveva fatto a trovare in poco tempo tutto il tuo abbigliamento, di cui era curato ogni particolare: “Ma zia Lisetta aveva preparato tutto lei, da tanti anni! Si era scelto il modello, il tessuto, tutto…” risponde. Incredibile.
Ecco, eri stanca di vivere, eri malata da troppo tempo, perciò avevi scelto di preparare tutto in anticipo, quasi come per un gran bel giorno di festa…
Dio, come sei bella! Nella fretta non ho portato con me la macchina fotografica con cui ti volevo immortalare… Ormai non è possibile. Ma tanto sei ugualmente impressa nella mia mente, per l'eternità…
Che dolore devastante sto provando adesso, mentre ti guardo! Mi sembra tutto così impossibile, assurdo! Per tanti anni sapevo che c'eri, sapevo che c'eri tu a Gravino, che potevo telefonarti, che potevo venire a trovarti e in te avrei trovato accoglimento, affetto, cuore, calore, premura. Tutto questo me l'hai sempre dato, mia adorata e insostituibile! E so che me lo darai sempre, tutto questo, anche dal paradiso dove ti trovi ora.
Ma intanto, con la tua fine, mi sembra che la vita mi stia franando addosso, buttandomi nel panico. Dovrò tristemente trovare qualche strategia per sopravvivere alla scomparsa di una persona cara, così unica.
Ricordo --- quando è finito tuo nipote, Amedeo, mio marito, --- (ho voluto categoricamente comunicarti io la sua fine improvvisa), tu sei scoppiata a piangere per il troppo dolore. Io ti abbracciavo e le mie lacrime si mescolavano alle tue. Eri tenera e dolce anche in quel tragico momento… Hai pianto flebile, quasi silenziosa per un po', piccola, come per un lamento ferito, con la testa tra le mani, tutta un tremito. Poi, come attanagliata da un presagio funesto, hai alzato gli occhi ancora in lacrime verso i miei, e mi hai chiesto: “Luisa, e adesso come farai? E lo studio? Tu fai altro nella vita e Federica non è ancora laureata…”
Sei stata capace di passare oltre il tuo dolore, per compenetrarti nel mio… Che grande affetto, quanto amore…
La morte di Amedeo, infatti, pur nella tua lacerazione, (tu l'avevi subito capito, senza che io parlassi) avrebbe sconvolto la mia vita. E fu proprio così… Ancora oggi vivo quell'apocalisse psicologica e materiale che la sua fine causò.
Ero andata in pensione dalla scuola un po' prima del tempo, non ci trovavo più soddisfazione, ero sempre in tensione, volevo realizzarmi in un altro modo, cercavo altri interessi. Così mi ero trovata, all'improvviso, travolta da un'ondata di tempo libero: una mattina intera tutta per me.
Era una festa! E ti ricordi, zia, come la passavo? Venendo a trovarti il più possibile. Anche d'inverno, in quella tua splendida casa (senza ormai restauri, non avevi il capitale necessario, e io, se l'avessi avuto, ti avrei aiutato, perché era il tuo tormento silenzioso vivere in quello che era stato un palazzo lussuoso e ora era una casa tutta lesionata, dal tempo e dal terremoto).
E sapevo che un'altra spina ti pungeva il cuore: non c'era più la tua bella tomba di famiglia: “E quando muoio, dove finirò? E zia Sandra? Chissà se riuscirò mai a rifarmela…”
Purtroppo non è andata bene.
Siete ospiti, ora, tu e zia Sandra e la dolce Martina, nella cappella di alcuni cugini. Non sei la regina di un bel monumento, come silenziosamente volevi e meritavi… Ma sei il più bel monumento nei miei ricordi e nel mio cuore, questo sì.
Punisce ingiustamente la vita, colpisce le persone che meno meritano una punizione .
Il quadro del nostro destino non lo dipingiamo noi, c'è un “aldilà” che vede oltre i nostri occhi e le nostre valutazioni, e rende ancora più indicibile l'indicibile.
Eppure tu sprizzavi serenità da tutti i pori della pelle, nonostante i tuoi grandi problemi, anche di salute: ti amavano tutti! E, nel mio piccolo, io cercavo sempre di darti una mano.

Ricordi quel pomeriggio di febbraio? Che acquazzone!!! Ne avevamo parlato per telefono, appena spiovuto. E così, il giorno dopo sono corsa da te, con una siringa di silicone: nella mia ingenuità affettuosa, volevo sigillare tutte le fessure delle grosse porte di legno dei balconi, ormai logorate, per evitare altre infiltrazioni di acqua nel salone. Naturalmente fu solo un'illusione, la mia, la tua. Ma tu, quella mattina (mattina di sole dopo la tempesta) eri felice. E io più di te.
Come lo eri stata quando, comperandolo per me, avevo comperato anche per te un caldo scialle di lana… Non finivi di ringraziarmi .Mi facevi capire che, in mezzo a una folla di nipoti, ero io, forse, la tua nipote prediletta, quella da cui ti sentivi molto compresa, perché sapevi quanto io ti comprendessi.

Il profumo del sedano del tuo orticello sta spandendo, ora, nella macchina del ritorno, il senso di antiche tradizioni, sento l'ondata di un passato che mi sta travolgendo.
È sicuro - mi domando - che ho saputo godere di te, della tua bontà, che ho saputo esserti vicina come meritavi? Oppure ho vissuto senza accorgermene, con superficialità ,un periodo così intenso e vero della mia vita? Ho vissuto l'”ADESSO” che invece è sempre trascurato, perchè si vive proiettati nel futuro, non si vede il presente e il domani è tanto incerto?
Intanto, in questa atmosfera di ora, fatta di nostalgie, fantasie struggimenti, rimpianti, ti prego zia, sii ancora presente, vicino a me. Lo sai che mi manchi, lo sai che fino al fondo sento il vuoto che hai lasciato.
E non solo a me. Riesci a sentirmi? Puoi scorgere dalle nuvole dove sei ora, qualcosa di me che per sempre ti apparterrà? E senti l'amore con cui io sempre ti apparterrò?
C'è nebbia, il tempo è freddo e umido, piovoso. Buio. Tutto attorno sembra vecchio e muffito: eppure tu sei riuscita a conservare in quella casa la tua gioventù, sento sempre la tua risata inconfondibilmente argentina, - giovane come quando eri ragazza - chiacchierando sotto l'albero dei loti che splende, davanti al portone, coi suoi gingilli gialli, ora senza foglie. Il passato, come la vecchiaia, per te non esiste. Esiste solo il tuo bel presente, fatto di ricordi belli, quelli che tu regali ancora sorridente a chi ha avuto la fortuna di incontrarti nel suo cammino!
Ci sei sempre!
Come quella mattina di primavera, in un'aria che era tutta profumo, e che io respiravo a pieni polmoni dalla finestra della tua camera- eri già da tempo ferma nel tuo letto, bianca come le lenzuola di lino ricamate e ti ho detto:”Come è bella questa campagna ,zia! A me la campagna piace così tanto, che vorrei viverci… Amedeo non l'ha mai voluta comprare… Mi sarebbe bastato anche un solo albero di castagno…”
E tu, di rimando, subito, senza pensarci un attimo:”Non ti preoccupare, te lo lascerò io, un albero, se questo ti può far felice!

Nel testamento il castagno aveva il mio nome.

Laura Croce
(da Il Sidicino - Anno X 2013 - n. 10 Ottobre)