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Teano, peccato che...

 

Quando si ama una persona fa piacere che gli altri l'apprezzino ma senza esagerare perché si è un po' gelosi di un rapporto a due.
Quando si ama un paese può solo far piacere l'apprezzamento degli altri.
Mi capita sovente frequentando persone di altre zone, di parlare di Teano che pur non essendo il mio paese di origine lo è ormai d'elezione dal momento che vivo qui da ormai trentacinque anni.
Senti dire “Ah, Teano, che bel paesino” e il cuore si allarga di soddisfazione.
Poi c'è il seguito: “Peccato che…”
Ecco è questo “peccato che”, questo “però” questo “ma come mai” è questa aggiunta al commento che distrugge tutta la poesia e il cuore si stringe in un pugno.
Mi sento responsabile di non aver saputo scegliere un posto migliore per vivere? Mi sento sicuramente responsabile di non aver saputo combattere per un paese migliore.
Non che lo abbia fatto, ma ormai la stanchezza, la percezione che qualsiasi cosa tu possa dire o fare si scontra contro un muro di gomma mi toglie la voglia e il gusto di intervenire.
Un'alzata di spalle come per dire “che ne parliamo a fare” chiude il discorso.
Eppure sento che non è giusto, non è corretto, non è civile abbandonare il contendere per cui sono qui a voi con queste poche note.
Le persone che giungono a Teano entrano in contatto per prima cosa con la posizione del paese, con il clima, con l'impianto urbanistico che sono cose che colpiscono positivamente e che per fortuna non possono essere stravolte. Il centro storico è gradevole, abbastanza piccolo da poter essere vissuto come un unicum, stratificato dal punto di vista architettonico per chi sappia guardare e con delle eccellenze notevoli quali il Museo Archeologico. Questo al primo sguardo; al secondo si comincia a notare la sporcizia, il traffico caotico, il parcheggio selvaggio; al terzo i palazzi malandati, le case abbandonate, le serrande dei negozi abbassate e arrugginite da tempo, e poi la mancanza di strutture, di spazi attrezzati, di posti di sosta.
Ecco il perché dei “ peccato che”.
Teano non era così negli anni scorsi, lo è diventata per due motivi gravi da imputare alle Amministrazioni Comunali: il distruggere e il non ricostruire.
Non voglio entrare in polemica per tutto ciò che la città non ha più, non so se c'è dolo nella perdita della Pretura, dell'Ospedale e di altre strutture, forse non si è saputo o voluto o potuto fare diversamente; quello che è imperdonabile è la mancanza di visione prospettica, di capacità di prevedere, di fantasia, in poche parole di volare alto.
Il Loggione, splendida struttura, ospita un Museo che manca di lampade per illuminare al meglio le vetrine dei reperti, ed ha una sala conferenze anch'essa carente di illuminazione e senza impianti di riscaldamento.
L'Annunziata dopo decenni di lavori è stata adibita a sala conferenze senza prevedere un adattamento acustico per cui se sei il relatore senti cosa dici, ma se stai già di fianco non capisci nulla.
Il complesso dell'ex Istituto Regina Margherita, altro pezzo storico e bellissimo non si sa cosa farne: è così difficile pensare ad una scuola di restauro a livello nazionale?
Lo spazio della fiera è lasciato a se stesso, ospita un paio di volte l'anno i camperisti e una volta quello che ormai è poco più di un mercatino rionale; ma se fossero stati piantati non dico tanto, dieci alberi l'anno, già ne conterei trecentocinquanta e sarebbe di certo uno spazio più vivibile. Basta dare un'occhiata a quanto è stato realizzato al Santuario di S. Antonio per capire come si fa quando si vuol fare.
È così impensabile un'area attrezzata per poter organizzare, che so, una fiera-mercato di piante e fiori?
Teano non ha una struttura coperta per ospitare eventi o per permettere alla popolazione di svolgere manifestazioni eppure anni fa sono stati vinti ventisette milioni in gettoni d'oro per realizzare un teatro tenda. Se ne son perse le tracce dell'una e dell'altra cosa.
A mio parere però c'è una cosa ancora più grave di tutte: i cittadini, se stai a sentirli, criticano ferocemente,stigmatizzano, si lamentano, minacciano per poi sistematicamente votare e rivotare e stravotare sempre le stesse persone, quelle cui manca la capacità di immaginare un paese diverso.

Marisa Coppola
(da Il Sidicino - Anno VII 2010 - n. 4 Aprile)