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Nella patria di ERCHEMPERTO

Conca, che dopo l'unità d'Italia, con Regio Decreto 9 novembre 1862, aggiunse "della Campania" per distinguerla da altre città omonime, sorge sulle pendici orientali del vulcano spento di Roccamonfina e lega le sue origini ai monaci benedettini di Montecassino, che, intorno all'anno mille, bonificarono queste terre paludose, scoprendone la fertilità e la mitezza del clima. Successivamente cominciarono a costruirvi i primi villaggi rurali intorno al Castello, da loro stessi edificato qualche secolo prima, in cui nacque il cronista Erchemperto (850 - 901), quando il territorio non aveva ancora un nome, ma apparteneva alla Contea di Teano.
In una memoria scritta dallo storico Don Giacomo Castrucci nel 1843 si legge, tra l'aItro, che Conca era nota per il suo clima, per la notevole estensione del territorio, per Ia numerosa popolazione, per I'abbondanza e la qualità dei prodotti agricoli, per le sue possenti mura e le magnifiche porte, e per essere la città natale di Erchemperto, autore della famosa Historiola Langobardorum, e di Mons. Francesco Saraceno, nato nel 1679, Vescovo e Vicario Apostolico in Cina, dove morì nel 1742.
A Conca fu attribuito il titolo di città nel 1743 non solo per le caratteristiche accennate, ma anche per i suoi antichi edifici, ricchi di arte, come le chiese, specialmente quella parrocchiale del XV secolo, alla quale era stata conferita l'onorifico titolo di Collegiata con un documento pontificio datato 14 maggio 1474 dal Papa Sisto IV.
Non si può più ammirare, invece, un altro imponente edificio, il palazzo Bartoli Galdieri, un vero gioiello, composto di 400 vani utili, fatto crollare con le mine dai tedeschi durante l'ultimo conflitto mondiale. Fu costruito nel 1900 al centro del paese con tipologie architettoniche ispirate alla Reggia di
Caserta, della quale risultò fedele copia in formato ridotto.
Attualmente e in fase di restauro il millenario Castello principesco, di cui si è già fatto cenno, sopravvissuto ai terremoti verificatisi nella zona nel1728, 1884, 1901, 1915, 1960, 1980, 1984, ma specialmente ai bombardamenti del 1943. Sono ancora parzialmente visibili, nell'atrio che apre al grande cortile interno, alcuni affreschi di scuola benedettina, tra cui uno, appena leggibile, raffigurante un Abate di Montecassino che riceve in udienza il clero diocesano.
Altro importante monumento è la Chiesa dell'Annunziata, eretta nel 1367 per iniziativa dei Domenicani che la progettarono e realizzarono con linee semplici e senza materiali pregiati, ma nello stile capace di ispirare il senso delI'elevazione, per cui, nonostante i molti restauri subiti nel tempo, conserva ancora intatto il fascino di una fede antica. La dedica alla Titolare è provata daIl'affresco posto al centro dell'arco trionfale, riproducente, appunto, il Mistero dell'Annunciazione, opera anonima, ricca di particolari, ma un po' ardua nelI'interpretazione, forse perché gli elementi rappresentati sono alquanto distanti tra loro. Sotto al dipinto furono aggiunte le insegne dell'Ordine domenicano, ossia il cane che porta in bocca una fiaccola. E come chiesa domenicana non poteva non avere un altare dedicato alla Vergine del Rosario.
Contiguo alla chiesa fu costruito, nello stesso periodo, il Monastero che, fin dall'inizio, ospitò i Padri provenienti da vari conventi, tanto da formare una regolare comunità, che vi dimorò fino a tutto il 700, cioè fino al dominio francese, quando fu espropriato e venduto all'asta a famiglie benestanti di Conca. La chiesa fu invece affidata alla diocesi di Teano e quindi alla Confraternita del SS. Rosario, già insediatavi dai Padri domenicani.
Da una recente pubblicazione storica sulla Provincia napoletana dell'Ordine di San Domenico si ha la conferma che alla fine del secolo XVII il Covento di Conca era ancora in vita, ciò vuol dire che aveva anche un buon numero di Religiosi, considerato che nel 1652 il Papa Innocenzo X, con la Bolla Insturandae regularis disciplinae fece chiudere tutti i Conventi con meno di sei religiosi. In Italia se ne chiusero 1513, ma quello di Conca rimase per quasi mezzo secolo ancora, come già accennato prima.
Fino agli anni sessanta del secolo scorso la chiesa dell'Annunziata custodiva opere e suppellettili sacre di notevole pregio, ma anche cimeli riferiti alla storia e agli artisti loclai. Purtroppo è stata più volte saccheggiata dai ladri che ci hanno privato dei ricordi migliori.
Vi era un trittico ligneo del XVI secolo, impreziosito da sei colonnine tortili lavorate ad intaglio, ricavate da legni pregiati; ma oggi lo si vede penosamente mutilato per l'asportazione dei pezzi più preziosi, copme le sei eccezionali colonnine. L'opera si componeva di tre tavole, al centro sicuramente l'Annunciazione e ai lati S. Domenico e S. Caterina da Siena. È da supporre che il dipinto centrale, maggiormente a contatto con la luce, il calore ed il fumo delle candele deIl'altare sottostante, sia stato rimosso, in epoca non accertata, perché irrimediabilmente danneggiato. Al suo posto fu ricavata una nicchia che ancora oggi ospita una bella statua lignea di S. Antonio da Padova, donata alla chiesa dell'Annunziata dalla famiglia De Monaco di Conca, probabilmente nello stesso periodo in cui fu tolto il pannello centrale deteriorato. Le due tavole laterali, invece, furono asportare dai ladri la notte del 6 febbraio 1994.
Una ventina di anni prima, in questa chiesa furono rubati anche sei Bambinelli di legno, strappati alle statue della Madonna e dei Santi, tra cui quello splendido della nicchia di S. Antonio. Tra le perdite più gravi anche una cornice di legno rivestita in oro, del XVII secolo decorata con formelle in cui risultavano incasionate magnifiche tele con i misteri del Rosario. La grande cornice delimitava e ornava i bordi della nicchia nella quale si conservava la statua della Madonna del Rosario.
Risalgono alla presenza dei domenicani anche i busti di legno, opere di artigianato napoletano, di S. Domenico e S. Vincenzo Ferreri. Di quest”ultimo Santo, domenicano, durante recenti restauri venne effettuata una ricognizione delle reliquie, che furono rinvenute insieme al documento pontificio di autentica.
Ai tempi in cui era signore di Conca il Principe Carlo lnvitti, la cui famiglia era benefattrice dei domenicani, il castello venne collegato al monastero da un breve tunnel. Il cunicolo fu scoperto una sessantina di anni fa durante i lavori di riassetto delle strade interne del centro di Conca, ma già si sapeva che il maniero comunicava con quello di Riardo attraverso un passaggio segreto, sul quale fu poi creata una piccola ramificazione che portava, appunto, alla chiesa domenicana.

Pasquale Comparelli
(da Il Sidicino - Anno V 2008 - n. 8 Agosto)