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La scalinata "Michelina"

Considerazioni sul recupero di un'area cittadina
 

Foto n. 1 (Foto di Mimmo Feola)
 


Foto n. 2 (Foto di Mimmo Feola)

 

Il Piano di recupero ed il più recente Piano del colore, opere nelle quali si è esercitato l'ingegno e la passione urbanistica di giovani professionisti teanesi, e gli “Indirizzi di programmazione urbanistica commerciale”, frutto invece di una pregevole cultura professionale “importata”, pare che si risolvano in strumenti che, purtroppo trascurati, se non ignorati del tutto nella loro applicazione (è arduo se non impossibile perfino trovare in Comune un posto ove agevolmente consultarli o addirittura averne copia autentica), assolvono certamente alla funzione di mantenere vivo l'interesse per la storia piccola o grande che sia della Città.
Mio padre, Paolo Compagnone e mio nonno Innocenzo Pasquale Compagnone dalla cui profonda conoscenza di ogni aspetto della vita della Città ho attinto gran parte delle mie cognizioni, dicevano che la più eloquente storia di Teano è scritta con le “pietre”.

Una scalinata testimone di storia

Vediamo che cosa ci racconta la lunga e suggestiva gradinata che nasce in prossimità di Palazzo Gigli – che per concessione reale ebbe il privilegio di poter mettere una catena all'ingresso (ci sono ancora i piloncini ma non la catena) – e su un lato della chiesetta di S. Michele, per poi inerpicarsi fino al punto in cui confluiscono i due vecchi giardini (o quello che ne resta) dei Conventi di S. Francesco e S. Maria de Foris ed ancora quello di casa De Angelis/Santagapito.
Fino agli inizi dell'800 la parte alta della Città era collegata al borgo medioevale – formatosi a seguito dello sgretolamento dello Stato romano e per ragioni di sicurezza ritraendosi dalla Teanum romana per porsi sotto la protezione dei due massimi poteri Vescovado e Castello – dalla strettissima e ripida “Rua” che terminava a Porta Napoli ove nelle mura si apriva uno dei varchi della città l'altro essendo quello di Porta Roma che dava sul nodo di traffico e commerciale di Piazza della fontana delle sette cannelle.
La parte alta della città conservava con le sue innumerevoli chiese e conventi un carattere “contemplativo” condiviso a modo loro dalle poche case collocate per buona parte sulla cinta muraria a godersi lo splendido panorama ed alle quali si accede ancora attraverso i “fatati” vicoli che si diramano dalla parte centrale (Tansillo, Ginnasio, Guastaferri, Asilo infantile, S. Benedetto, S. Agostino).
Il Borgo medioevale era un vero crogiuolo ove convivevano il popolo operoso di artigiani, contadini, ortolani, con antiche casate, comunità, e non mancavano chiese e chiesette.
Praticamente la parte alta della città era separata dal Borgo medioevale non solo in senso fisico ma anche culturale e sociale: “ 'ncopp 'a piazza fiuri e palazzi, abbasci'a Rua puzze e tuguri” recitava un vecchio, ma esagerato, detto popolare.
Questo equilibrio subisce un continuo processo di mutamento a partire dalla fine del Settecento e diventa impetuoso nell'800 con lo scongelamento della struttura agraria e degli obblighi contributivi a soggetti pubblici e religiosi avvenuti in epoca napoleonica, che dà spazio alla formazione di una nuova classe di borghesia proprietaria, delle professioni e degli impieghi, accompagnata dall'afflusso da Napoli e dal nord del Regno, particolarmente attratta dal processo di smobilizzo dei beni dell'asse ecclesiastico, che anela ai conforti di una vita cittadina che solo Teano può offrire tra Capua e Cassino, e che acquista e trasforma immobili, costruisce edifici a più piani e divisi in appartamenti in tal modo utilizzabili per servire il mercato delle locazioni che si è andato formando.
Tutto ciò è incompatibile con una struttura cittadina asfittica per mancanza di adeguati collegamenti interni ed esterni e senza una configurazione urbana che delimiti spazi e tracciati approssimativi in piazze e strade, stabilendo dei limiti alle nuove costruzioni in assenza dei quali si è formato il “budello” tra largo Zito e Piazza Municipio.
Data agli inizi dell'800 (1828) la creazione delle due rampe, del Vescovado e del “Muraglione”, che rompono su due lati l'isolamento della parte alta della città e permettono il transito dei materiali che verranno impiegati per l'imponente sviluppo edilizio, e nondimeno si formano raccordi interni tra la parte alta ed il Borgo medioevale: i ”gradoni” che collegano Piazza S. Francesco alla “Rua” e la lunga scalinata senza nome che collega la zona Vescovado ed il nodo non molto distante da Porta Napoli: la chiesetta S. Michele – Palazzo Gigli.
Un altro collegamento, quasi clandestino e praticamente inutilizzato, viene realizzato proprio accanto all'inizio del “muraglione” per collegare con una stretta e ripida scaletta il mercato con l'area sottostante che interessa la zona “Cavone” e “Carità”.
A partire dal cosiddetto Centro storico ed interessando per il possibile anche tutto l'asse “Rua” ha luogo una definizione del tracciato cittadino con la perimetrazione di strade piazze e angoli, creando ove necessario gradini per regolare dislivelli, pavimentando tutto costantemente con pietra basaltica, costruendo marciapiedi e collocando nei loro punti terminali semicolonne in pietra.
Il Piano di recupero ha codesti elementi come punti di riferimento (da recuperare!) nella sua attuazione e benché esso imponga obblighi ai privati ma solo indirettamente al Comune, quest'ultimo non ne sembra consapevole visto le violazioni pubbliche dovute all'affastellarsi di vasi in coccio con spennacchiati oleandri, panchine e una sorta di dischi volanti in cemento, con piante di viburnum (oggi rimossi) sparpagliati dovunque, la penosa situazione di Piazza Umberto I ove tutte queste incongruenze si sommano, l'assetto e la manutenzione del monumento alla Vittoria.
Ma il punto più qualificato di tale opera è la sistemazione della Piazza che prenderà il nome di Piazza Nazionale subito dopo l'unità d'Italia, e poi Piazza Umberto I dopo il regicidio che la società teanese nella sua stragrande maggioranza sentì come un dramma proprio.
Esso rimediando a dislivelli su più piani che ne facevano una concavità orientata in forte discesa confluente nell'area antistante l'Annunziata, con soluzione geniale la perimetrò, ne attenuò le pendenze creando diversi strati armonicamente disposti ad anfiteatro con arena centrale: dimodoché piazza Umberto I è certamente il maggior monumento civile “vivente” (visto il dolorosissimo disfacimento del Castello) della città.

Il contributo di una scalinata che ha un nome: Michelina

Dunque la nostra scalinata nasce in tale contesto urbanistico sociale. Essa, a ben osservarla, è imponente nella sua struttura propria ma altresì in quella d'inserimento. Ad una prima rampa (foto 1) segue, con una leggera deviazione, una seconda (foto 2) che termina tra le antiche mura che recingevano il giardino del convento di S. Maria de Foris da un lato (foto 3) e la cancellata e la indecente muraglia (foto 4 e 5) che recinge i nuovi uffici del Comune: una superfetazione insignificante inserita in un contesto che non manca di una sua nobiltà. Non si tratta solo di una scala ma di un vero e proprio, negletto, complesso comparto della città con vocazione polifunzionale.
Esso ha come punto di riferimento il collegamento interno della parte alta alla parte bassa della città, il valore estetico proprio del genere, il confuso, ma non inestricabile urbanisticamente, complesso degli edifici comunali, i richiami del convento di S. Maria de Foris.
Attualmente un coacervo in attesa di individuarne i punti sui quali operare il recupero e per riorientare gli indirizzi di un assetto nuovo che ne faccia un punto qualificato della città. Tuttavia in tale coacervo spicca la scalinata senza un nome alla quale dunque occorre innanzitutto dare un nome, ma quale? Un nome femminile naturalmente ed aggiungerei, ispirati al sito ove essa nasce: la chiesetta di S. Michele appena restaurata: Michelina potrebbe andare.
Ma il nome non basta e per cominciare occorre poi darle subito qualcosa da fare in modo da far crescere l'attenzione per tutto il contesto in cui è inserita, e da porre in cima ai pensieri della massima istituzione laica, il Comune, che assieme alla massima istituzione religiosa, la Chiesa, più che mai regola, nella qualità di organo costituzionale e non di minor entità locale, la vita della città.
Ebbene Michelina non sarà la scalinata di Trinità dei Monti di Roma ma è pur sempre la scalinata di S. Michele di Teano e dato che la prima ricorrenza che arriva è la festa della donne del 8 marzo ivi celebrerei la festa delle donne inventata e gestita da loro stesse.
Ma poi arriva la Pasqua, il mese di maggio che è laico (il mese della primavera) e religioso (il mese della Madonna) e poi tante ricorrenze ancora in cui Michelina può essere punto di attrazione e di definitivo superamento della Teano di “'ncopp ' a Piazza e abbasci'a Rua”.
Guardando un poco indietro invece c'è un'altra ricorrenza in cui Michelina potrebbe essere protagonista.
È la festa della candelora (che credo sia il nostro equivalente della festa di S. Lucia nei paesi del Nord Europa) la quale segna il passaggio tra il periodo di minor luce e quello dell'inizio della crescita della luce.
Quand'ero bambino la festa si celebrava a Teano, almeno nella chiesa di S. Agostino, con dei girotondi dei fedeli con le candele accese, parroco in testa.
Constato che Teano va alla riscoperta di vecchie memorie e mi sono chiesto se tale festa, un poco religiosa e tanto “pagana” dovesse essere riscoperta, e non celebrata a livello parrocchiale ma dall'intera comunità, dove e come potrebbe svolgersi? Io vedrei un'ascesa lungo la scalinata con tante candele in mano a tanta brava gente di Teano a far festa alla luce che si accende sempre più viva e che scaccia l'oscurità e le ombre: e ce ne sono certamente tante.

Valentino Compagnone
(da Il Sidicino - Anno IX 2012 - n. 10 Ottobre)

 

Foto n. 3 (Foto di Mimmo Feola)
 

Foto n. 4 (Foto di Mimmo Feola)
 

Foto n. 5 (Foto di Mimmo Feola)