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Classi sociali ed esercizio del potere a Pietravairano dalla

soggezione feudale al Regno d’Italia
 

Alla fine dell'ancien régime, come è noto, la società era organizzata per classi con all'apice la nobiltà con i suoi privilegi e le sue prerogative.
Anche a Pietravairano, come risulta dal Catasto Onciario del 1743, la società era essenzialmente a struttura verticistica con in testa il feudatario, rappresentato dal Marchese Grimaldi, seguito dai nobili, dai c.d. civili e da un clero numeroso e ricco con 31 sacerdoti, 8 chierici ed un novizio.
Venivano poi i liberi professionisti, per lo più espressione della emergente borghesia mercantile e terriera, rappresentati da 3 medici, 3 notai ed un professore di legge.
Alla base, infine, vi era il popolo minuto dei commercianti, degli artigiani, e dei bracciali, cioè di quelli che vivevano unicamente colle fatiche delle proprie braccia.
Questa categoria, sebbene fosse la più numerosa, era comunque la più debole sotto il profilo economico in quanto soggetta a due tasse personali: il testatico e quella sull'industria di 12 once, una tassa, quest'ultima, palesemente iniqua in quanto colpiva il lavoratore in via presuntiva, anche se non era occupato e non produceva reddito alcuno.
La conferma del tributo personale sulla testa e sulle braccia dei lavoratori, in uno alla conservazione di esenzioni e privilegi a tutto vantaggio delle classi più ricche e socialmente più potenti [Chiesa e Baroni], fece si che lo scopo di un'equa ripartizione del carico fiscale fra tutti i contribuenti non fosse realizzato completamente con la conseguenza che i tributi, che si volevano dal Re ripartire sopra i beni, furono caricati, invece, sulle braccia dei poveri (1).
Come per le altre Università del Regno anche a Pietravairano il popolo era distribuito in tre ceti: civile, mediocre e basso.
Questa ripartizione era dovuta a molteplici fattori, fra i quali vanno menzionati, in particolare , la posizione sociale della famiglia, il patrimonio posseduto e non ultima la diversificazione del lavoro tra attività intellettuali ed attività manuali, con il riconoscimento di una netta prevalenza per le prime, tanto che non erano soggetti alla tassa sull'industria coloro che esercitavano professioni nobili come i dottori in legge, medici e notai in quanto si riteneva che i relativi redditi provenendo dall'intelletto che è grazia divina non potevano essere tassati (2).
Sulla base di questa tripartizione ebbe luogo l'elezione dei sei deputati – cioè due del primo ceto, altri due del mediocre, ed i restanti due dell'inferiore (3) - incaricati di procedere allo spoglio delle rivele (4) catastali, alla loro discussione ed alla formazione dell'apprezzo.
Le differenze tra le varie componenti della società di Pietravairano si riflettevano anche sulla situazione abitativa registrata nel Catasto. Abitazioni con più vani, inferiori e superiori, appartenevano, infatti, a poche famiglie benestanti ed a qualche ecclesiastico mentre soltanto il Marchese Grimaldi era proprietario di un Palazzo …….di più e diversi membri nel ristretto di detta terra luogo detto la Piazza vicino l'Insigne Collegiata Chiesa di Sant'Eraclio …… ove abita quando fa qualche residenza in questa suddetta Terra (5).
Il resto della popolazione viveva, invece, in case piccole e modeste, in genere terranee, arroccate l'una sull'altra per la particolare conformazione dell'abitato.
Nelle case più povere, in genere, era frequente la convivenza con animali come galline, maiali e, spesso, anche asini.
L'Amministrazione dell'Università di Pietravairano era affidata ai c.d. officiali de regimine [Sindaci, Eletti e cancelliere] che dovevano essere scelti liberamente dai cittadini dell'Università senza ingerenza alcuna da parte del feudatario come aveva ordinato l'Imperatore Carlo V con una Prammatica del 1536 (6).
Non sembra che tale disposizione sia stata sempre osservata.
Nei verbali dei Parlamenti cittadini che ci sono pervenuti si coglie, infatti, un certo malessere per l'invadenza baronale che effettivamente si manifestava a Pietravairano ed a San Felice, altro feudo della famiglia Grimaldi (7).
Gli Amministratori pubblici, cedevoli alle pretese del feudatario, erano invece inflessibili verso i cittadini come risulta dal verbale del Parlamento convocato il 20 novembre 1713 che, per la parte che si è conservata, contiene un duro ed aspro richiamo nei confronti dei cittadini morosi i quali, ……… pratticano per il paese e non si vergognano di essere mostrati a dito, come si sole dire, che non pagano il loro peso e vogliono che lo ritorni a pagare chi ha pagato il suo e non considerano che il pagamento de Regi fiscali si fa al Re nostro Signore, che con tante fatiche e tante spese ci mantiene custoditi dai nemici, e più non si fanno coscientia che il tributo lo pagò il buon Dio, quando fu in questo mondo, e più non pigliano esempio dall'Ecc.mo Signor Marchese, nostro Signore e Padrone, che con puntualità esattissima paga l'adoa delli feudi (8), come puntualmente la pagano tutti li signori Baroni del Regno ... solo nella Terra della Pietra alcuni cittadini sono più potenti dei signori Baroni, che non vogliono pagare il tributo che da loro si deve al nostro Re che Iddio feliciti per mille anni …..
Il rinnovamento sociale, caratterizzato soprattutto dall'affermarsi della borghesia rurale di cui si poteva percepire l'ascesa già nel corso del Settecento, si imporrà agli inizi dell'Ottocento in conseguenza dell'eversione della feudalità (9) che restituì agli abitanti del Regno di Napoli la dignità di cittadini affrancandoli dalla condizione di vassalli.
Abolita la feudalità, mentre gli esponenti dell'aristocrazia feudale furono ridotti, in genere, al rango di grandi proprietari terrieri (10), si affermarono in tutte le comunità del nostro Mezzogiorno i c.d. galantuomini, gli eredi di quei rappresentanti del ceto civile e mercantile che, attenti alle mutazioni sociali ed economiche, che si erano andate delineando già nel secolo precedente, avevano investito nella proprietà fondiaria sottraendola alla rendita passiva che contribuiva non poco ad alimentare il lusso e gli ozi di quella nobiltà di provincia che sperperava a Napoli il frutto del sudore dei propri contadini.
I galantuomini di Pietravairano, così come li ha consegnati alla storia il Diario di Padre Agostino da Limosano, un francescano vissuto nel Convento di Santa Maria della Vigna dal 1846 sino alla soppressione del 1866 (11), non erano in genere molto praticanti anche se intervenivano numerosi in tutte le processioni durante le quali non si sottraevano dal portare il Pallio o le Statue Sacre (12).
Orgogliosi della posizione sociale acquisita i galantuomini ostentavano la propria ricchezza con il possesso di una carrozza, o con l'edificazione, in adiacenza dei propri palazzi, di una Cappella di famiglia che inauguravano con molto sfarzo e nella quale facevano celebrare i matrimoni dei figli, matrimoni che si distinguevano per il ricco e vivace corteggio di Galantuomini e Gentildonne che accompagnava gli sposi in Chiesa o a casa per il pranzo nuziale (13).
Non ultimo, amavano gratificarsi del titolo onorifico di Don che, attribuito in origine ai membri della nobiltà spagnola, si era diffuso nel Regno di Napoli divenendo sinonimo di signore.
Al di là delle esteriorità, che è possibile cogliere anche nella architettura dei loro Palazzi caratterizzati, in particolare, da imponenti e ben rifiniti portali in pietra che per le famiglie di antica nobiltà recavano scolpito nella chiave di volta lo stemma del casato (14), si trattava, comunque, di un ceto emergente che giorno dopo giorno costruiva la propria storia fatta non solo di immagine ma anche di impegno e concretezza.
Forti del loro potere economico li ritroviamo al vertice delle istituzioni locali ove per anni si verificherà un loro costante avvicendamento favorito anche da una legge sull'elettorato attivo e passivo che, basata sul censo, impediva alla maggior parte dei cittadini di poter concorrere all'amministrazione della cosa pubblica.
L'aspirante Decurione, infatti, poteva anche essere analfabeta ma doveva avere una rendita annua imponibile non inferiore a 24 ducati (15).
Diversa era, invece, la situazione delle classi più emarginate e soprattutto di quella dei lavoratori della terra i quali non trassero alcun vantaggio con l'avvento della borghesia agraria che, in particolare, aveva mutuato dalla feudalità caratteri e forme del tradizionale sfruttamento della terra e dei contadini.
Come ebbe a sottolineare la Commissione Parlamentare di Inchiesta sul brigantaggio del 1862 i Baroni erano stati aboliti ma la memoria dei loro soprusi e delle loro prepotenze non era stata del tutto cancellata tanto che i nuovi proprietari continuavano a rappresentare, agli occhi del contadino, l'antico signore feudale.
Fu allora che molti contadini, consapevoli che i prodotti della terra bagnata dal proprio sudore non gli appartenevano e che erano condannati a perpetua miseria, furono attratti dal brigantaggio che, nato come movimento di lotta in appoggio alla restaurazione Borbonica, aveva assunto sempre di più il carattere di protesta sociale delle classi subalterne.
Anche a Pietravairano erano presenti nel popolo questi sentimenti antigovernativi che si manifestarono in modo palese in occasione del tumulto che seguì all'illegittima perquisizione dei locali del Convento e sulle persone dei frati effettuata il 12 luglio 1862 dalla Guardia Nazionale di Vairano.
In quella circostanza all'esterno del Convento si verificò un turbolento assembramento di persone, molte delle quali armate di fucili, zappa, accetta, ronche, forche, pirocche, come diligentemente annota nel suo Diario Padre Agostino (16).
È evidente che questa mobilitazione popolare e con intenzioni non certo pacifiche non era frutto di un disagio occasionale ma traeva origine da un latente quanto diffuso sentimento di avversione al potere costituito per cui non è azzardato presupporre nei ceti più emarginati una simpatia se non proprio una complicità nei confronti dei briganti.
Dopo l'eversione della Feudalità le classi popolari di Pietravairano, come quelle di tutto il Meridione, si erano ritrovate oppresse da un'indigenza endemica e dominate da una classe dirigente, distaccata ed elitaria, sorda ad ogni istanza di rinnovamento che potesse proiettare le comunità sulla via del progresso.
E, così, mentre si diffondeva la speranza del riscatto sociale alimentata dagli ideali socialisti, molti cittadini di Pietravairano, spinti dal desiderio di un futuro migliore che potesse finalmente affrancarli dalla miseria, furono costretti a separarsi dai propri affetti e dal proprio paese incrementando il fenomeno di quella emigrazione di massa che avrebbe caratterizzato la seconda metà del nostro Ottocento.
La cosa pubblica, invece, continuò ad essere amministrata dalla borghesia agraria rappresentata, ora, dai cosiddetti notabili.
Tra il finire del XIX secolo e gli inizi del successivo, il potere, non sempre gestito in maniera corretta e trasparente, determinò per ben due volte lo scioglimento del consiglio comunale di Pietravairano: nel 1897, quando la lotta dei partiti e la tenacia del Sindaco e dei suoi adepti nel mantenersi al potere avevano reso partigiano qualunque fatto (17),e, nel 1901, quando gli abusi, le partigianerie, lo sperpero del pubblico danaro avevano allontanato i buoni elementi dall'Amministrazione che era rimasta in mano di persone quasi tutte legate fra loro da vincoli di famiglia e di clientela (18).
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NOTE
(1) - LIBERATORE Pasquale, Introduzione allo studio della legislazione del regno delle Due Sicilie, 1832, parte seconda, pag. 498.
(2) - DE MEO Giuseppe, Saggi di statistica economica e demografica sull'Italia meridionale nei secoli XVII e XVIII, 1962, pag.26.
(3) - Prammatica Prima de forma censualis et capitationis sive de catastis emanata nel 1741 dalla Regia Camera della Sommaria per la formazione del Catasto Onciario in esecuzione del dispaccio 4 ottobre 1740 di Carlo III di Borbone: Bando per lo parlamento da farsi per l'elezione de' Deputati ed Estimatori.
(4) - La rivela, una specie di dichiarazione dei redditi ante litteram, era stata prevista dalla Prammatica del 17 marzo 1741.
(5) - Catasto Onciario di Pietravairano, folio 434/t.
(6) - ZERBI Rocco, La polizia amministrativa municipale del regno delle Due Sicilie, 1846, pag. 18, nota n. 2.
(7) - In merito ai rapporti del Marchese Padrone, come di norma veniva indicato il Marchese Grimaldi, con le istituzioni locali e con i cittadini vedi CIFONELLI Renato, I Grimaldi, Marchesi della Pietra Vairana , ne Il Sidicino, n. 9./2011.
(8) - Il pagamento dell'adoa sostituiva il servizio militare a cui erano tenuti i feudatari.
(9) - Legge n.130 del 2 agosto 1806, pubblicata il 4 agosto 1806.
(10) - MASSAFRA Angelo, Il Mezzogiorno preunitario – Economia, società e istituzioni, 1988, pag.17.
11 - CIFONELLI Renato, Padre Agostino da Limosano - Un cronista nel Convento di S. Maria della Vigna di
Pietravairano, in corso di pubblicazione: Diario, 12 luglio 1862.
12 - Il privilegio di portare in processione i simboli sacri era concesso in affitto; in occasione della Festa di Sant'Antonio
del 1860 la statua fu affittata per un tomolo di grano [CIFONELLI Renato, Padre Agostino da Limosano….,
o.c.: Diario, 13 giugno 1860].
13 - CIFONELLI Renato, Padre Agostino da Limosano…., o.c., : Diario 19 agosto 1860, 9 giugno 1861, 23 marzo
1862, etc.
14 - CIFONELLI Renato, Pietravairano in Terra di Lavoro – Percorsi di storia, 2008, pag. 21/22.
15 - La legge del 18 ottobre 1808 stabiliva: « Son detti Decurionati i corpi che rappresentano le università; i
decurioni si estraggono a sorte fra i cittadini, che hanno non meno di 24 ducati di rendita nei comuni di 3.000
abitanti, non meno di 48 duc. in quelli che ne hanno da 3.000 a 6.000, il quadruplo nei più popolosi….».
16 - CIFONELLI Renato, Padre Agostino da Limosano…., o.c., : Diario, 12 luglio 1862.
17 - Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia n. 174 del 28 luglio 1897, pag. 3788
18 - Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia n. 235 del 3 ottobre 1901 - pag. 4718/4719 e n. 291 del 9 dicembre 1901 - pag. 5686.

Renato Cifonelli
(da Il Sidicino - Anno IX 2012 - n. 12 Dicembre)