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Il risveglio di Temistocle ovvero le sventure della virtù

 

Ci piace recuperare e riproporre altre gesta del nostro caro concittadino Temistocle (vedi i numeri de “il Sidicino” del gennaio 2010 e dicembre 2011) che se non esistesse, bisognerebbe inventarlo! Se non altro per gli affreschi di originalità e gli sprazzi di riflessione che ci offrono le sue rocambolesche avventure, più prossime alla cronaca che alla letteratura.
Per esempio, all'alba del 17 febbraio 2012, venerdì (Santa Marianna) Temistocle, ancora una volta a cavallo del crinale “sogno-realtà”, gridò forte (o almeno, tentò di farlo…): Arianna! Arianna… portami subito il filo”!
Sua madre che - quando si dice la coincidenza – festeggiava l'onomastico, si catapultò presso il letto a castello sito nell'angolo più buio del monolocale e, porgendogli festante la solita ciofeca bollente, gli suggerì di inzupparvi l'iniziale omessa nell'invocazione onirica… e mentre gli ingiungeva di alzarsi lesto lesto per andare in pellegrinaggio al “Purgatorio” per la solita visita al defunto genitore, Bacco, degno e devotissimo discendente del più popolare “Zi' Bacco ncoppa 'a votta”, nato e domiciliato “arreta a Viola”, maledisse ad alta voce quella poco di buono che, oramai era certo, aveva plagiato il suo gioiello, col malcelato intento di cancellare dalla di lui memoria persino il nome della sventurata e sconsolata genitrice. Il primo strappo era stato consumato: la “M” iniziale di Marianna era scomparsa; in breve avrebbero subìto la stessa sorte anche le altre 7 lettere! Mezz'ora dopo, i due lasciarono il precario uscio di casa alle spalle e presero la via del Purgatorio, corrispondente – va precisato – alla nota cappella del nostro cimitero, un cantiere permanentemente fermo…
ll'interno c' è di tutto e di più: calcinacci, un simulacro di altare disadorno; un finestrone becchettato dai piccioni che a lungo hanno impedito ai fedeli la frequentazione del sito; dei sudici e traballanti scanni di lignei, di quelli che durante la nostra adolescenza accoglievano gli avventori che solevano onorare il dio Bacco nelle baracche allestite per la fiera nella prima quindicina di giugno sulla collina di S. Antonio; una scala metallica di tre livelli, alla quale manca solo il braccio della gru per proiettarsi oltre il tetto: ha la forma di un prisma quadrangolare con base priva di rotelle cosicché non è affatto agevole spostarla per raggiungere i loculi che ospitano le spoglie dei nostri cari… Per non parlare dell'accesso alla predetta cappella: due scale speculari ad angolo retto, una a nord e una a sud, mal ridotte, insidiose e scomode, prive di corrimano e/o di qualsiasi altro sostegno lungo la muratura; gradini alti dai bordi erosi dal tempo e, dulcis in fundo, un cancello giurassico pesantissimo e arrugginito, imbruttito da una rete metallica contro la quale continuano ostinatamente a puntare i piccioni per entrare in quel tempio sacro di memorie e di affetti ma pericolosamente ostile alla nostra incolumità ed alla nostra salute (nonostante il lodevole impegno del priore e della confraternita).
Ma torniamo a Temistocle e Marianna che, imboccato il vialetto che conduce alla Cappella del Purgatorio, si accorgono di non avere neanche un fiore per il compianto loro congiunto. Senza perdersi d'animo, il fantasioso giovanotto allunga un braccio di qua, un braccio di là, e rimedia in pochi secondi ben 17 fiori, prelevandoli dalle tombe a portata d'occhio e di mano. La madre, sorpresa ma non troppo, osa rimproverarlo e lui, di rimando: “Mammà, è l'intensione che conta”! Ma il sacrilego furto mal gliene incolse: infatti congedandosi dal “Purgatorio” per la rampa opposta a quella dell'accesso, pagò pegno all'ultimo gradino, il cui frontalino era più alto degli altri e così il “nostro” finì al pronto soccorso rimediando un'ingessatura al malleolo destro. Nel verbale il medico di turno, conosciuti il contesto e i dettagli, non seppe rinunziare ad un “fuori onda” di sapore moraleggiante e letterario: “E' appena il caso di rilevare che il paziente era reduce da un gesto di cristiana pietà: come si fa a non pensare alle “Sventure della virtù” di Sade”? La sonorizzazione del passaggio sollecitò la curiosità del ragazzo, che chiese lumi in proposito, ottenendo una risposta esaustiva e destinata a scavare in profondità.
Passa un anno e il 17 febbraio 2013 (di domenica) Marianna e Temistocle tornano al “Purgatorio”, sempre dal figlio di Zi' Bacco, puntuali come Totò con Zi' Vicenza il 2 novembre. Portano un'orchidea che il nostro protagonista sistema nel portafiori del padre, dopo aver aggirato la mastodontica scala che uno si domanda “com'è entrata” nella cappella! Recitato distrattamente e velocemente un requiem per l'anima del genitore, il ragazzo si gira verso la madre – che stava alle spalle della scala – e dice, come se parlasse a se stesso. “Ma perché non devo passare sotto la scala”?
Detto fatto! Ma anche questa volta mal gliene incoglie, perché scavalcato uno dei montanti orizzontali della base, si ritrova schiena a terra all'esterno della scala e gambe divaricate con le punte dei piedi puntati al cielo, all'interno della maledettissima scala!
Avverte subito un dolore lancinante al mignolo della mano destra, che è andata a sbattere di taglio contro un montante verticale (scoprirà poi che l'urto ha prodotto una dolorosissima e penalizzante lesione traumatica tendinea del mignolo, con epicentro tra falange e falangina). Marianna, terrorizzata ed impotente, gli vomita nei timpani: “Questa è un'altra fattura di quella bellina di Arianna…”. Temistocle, con un filo di voce, le ricorda le “Sventure della virtù” di Sade, aggiungendo, tra un tentativo e l'altro di rimettersi in piedi: “…invece questo è la prova che la “virtù di Justine” non paga, meglio il vizio di Juliette… e allora il prossimo 17, di domenica o venerdì che sarà , me ne andrò da Arianna, con filo o senza filo, anche se dovrò fare la fila prima di essere ricevuto!”.
Intanto Marianna, che al sonno antepone cocciutamente il sogno, quello della fortuna, dichiara ad alta voce che questa volta si venderà l'anima pur di giocarsi un bel terno secco su tutte le ruote: 17 la disgrazia, 5 il cimitero e 6 la scala.
Qui non possiamo evitare di un'incursione sul “17” in funzione ed in collegamento con la tragicomica attualità politica, alla quale la Storia fornisce ampia e clamorosa materia di riflessione (e di scorno), quando ci ricorda che l'Unità d'Italia, di cui ancora in questi giorni si parla, fu proclamata a Torino dal 1° Parlamento italiano proprio il 17 marzo: correva l'anno 1861, ed era domenica (V di Quaresima).

Nello Boragine
(da Il Sidicino - Anno X 2013 - n. 5 Maggio)