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Nella galassia dei soprannomi sidicini...

 
Temistocle e gli Stati Generali
 

Ricordate Temistocle? Quel giovanotto che cercava di spiegare al suo avvocato che lui il reato ce l'aveva nel corpo? E l'avvocato a chiarirgli professionalmente, testardamente, che la chiave del busillis era, invece, “il corpo del reato”! Ebbene, il nostro, irritato e confuso lasciò allora lo studio in preda ad un angoscioso, amletico dilemma: affidarsi al difensore o a un confessore? Optò per il secondo, confidando in una probabile assoluzione che, dopo la penitenza di rito, piuttosto lunga e monotona per lui che non aveva molta dimestichezza con le orazioni, si trasformò progressivamente in un crescente torpore che lo proiettò in un mondo etereo e irreale, onirico. E qui, alterazione della coscienza e fertilità della fantasia trasformarono Temistocle in un novello Masaniello che, giocando con gli specchi, si presentò all'Ade con ben quattro teste… Il povero Cerbero si vide perduto e, “ubi maior”, cedette al quadricefalo! E pensare che Enea aveva avuto bisogno della Sibilla Cumana per accedere all'Oltretomba! Qui Temistocle passò in rassegna gli Stati Generali dei Sidicini, convocati tramite Carminuccio, il super stagionato inossidabile sagrestano della cattedrale. Assegnò a Cerbero il compito di buttafuori e a Persefone le funzioni di segretaria. Questa, soddisfatte le formalità di rito, proclamò ufficialmente insediata la Corte dell'Ade, che vedeva Ade nella triplice veste di dio regnante, regno dei morti e presidente della Corte.
Qui sogno e mitologia si confondono, e si fondono in un soggetto chiaramente in estasi e in preda a un delirio di onnipotenza, un focoso inquisitore più che mai deciso ad ottenere giustizia. Motivo del contendere e punto di forza del ricorso: perché alcuni Sidicini sono stati favoriti, cioè sistemati e traghettati da Caronte al di là del Volturno (pardon: dello Stige) e altri sono da tempo immemorabile in lista d'attesa, vaganti nel tempo e nello spazio, in attesa di una sistemazione definitiva e dignitosa? Forse perché la loro bocca non porta l'obolo preteso da Caronte? Ad un certo punto Temistocle ordina al Presidente di dar parola ai rappresentanti degli Stati Generali dei Sidicini: Torriani (o Torrettani), Violani (del dedalo della Viola, confinati coi primi), Lazzari, Giovannei (di Largo s. Giovanni) Nunziatini (alle spalle dell'Annunziata), Ostiasantesi (via Roma- S.Agostino), Settecannelle, Centrali, Abatini (del Borgo di S. Antonio A.), Crispiniani (via dei calzolai), Paesani (frazioni e periferie), Caritatevoli ed altri ancora.
I Nunziatini mandano allo sbaraglio Peppino Pelliccione, noto come “ 'U Ndaccato” (quando si dice: Ma non farmi ridere!), che parte: “Cca…cca…cav… va…” ed ecco l'immediata corale tonante reazione: “Cca nisciuno è fesso, perciò và 'a cacà u….a nnata parte”! Ma subito una colonna di fumo esce dal forno - scusate - dalla bocca di Antimieglio Vott 'a past, che si improvvisa avvocato di Pelliccione e spiega: Il nostro voleva dire forse che il cavaliere deve espellere il maltolto da dietro…come una volta accadde al nostro inquisitore…(riferito all'episodio in cui Temistocle, che aveva ingoiato un diamante per non farsi beccare col corpo del reato, l'aveva poi espulso per via rettale), ma non riesce a terminare il suo pensiero perché una ronzante scampanellata del Presidente gli fionda addosso il buttafuori e viene brutalmente allontanato dall'aula.
E Maria Cient Rucati (degli Abatini), commenta amara: “Cient rucati, cient amici; nient rucati, nient amici”! Il Presidente concede la parola ad Alfredo Ciucciuvettola, tifato dal padre 'Ndonie 'e Ligname, il gigante buono del rione della Torretta, confinante con l'altro gigante Carminuccio 'u Zacazizz, sempre scortato dal fedelissimo Lucarieglio. L'uccellaccio – scusate – Alfredo muove appena le labbra e giù uno scroscio di lamenti e invettive dall'assise. Tra le altre voci emerge quella del decano degli Ostiasantesi, Luigi 'a Titella, che chiede l'intervento di Cerbero per espellere dalla bolgia il calamitoso volatile; ordine eseguito in tempo reale, mentre si leva la protesta dello spilungone Acchiappaucieglio, dello Stato dei Marianovesi (rione di S. Maria la nova), per zittire l'antidiluviano strillone ufficiale della nostra città, al quale rimprovera di aver trasmesso ai nostri avi solo bandi funesti e sgradevoli (peggio di Cassandra!); il migliore suonava testualmente: “Bonaggè, oggi se ne va l'acqua e nun sapimm quann torn, allora facite a pruvvist”!
A questo punto interviene il “Mattatore”; silenzio tombale e giù il cappello, con conseguente, immediata e generale epidemia di prurito e fetore che richiedono il pronto intervento di 'Ndonio o Jiacc (dello Stato dei Giovannei), il quale provvede a bonificare l'ambiente con le tradizionali/nostalgiche bacchette di ghiaccio servite a domicilio a mò di granite per dissetare e rinfrescare la sua coeva generazione.
Ma Temistocle si sente generoso e spedisce due velocisti come Mario 'U Zuopp e il collega Armand Mastussant (entrambi Crispiniani) sulle gradinate della piazza principale a fare un carico di caffè corretto da Bonasera; purtroppo sulla vie del ritorno i due incrociano Gaetano Scialone che, per non far torto al suo nome e alla sua fama, convince i due “piè veloci” a fare una fugace puntata da 'Ngeleca 'a Pizzaiola, vicino 'A Cavallerizza (il vecchio Cinema Garibaldi di don Antonio Boragine). Intanto alla Corte, lo Stato Generale dei Paesani, con Vicienz 'A Bottaria e Gennarino Bell'e Papà, per protestare contro le discriminazioni di cui si sentono vittime, minaccia lo sciopero della fame. Allora si alza uno della Torretta, Nicola Campasulo, ed esclama con tutto il fiato che gli è rimasto: “Meno male, così non venite più a bussare alla mia porta!”
In sottofondo, il commento amaro di Totonno 'Ndorzapecora, che sogna di stare ancora nell'Ufficio delle Guardie: “E che ci vengono a fare?” Girard Cazzaino 'U Portarancascia e il fratello Zeza, a loro volta, invitano lo Stato Generale degli “Scontenti” ad abbandonare l'aula e a puntare sull'Avellino, anche perché tra il lusco e il brusco, basta spostarsi a Nusco e qui, come si sa, il buon Ciriaco non dice di no a nessuno. Quasi quasi, sussurra Zeza (che, come suo fratello ha seri problemi di natura alimentare, e non solo per i cereali…) ci andiamo pure noi, così mio fratello non deve più portare la rancascia nella banda per tre/quattrocento lire a giorno ed io, a Carnevale, non devo più fingere di piangere mio marito, la buon'anima di Vicienzo, cantando: Si sapevo ca te murivi t'abbuttavo 'e scorze 'e lupini…pure si tu, a me, m'abbuttavi sulo 'e palate e cuppini vacanti!!!
Ma lo sentono tutti e così viene linciato dai vicini, che si astengono dal farlo fuori giusto perché non vogliono privarsi di una figura storica delle manifestazioni carnascialesche sidicine.
I lavori dell'Assemblea proseguono, ma sotto un'altra regia, perché Temistocle (nei panni di Masaniello), sempre in trance, abbandona la Corte dell'Ade, dove non ha trovato né giustizia né verità, ed intraprende un altro viaggio, che questa volta lo porta in un labirinto, dove indossa i panni di Teseo, ma senza il filo di Arianna.

Nello Boragine
(da Il Sidicino - Anno VIII 2011 - n. 12 Dicembre)