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Dal padre dei vizi alla madre dei cretini cavalcando la figlia

predileta dell'egoismo ma che bella famiglia...
 

Volevamo stupirvi con effetti speciali; poi abbiamo preferito puntare sui noti vizi privati e pubbliche virtù di “questa bella d'erbe famiglia e d'animali”, intesa non solo foscolaniamente ma pure (e soprattutto) cosmicamente. E così siamo partiti dall'ozio (padre dei vizi) e dall'ignoranza (sempre incinta e generosa coi cretini).
Ma il nostro vero obiettivo era e rimane quello di cavalcare – metaforicamente – la figlia prediletta dell'egoismo, ossia la gelosia, che consideriamo e riconosciamo (da quando abbiamo cominciato a pensare con la nostra testa) uno strumento di vita.
A questo punto, insoddisfatta la necessità della presentazione del triangolo familiare del titolo, ne assumiamo la figura centrale come protagonista della nostra personale e modesta riflessione.
Rinunziando ai preliminari ed alle definizioni entriamo subito in tema con argomenti e considerazioni di ordine generale o, se si preferisce, oggettivo.
La gelosia è una realtà da cui non si può prescindere; essa è presente in ogni essere umano (se non altro come stato d'animo e quindi come sentimento); a volere essere più precisi, essa è presente anche negli animali, naturalmente a livello istintivo ma non per questo meno potente o meno evidente; dunque la gelosia esiste!
E non come sovrastruttura o come elemento aggiunto o come categoria astratta, bensì come elemento strutturale del nostro essere persone. Conoscete qualcuno che non sia geloso del proprio corpo? O della propria salute e/o della propria vita? La stessa eutanasia soggiace alla stessa legge!
Ci fermiamo qui con le domande, che nella loro semplicità e concretezza confermano, secondo alcuni, che la gelosia è una sorta di tara che nasce, evolve e muore con l'uomo, al pari dell'egoismo, di cui, per l'appunto, può essere considerata la figlia prediletta.
Come si vede, la gelosia è una nostra compagna di viaggio, nessun essere ragionevole e cosciente può ignorarla o prescinderne, a meno che non pratichi l'atarassia (imperturbabilità o serenità dell'animo derivante dal dominio sulle passioni o dall'estirpazione di esse; parente stretta dell'apatia, che nell'Antica Grecia era un ideale conseguibile solo attraverso l'esercizio della virtù, che portava alla felicità).
Di esempi famosi sulla gelosia è ricca non solo la vita, ma anche la Bibbia, la mitologia, la storia, l'arte, l'attualità… Pensate alla ribellione di Lucifero, che voleva diventare simile al suo creatore; al peccato originale di Adamo e Eva; all'uccisione di Abele ad opera di Caino; a quella di Adone, di cui era innamorato Venere, ad opera di un cinghiale istigato da Marte, a sua volta innamorato di Venere; alla guerra di Troia scatenata dalla bellissima Elena contesa tra Menelao e Paride; alla lotta per le investiture nel M.E.; alla uccisione di Paolo e Francesca, cognati e amanti, da parte di Gianciotto Malatesta, marito di quest'ultima.
E, ancora, pensate ai Guelfi e ai Ghibellini; alle lotte tra gli staterelli italiani nati dal Congresso di Vienna; alla guerra fredda fra USA e URSS; alla corsa per la conquista dello spazio; ai c.d. delitti d'onore; al quartetto Turiddu/Alfio/Santuzza/Lola della Cavalleria Rusticana di Mascagni; alle lotte/manovre politiche dei nostri giorni o, per finire alle odierne drammatiche vicende di Avetrana e del triangolo Melania/Salvatore/Ludovica.
Dopo questa carrellata di esempi, sentiamo già un coro assordante di proteste, riserve, osservazioni, contestazioni e polemiche del tipo: “Ma l'invidia, l'interesse, l'avidità, l'odio, l'avarizia, la superbia, l'inganno… l'egoismo dove li mettiamo”? Lo abbiamo già detto: li mettiamo nell'ultima voce, l'egoismo, di cui sono tutti, se volete, sinonimi; personalmente riteniamo che ne sono, invece, i prodotti, o meglio, come già sottinteso nel titolo, ne sono i figli, dei quali teniamo a ribadire che la gelosia è senz'altro la figlia “prediletta”, se non altro perché ciascuno di noi ne è al contempo “oggetto” e “soggetto”.
Facciamo qualche esempio concreto: io sono geloso della mia auto; ne consegue, chiaramente, che l'oggetto della gelosia è l'auto, mentre il soggetto che esprime tale gelosia sono io, che traggo godimento, piacere, soddisfazione, orgoglio o altro dal possesso di quel prodotto; soggetto e oggetto trovano una sintesi, una sinergia in uno stato d'animo che, per l'appunto, s'identifica con la soddisfazione o il piacere che io provo nel sapere/sentire che quel determinato bene è mio: questo cos'altro è se non egoismo? E lo vogliamo considerare un atto negativo, o sconveniente?
E quando lo applichiamo alla salute o alla vita non è un elemento positivo e, quindi, uno strumento di vita? Paradossalmente, ma non troppo, anche il desiderare il “bene dell'altro” da altruismo si fa egoismo, perché io sono contento se l'altro sta bene: così almeno non mi darà noia e/o non mi chiederà nulla! In proposito si può/deve concludere che egoismo e altruismo non solo diventano sinonimi, ma si sciolgono l'uno nell'altro e l'”homo homini lupus” di hobbesiana memoria rimane solo materia di dissertazione filosofica.
Ridotto il ragionamento all'osso: il bene dell'altro è anche il mio bene; dunque l'altruismo è solo l'altra faccia dell'egoismo o, se si preferisce, l'altruismo non è altro che una manifestazione positiva dell'egoismo. Questo, per le considerazioni che precedono (sempre che venga correttamente inteso e vissuto) è un indispensabile e provvidenziale compagno di viaggio.
Come la sua figlia prediletta: la gelosia, che al riparo dalle degenerazioni patologiche, diventa, all'unisono con l'intelligenza e la volontà, un utile strumento di vita.

Nello Boragine
(da Il Sidicino - Anno VIII 2011 - n. 6 Giugno)