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Carlo Magno tra Palatina e Carolina

Che tempi, ragazzi! E non mi riferisco solo a quelli correnti, particolarmente “sensibili” sotto vari profili, compreso quello scolastico: siamo infatti a giugno ed è tempo di bilanci, in lettere o in cifre, poco importa, sempre scuola è! Mi riferisco anche, anzi, specialmente a quelli andati e forse da molti ignorati e da altri dimenticati, quelli del S. R. I., dove un uomo paradossalmente analfabeta e mecenate, povero di cultura ma ricco di saggezza, Carlo Magno (742/814), la notte di Natale dell'anno di grazia 800 si fece incoronare da Papa Leone III, nella basilica romana di S. Pietro, Imperatore del Sacro Romano Impero. Più tardi (8.1.1166) un altro Papa, anzi, un “antipapa” (PASQUALE III), marcato stretto da F. Barbarossa, pensò bene di santificare il “Nostro”; scelta che non fu poi ratificata ma neppure smentita dalla Chiesa Cattolica, che pertanto tollera il culto di San Carlo Magno, dai Francesi celebrato ufficialmente il 28 di gennaio.
Intanto parlare di C. Magno e dei (suoi) Franchi significa incrociare pure i Longobardi ed il loro ultimo re, Desiderio, del quale il primo aveva sposato la figlia Ermengarda nel 770. Quattro anni più tardi, Paolo Diacono (che ritroveremo più avanti), in seguito alla caduta del Regno Longobardo, si ritirò nel monastero benedettino di Montecassino, dove compose il famoso Inno a S. Giovanni, da cui furono successivamente ricavati i nomi delle note musicali, e scrisse la Storia dei Longobardi, da cui mosse poi Erchemperto, gloria nostra, per la stesura della sua “Historiola Langobardorum Beneventi” (886). Come si vede, sembra di 'giocare in casa'… eppure siamo partiti da lontano, nel tempo e nello spazio. Ma tutto si tiene e così affiora involontaria e spontanea, ma anche opportuna e pertinente, l'analogia tra il pessimo latino esibito nella sua “Historiola” da Erchemperto (che pure aveva frequentato regolari corsi di grammatica e retorica, come era uso all'epoca) e l'analfabetismo di Carlo Magno, che “nonostante tutto il suo amore per l'istruzione, era analfabeta: sapeva scrivere appena il suo monogramma” (pag. 38 del sussidiario di 4^ elem. “Il nuovo sapere”, Argo edit., 1972). Eginardo (770/840), un altro monaco, nella sua “Vita di Carlo Magno” racconta che “l'imperatore cercò in tutti i modi con molta buona volontà di imparare a scrivere”. Infatti profittava di ogni minuto libero per esercitarsi. Ed era solito perfino mettere sotto il cuscino le tavolette con lo stilo e i fogli di pergamena, per tracciare qualche lettera quando si svegliava durante la notte. Ma non riuscì mai a scrivere bene: aveva cominciato troppo tardi! Carlo Magno favorì gli studi fondando una scuola (781) nel suo stesso palazzo (di Aquisgrana / Germania), la famosa “Schola Palatina”. Ricotti e Sabatini, pag. 58 del testo liceale di storia medioevale scrivono: “Personalmente l'imperatore non era dotto; conosceva il latino, capiva alla meglio il greco, scriveva a fatica. Ma aveva pronta intelligenza e viva curiosità di sapere… alla sua Corte… Paolo Diacono, Eginardo Giovanni Scoto Eriugena, Pietro da Pisa, Paolino d'Aquileia, Rabano Mauro e, maggiore di tutti, Alcuino di York, ispiratore e animatore della Scuola Palatina, dove si usava la nuova scrittura che, prendendo il nome da Carlo, fu detta, appunto Carolina; era semplice e chiara, vicina al modello romano… e divenne fondamento della scrittura moderna”. Lo storico Gabriele De Rosa scrive che Carolina aveva “forma arrotondata ed era di gradevole lettura, tanto che restò alla base dei caratteri tipografici nel XVI secolo”; ma con lei Carlo non ebbe successo, dovette arrendersi! A differenza di Palatina, adorata creatura e compagna di viaggio d'un uomo semplice ed innamorato del sapere; al quale essa procurò fama, onori e gloria, dentro e fuori della Germania, anche grazie e insieme alla nascita ed alla rifioritura di numerose scuole episcopali e conventuali (Fulda, Orléans, San Gallo, Tours, Chartres), che l'imperatore amava visitare spesso e volentieri. Della Palatina il Nostro menava comprensibilmente vanto, compiaciuto e trionfante, visibilmente preso e voluttuosamente appagato dalla riconoscenza e dalla devozione che essa pubblicamente gli tributava e che lui notoriamente ricambiava con un impegno ed un ardore ai confini della passione e della fisicità. E di queste ultime Carlo, che di 'Magno' ebbe ben poco se si pensa alla mano pesante usata coi sassoni (che non si volevano convertire al Cristianesimo), si intendeva e si nutriva a volontà! Basta pensare alla numerosa prole, circa venti figli, assicuratagli da ben cinque mogli, senza citare le concubine… Ignorava, il fondatore della prima scuola pubblica della storia, il pioniere di una scuola per il popolo presso ogni monastero e/o cattedrale, il “padre” della scuola elementare… quello che di lui avrebbero detto e pensato gli scolari!

Nello Boragine
(da Il Sidicino - Anno VII 2010 - n. 6 Giugno)