L'ASSOCIAZIONE
 
il Sidicino
 
Indice per autore
 
Indice Nello Boragine
 
 

Alla ricerca di uno sconosciuto: il dialetto

Mentre nel 1913 Proust andava alla ricerca del “tempo perduto” e qualche mese fa mezza Europa era impegnata nella toccante ricerca di elementi utili alla identificazione di “Pianoman”, il recente varo del provvedimento governativo riguardante l'ultimo passaggio della Riforma Moratti, quello della scuola secondaria, offre allo scrivente lo spunto per muovere alla ricerca di uno sconosciuto che, nel caso di specie, non è una persona e nemmeno una categoria metafisica: è un codice di comunicazione avente dignità non inferiore a quella della nostra lingua nazionale: il dialetto, quello dei Sidicini, naturalmente. Esso fa parte del più diffuso e accreditato dialetto campano che, in ultima analisi, è figlio del latino, la lingua dei nostri antenati.
E proprio a questo proposito entra in gioco la riforma Moratti, musa ispiratrice della nostra ricerca, perché all'interno dell'impianto generale di essa, relativamente alla scuola dell'obbligo, essa apre invero il cuore alla speranza per un accenno che personalmente riteniamo beneaugurate al latino. Infatti l'allegato C alle Indicazioni Nazionali destinate alla Scuola Secondaria di l° grado, prevede fra l'altro:
a) approfondimenti sulle principali tappe evolutive della lingua italiana, valorizzando l'origine latina,
b) rapporto esistente tra la lingua e contesto storico sociale,
c) riconoscere i principali mutamenti e le permanenze lessicali e semantiche della lingua latina nell'italiano e nei dialetti.
Un altro significativo passaggio lo incontriamo nelle Indicazioni Nazionali per le classi IV e V elementare, là dove si legge testualmente: “…rilevare corrispondenze lessicali tra dialetto e lingua”.
Infine per la classe I elementare v'è un generico accenno ai “diversi linguaggi verbali”, tra i quali, evidentemente, è sottinteso il codice dialettale.
L'argomento, in verità, è stimolante perché postula un processo storico, culturale e soprattutto linguistico che non può partire che da lontano, dalle nostre radici, che la attuale società sembra voglia collocare a milioni di anni luce da noi, fino a tentare di cancellarle del tutto, magari in nome del know how globalizzante e totalizzante di turno. Ne è prova la conoscenza e la dimestichezza che specialmente i più giovani mostrano di avere per i neologismi e le espressioni in particolare di origine inglese imperanti nel mondo della tecnologia, dell'informatica, dello sport, della moda, dello spettacolo. Di contro ignorano il significato di espressioni e termini del nostro dialetto, corrispondenti a soggetti, oggetti e concetti tuttora presenti, come per esempio: a' sartania, a' tiella, a' vrulara, u' craunciulo, u' cinqurente, a' rocca, u' raurinio, u' zuppino, a' mmappata… per non parlare di termini caduti in disuso come u' treppete, a' vrasere, u' vattimuro, u' strummolo, u' nnanziporta, u' scaraballe, l'aulecene, a' scorda…..
Si tratta di progresso? Di crescita civile, culturale, linguistica? Insomma, di un fatto positivo, o piuttosto di un limite, di un ostacolo alla conoscenza o alla definizione della nostra identità.? Che un termine inglese soppianti un termine dialettale è più che spiegabile e comprensibile: il primo fa parte della comunicazione internazionale, il secondo di quella locale.
Tocca allora alla lingua nazionale mediare fra i due codici, ad evitare che la naturale insopprimibile proiezione verso il futuro finisca per cancellare il passato e contaminare, paradossalmente, lo stesso presente. Determinante diventa, allora, il ruolo della Scuola, dove nell'ambito delle diverse forme di comunicazione deve trovare opportuna e doverosa collocazione il dialetto. Certo non pretendiamo che nella scuola di oggi si giunga alla adozione di un libro magari “uguale e contrario” rispetto a quello intitolato “LIBRO PER GLI ESERCIZI DI TRADUZIONE DAL DIALETTO”, previsto come testo obbligatorio per le classi superiori alla seconda elementare dalla Riforma Gentile del 1923. Ma non ci dispiacerebbe che alla domenicale “Sfida di dialetto” in onda la sera tardi su Radio 24 si affiancassero analoghe, idonee e fruttuose iniziative anche da parte della tv, della stampa e, soprattutto, della scuola!
Il tutto non per indulgere alla nostalgia o all'autocelebrazione, ma semplicemente.

Nello Boragine
(da Il Sidicino - Anno II 2005 - n. 7 Novembre)