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Indice Alfredo Balasco
 
 

La rete territoriale dei beni archeologici e architettonici

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pubblicato in: "Studi e ricerche sui beni culturali e paesaggistici per lo sviluppo turistico delle aree territoriali della Campania", a cura di Mariano Nuzzo, Noventa Padovana, 2021, pp. 57-84.
 


Fig. 11. Prata Sannita, castello medievale (foto A. Balasco)
 

L’architettura militare
La ricostruzione del sistema insediativo e dei centri fortificati di Terra di Lavoro è particolarmente complessa per l’articolazione dei diversi poteri che si contesero il territorio della provincia, che dall’inizio del nuovo millennio investirono l’intero Mezzogiorno. Per ricostruire in modo attendibile la struttura insediativa e l’articolazione delle istituzioni politiche amministrative occorre partire dall’alto medioevo e in particolare sulla formazione dei primi organismi urbani autonomi che svolsero un ruolo fondamentale nell’organizzazione degli insediamenti dell’entroterra. Nell’alto Medioevo Terra di Lavoro fu interessata dalla contrazione e, talvolta, dalla completa scomparsa di molte evidenze urbane. La crisi per molte città antiche iniziò in conseguenza delle distruzioni dovute alla guerra Greco Gotica (535-553), accentuandosi con fenomeni di totale abbandono per molte città anche per gli effetti delle devastanti scorrerie saracene tra l’VIII e X secolo. Solo intorno alla metà del X secolo gli spazi abitati fuori e dentro le mura ripresero ad espandersi, contestualmente ad una lenta ripresa demografica e al diffondersi dell’incastellamento verso le aree più interne. Con l’avvento dei Normanni, le architetture militari registrarono importanti cambiamenti morfologici e strutturali, in stretta relazione con il processo d’incastellamento e con la contestuale diffusione del feudalesimo. La successiva dominazione Sveva (1194-1266) comportò una nuova fase nella storia delle fortezze meridionali, con mutamenti di rilievo nell’ordinamento militare. Per la prima volta le fortezze furono oggetto di regolamenti specifici che determinarono un sistema strategico unitario di tutta l’area meridionale. L’architettura fortificata in Terra di Lavoro, promossa dagli Angioni e poi potenziata dagli Aragonesi, conobbe una notevole diffusione secondo i canoni dell’architettura provenzale, assumendo un carattere nuovo, completamente diverso dal periodo normanno-svevo.
Un nuovo assetto territoriale coinvolse la Campania settentrionale a cavallo tra l’VIII e IX secolo, per il concentrarsi di interessi politici ed economici delle comunità monastiche e dell’aristocrazia longobarda, in un’area che era posta sul confine con il Ducato Romano. All’interno di questo quadro generale, iniziarono a svilupparsi i casali, collocati sulle alture e più raramente dei castra, assoggettati ai monaci benedettini. Ancora per i secoli X e XI è raro trovare insediamenti provvisti di opere difensive, mentre si diffondono in modo radicale nel XII secolo con la costruzione di rocche e castelli, che segnano il paesaggio dell’alto Casertano e delle aree limitrofe poste tra la Campania e il basso Lazio. Gli insediamenti fortificati si diramano secondo due direttrici principali: la prima segue il corso del fiume Volturno, con rocche poste sulle alture e comprende le località di Baia e Latina, Dragoni, Alife, Prata Sannita (fig. 11), Faicchio, Santoianni; la seconda è costituita da fortificazioni localizzate sui rilievi più elevati, in siti più arretrati rispetto al corso del fiume, e comprende i siti di Roccaromana, Caiazzo, Monte Verna, S. Croce di Piana, Piedimonte Matese, Castello del Matese, Gioia Sannitica49 (fig. 12).
Successivamente una miriade di fortificazioni e castelli furono realizzati, molte volte sovrapponendosi a sistemi difensivi più antichi, sia nei centri urbani di Teano e Sessa sia nei territori interni del Roccamonfina e del Matese. Prima in età sveva-angioina e poi in quella aragonese, i castelli vennero ristrutturati e potenziati con alte torri cilindriche su basi scarpate. L’evoluzione delle tecniche d’assedio con il diffondersi rapido delle armi da fuoco, tra la fine del XIV e i primi decenni del XV secolo, comportarono radicali cambiamenti nell’architettura fortificata. Una serie di accorgimenti furono adottati per aumentare la resistenza alle armi da fuoco con l’ispessimento delle mura, l’inserimento di basi scarpate, la riduzione in altezza delle torri cilindriche, l’eliminazione delle merlature e l’aggiunta di corpi bassi per favorire la tecnica del cosiddetto “fiancheggiamento”. Tra le fortificazioni più belle e suggestive di questo periodo, si ricordano quelle di: Francolise, Pietramelara, Vairano Patenora, Pietravairano, Conca della Campania, Mignano Monte Lungo, Rocca D’Evandro, Alvignano, Gioia Sannitica, Prata Sannita, Castello del Matese50.

L’architettura angioina-aragonese e barocca
Il mutamento dinastico verificatosi dopo la scomparsa della dominazione sveva con la presa del potere da parte angioina dell’Italia meridionale, comportò cambiamenti non solo sotto il profilo politico amministrativo, ma anche innovazioni nel campo dell’architettura, in quella figurativa della scultura, della pittura e della oreficeria. Tuttavia, occorre precisare che gli elementi d’importazione più innovativi, particolarmente nel campo dell’architettura, rimasero dei casi isolati per la prevalenza di una tradizione locale, fortemente radicata ai modelli figurativi e architettonici del passato. Gli angioini promossero la fondazione di conventi e chiese, privilegiando gli ordini mendicanti francescani e domenicani, mentre nel campo dell’architettura militare avviarono un vasto programma di restauro e trasformazione del precedente sistema castellare. Dell’architettura civile di età angioina rimane ben poco in Campania, ad eccezione di Palazzo Penne, del palazzo di Filippo di Taranto a Napoli e del complesso del Loggione a Teano (fig. 13). Quest’ultimo edificio fu costruito da Goffredo Marzano nel 1370, costituendo un raro esempio di interno monumentale impostato su grandi volte a crociera a sesto acuto, di residenza nobiliare in area campana51.
Con l’avvento degli Aragonesi nella prima metà del XV, in modo particolare durante il regno di Alfonso d’Aragona, iniziò per Napoli e il Mezzogiorno un periodo culturale tra i più fecondi della loro storia per la diversità dei linguaggi artistici che riuscirono a coniugare i caratteri di prevalente tradizione gotica-catalana con quelli provenienti dall’area toscana, ispirati alla cultura rinascimentale. Il repertorio figurativo utilizzava matrici linguistiche di diversa origine, diffondendosi velocemente prima a Napoli e subito dopo verso le maggiori città, fino a penetrare nelle zone più periferiche. Gli artefici di questo nuovo linguaggio artistico furono abili maestranze itineranti, certamente coordinate ed istruite da abili architetti, laddove si realizzarono edifici di grande valenza strutturale ed architettonica52.
La presenza di maestri di origine maiorchina contribuì a diffondere un patrimonio di immagini caratterizzato da elementi scultorei riccamente intagliati nella pietra locale, con un gusto ornamentale esuberante, virtuoso e dinamico. Di questo periodo, rimangono numerose testimonianze, che, seppure nella loro frammentarietà e talvolta carenti di un certo rigore stilistico, mostrano una forte autonomia formale e architettonica, tanto da caratterizzare ancora oggi, malgrado le molte mutilazioni e trasformazioni subite nel tempo, l’aspetto architettonico e urbanistico di numerosi abitati dell’area. Sessa Aurunca, Carinola, Teano, Roccamonfina, Conca della Campania, Piedimonte Matese e Prata Sannita, costituiscono i centri urbani in cui si conservano le maggiori testimonianze di architettura civile e religiosa di cultura catalano-aragonese.
Tra i complessi conventuali francescani di maggiore rilevanza architettonica, realizzati in tale periodo storico, vi sono: il convento di S. Antonio a Teano del 1428 (fig. 14); San Francesco di Casanova di Carinola, fondato nel XIII secolo, e rimaneggiato intorno alla prima metà del XV secolo; San Domenico a Sessa Aurunca del 1425 (fig. 15); il convento dei Lattani a Roccamonfina; il convento di San Francesco a Prata Sannita, ultimato nel 1480. Tutti questi complessi si caratterizzano per i chiostri quadriportici, voltati a crociera su archi a sesto acuto poggianti sopra pilastri con semicolonne e capitelli decorati con motivi fitomorfi. Cicli di affreschi sulla vita di San Francesco e nel caso del convento di San Domenico a Sessa con episodi sulla vita di San Domenico, decoravano le lunette delle pareti perimetrali dei In questo articolato panorama, l'opera architettonica più nota e celebrata, attribuita a Guillem Sagrera e a suo figlio Jaymo, è il palazzo di Marinello Marzano a Carinola53 (fig. 16), costruito tra il 1449 cd il 1458. Danneggiato nell'ultimo conflitto mondiale e dagli eventi naturali, del suo antico splendore conserva il cortile con lo scalone d'onore, il cui patio trova confronti con quello del Palacio della Generalitat di Valenza sul genere della produzione di Pere Johan, è il bellissimo portale cuspidato, che consentiva l’accesso al distrutto salone d'onore, simile a quelli della camera dorata nella loggia occidentale del Palazzo della Deputazione Generale di Catalogna a Barcellona e di quello tricuspidato del portale di palazzo Antignano a Capua. Non mancano tuttavia altri esempi notevoli di dimore signorili, come il palazzo Petrucci-Novelli sempre a Carinola e il palazzo a via Scanziati a Sessa Aurunca, probabilmente appartenuto al Gran Capitano Gonzalo Fernández de Corduba, che presenta finestre a croce guelfa con esili colonnine nella parte inferiore, attribuito all’opera di Matteo Forsimanya e di Antonio Gorino54.
Tra gli episodi architettonici più rilevanti, per la loro vicenda storica storica, imponenza monumentale e impegno costruttivo, si ricordano il palazzo Ducale di Pietramelara (fig. 17) realizzato tra il 1540 e 1550 e il maestoso palazzo ducale dei Gaetani d’Aragona a Piedimonte Matese (fig. 18). Quest’ultimo domina con la sua imponente mole la zona collinare di S. Giovanni. L’interno di articola intorno a una corte rettangolare, disposta su due livelli. La dimora conserva fasi edilizie del XV secolo, con trasformazioni significative avvenute tra il 1700 e 1714. Dei periodi costruttivi precedenti rimangono alcune finestre ogivali e un portale in stile durazzesco catalano. Nel Cortile delle Aquile è posta la fontana decorata con la scultura del rapace, simbolo della famiglia Gaetani. Un monumentale salone d’onore presenta decorazioni rinascimentali, mentre le altre sale conservano stucchi e dipinti del XVII e XVIII secolo55.
Altrettanto numerose sono le testimonianze architettoniche dei secoli successivi, in particolare per i centri di Sessa, Teano, Piedimonte Matese e Carinola, a cui si aggiunge il cospicuo, ma pressoché ignoto, patrimonio edilizio storico delle aree rurali più interne. Un’edilizia con episodi costruttivi di grande interesse tipologico e architettonico, che conserva in molti casi apparati decorativi, pittorici e scultorei di un certo interesse artistico.
Gli abitati rurali e le masserie, seppure essenziali nella qualità architettonica per l’uso povero dei materiali e dei mezzi costruttivi, costituiscono l’espressione della cultura materiale contadina, unici per la qualità paesaggistica e per i loro apparati tecnologici, laddove conservati, legati alle fasi di produzione dell’olio, di trasformazione dei cereali e dell’allevamento degli animali. Non è raro trovare in questi abitati rurali chiese e dimore signorili di grande interesse architettonico e decorativo, volute da una nobiltà terriera che non disdegnava risiedere in campagna senza rinunciare alle comodità di una vita di tipo urbano. Il periodo barocco, con le sue vistose architetture scenografiche, ha segnato in particolare i centri maggiori dell’alto Casertano, grazie all’azione combinata delle classi dirigenti al potere e di quelle ecclesiastiche.
Parte di questo rinnovamento avvenne come conseguenza dei disastrosi eventi sismici che colpirono la Campania tra il XVII e XVIII secolo, che provocarono la distruzione di molti centri dell’alto Casertano, in modo particolare dei paesi dell’arco montano matesino. Il linguaggio barocco si impose in modo preponderante sul rinnovo architettonico e artistico nelle città di Teano, Sessa Aurunca e Piedimonte. Tali centri arricchirono il proprio patrimonio monumentale con chiese di grande impatto scenografico e di notevole valore architettonico, progettate dai più illustri architetti della capitale, riccamente decorate da stucchi e opere pittoriche eseguite da celebrati artisti dell’epoca56.

La conservazione, la valorizzazione e la sostenibilità
La conoscenza delle peculiarità culturali e ambientali del territorio in esame costituiscono la base essenziale per programmare uno sviluppo sostenibile dell’area, incentrato sulla tutela e valorizzazione del paesaggio, inteso come opera di trasformazione sapiente ed equilibrata dell'uomo. La previsione di un insieme d’interventi rispettosi e compatibili del patrimonio storico, culturale e ambientale, orientati alla conservazione e valorizzazione, è alla base di una fruizione intelligente, che si concretizza attraverso la creazione di itinerari tematici utilizzati sia dai visitatori esterni sia dalla gente del posto.
Appare evidente che per attuare una pianificazione su tali presupposti, occorrerà sviluppare azioni sinergiche tese a coinvolgere le istituzioni e i vari enti preposti alla tutela del territorio, superando i campanilismi locali che talvolta costituiscono un limite ad una efficace azione di valorizzazione applicata su aree territoriali omogenee sotto il profilo culturale e geografico, ma che possono includere diverse realtà amministrative limitrofe tra loro.
Una adeguata valorizzazione potrà essere attuata attraverso progetti di area vasta, come oltretutto auspicato dalle attuali direttive europee, favorendo uno sviluppo territoriale in coerenza e in armonia con le potenzialità e le risorse presenti in esso. In tal senso, la costituzione dei parchi naturali, archeologici, del gusto, congiuntamente al recupero dell’edilizia storica sono strumenti di tutela attiva, costituendo di fatto gli elementi guida per una corretta pianificazione del territorio e quindi di una corretta valorizzazione dei beni culturali e del paesaggio. Per attuare un programma di valorizzazione su vasta scala, rimane fondamentale l’interdipendenza tra i vari ambiti geografici limitrofi, promuovendo per essi, nel rispetto della omogeneità culturale e geografica delle aree, le condizioni migliori per incentivare i visitatori a conoscere e sostare nel territorio per motivazioni turistiche di qualità. In concreto, è fondamentale individuare itinerari tematici indirizzati alla conoscenza della storia del luogo, del patrimonio architettonico, del paesaggio, del cibo e degli usi e costumi, offrendo ai visitatori una vasta gamma di opportunità sia sotto l’aspetto conoscitivo sia dell’accoglienza tramite l’offerta di servizi di qualità., ove l’apporto dell’imprenditoria privata in termini di esperienza e di investimenti potrà risultare determinante per la riuscita del progetto. Appare inoltre fondamentale realizzare adeguate strutture divulgative da collocare lungo i percorsi di visita, impiegando tecnologie informatiche all’avanguardia, per comunicare correttamente ai visitatori le caratteristiche del sito e per orientarli nella scelta dei punti di accoglienza per la ristorazione, per l’acquisto dei prodotti tipici e per il pernottamento.
Per tutto ciò, è auspicabile attuare un progetto generale sull’intero comprensorio del vulcano spento di Roccamonfina e dell’area matesina, attraverso la creazione di percorsi tematici, individuati sulla base delle peculiarità storiche, ambientali, archeologiche e architettoniche delle realtà territoriali, ma inseriti in un sistema a scala provinciale e regionale con lo scopo di unificare e relazionare le singole parti con il tutto. Tuttavia è opportuno precisare che oltre alla valorizzazione delle emergenze monumentali e delle cose più notevoli sotto il profilo culturale, occorrerà porre particolare attenzione alla conoscenza e alla valorizzazione del patrimonio considerato, a torto, minore degli agglomerati rurali, delle masserie ed anche di quello immateriale. Un patrimonio a cui bisogna restituire il giusto valore e dignità, che merita di essere salvaguardato e protetto, alla stessa stregua di un’opera d’arte, per trasmettere alle generazioni future la memoria storica di una terra che ha svolto e potrà svolgere un ruolo fondamentale nella crescita culturale ed economica della Campania.
(fine)
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NOTE:
49 Sul processo d’incastellamento nella Campania settentrionale si veda: FRISETTI A., L’incastellamento della Campania Settentrionale: la Media Valle del Volturno, in R. Brancato, G. Busacca, M. Massimino (a cura di), Archeologi in progress. Il cantiere dell’archeologia di domani, Atti del Convegno, Catania 23-26 maggio 2013, Bologna, 2015, pp. 451-458.
50 Sui castelli e fortificazioni di età angioino-aragonese nella Campania settentrionale, si veda: SANTORO L., Castelli angioini aragonesi nel Regno di Napoli, Milano, 1982; D’APRILE M., Murature angioino-aragonesi in Terra di Lavoro, Napoli, 2001.
51 BALASCO A., Alcune note sull’architettura catalana” nell’ alta Terra di Lavoro, in A. Panarello (a cura di), Conoscere il Roccamonfina, 2. L’Architettura, Atti del Convegno e Catalogo della mostra, Roccamonfina 11 settembre 2010, S. Nicola la Strada, 2010, pp. 66-70; ACETO F., VITOLO P. (a cura di), Architettura e arti figurative di età gotica in Campania, Battipaglia, 2017, p. 40.
52 Sull’architettura catalana-aragonese in Terra di Lavoro si veda: ROSI. M., Carinola Pompei quattrocentesca, Napoli, 1997 (ristampa); CUNDARI C. (a cura di), Verso un repertorio dell’architettura catalana – Architettura catalana in Campania province di Benevento, Caserta, Roma, 2005: Cfr. BALASCO A, 2010, pp. 41-84.
53 Sul palazzo di Marino Marzano a Carinola si rimanda: ROSI M., Il palazzo Marzano di Carinola, Napoli 1979; Cfr. CUNDARI C. (a cura di), 2005; MIRAGLIA F., Il palazzo Marzano a Carinola vicende costruttive e restauri, Marina di Minturno, 2018.
54 Cfr. VILLUCCI A. M., 1995, p. 67.
55 BELLINI C., Il palazzo ducale di Piedimonte Matese, in Rivista di Terra di Lavoro – Bollettino on-line dell’Archivio di Stato di Caserta – Anno 3°, n. 2, 2008, pp. 39-43.
56 Tra le chiese barocche più monumentali si ricordano: la chiesa dell’Annunziata di Sessa Aurunca, fondata nel XV secolo e poi ricostruita su progetto di D. A. Vaccaro; l’Annunziata di Teano di fondazione medievale, ricostruita successivamente ai disastrosi terremoti che colpirono la Campania tra il 1732 e l’anno successivo, sempre su progetto del Vaccaro secondo quanto riportato dal De Dominici; la chiesa del SS. Salvatore a Piedimonte Matese, costruita nel 1654, in sostituzione di un edificio religioso precedente, su progetto di Cosimo Fanzago, uno dei massimi esponenti dell’architettura barocca italiana.

Alfredo Balasco
(da Il Sidicino - Anno XIX 2022 - n. 10 Ottobre)

Fig. 12. Gioia Sannitica, ruderi del castello e del borgo medievale
(foto A. Balasco)
 
Fig. 13. Teano, ingresso monumentale tardo gotico del “Loggione”,
XIV secolo (foto A. Balasco)
 
Fig. 14. Teano, convento francescano di S. Antonio, chiostro del
XV secolo (foto A. Balasco)
 
Fig. 15. Sessa Aurunca, convento di S. Domenico, chiostro del
XV secolo (foto A. Balasco)
 
Fig. 16. Carinola, palazzo “Marzano”, patio della
scala d’onore, XV secolo (foto A. Balasco)
Fig. 17. Pietramelara, facciata del palazzo ducale,
XV-XVI secolo (foto A. Balasco)
Fig. 18. Piedimonte Matese, facciata del palazzo ducale
(foto A. Balasco)