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Indice Alfredo Balasco
 
 

La rete territoriale dei beni archeologici e architettonici

(I parte)
 
pubblicato in: "Studi e ricerche sui beni culturali e paesaggistici per lo sviluppo turistico delle aree territoriali della Campania", a cura di Mariano Nuzzo, Noventa Padovana, 2021, pp. 57-84.
 


Fig. 1. Calvi, cavea del teatro romano (foto A. Balasco)
 

L’analisi condotta, seppure allo stato preliminare della ricerca, è stata possibile attraverso una ricognizione diretta suoi luoghi, coadiuvata da una vasta campagna fotografica e dallo studio delle fonti documentarie e bibliografiche. Il quadro d’insieme fornisce una lettura straordinaria, talvolta inedita, del patrimonio culturale presente in questa parte della Campania, che ha svolto fin dall’antichità un ruolo cruciale nella formazione storica della Regione. Questo considerevole patrimonio storico-architettonico, pilastro fondamentale della nostra memoria storica, è pressoché ignoto, molte volte privo di qualsiasi vincolo di tutela, non adeguatamente valorizzato e non inserito nei circuiti turistici a livello regionale e nazionale. Tale carenza va arginata con l’attuazione di un programma di valorizzazione, attraverso la realizzazione di itinerari tematici tra di loro connessi da una rete di supporti informativi divulgativi, e la creazione di servizi di accoglienza di qualità rispettosi dell’ambiente, delle aree archeologiche, dei tessuti urbani antichi e degli edifici rurali.

Il territorio tra il Roccamonfina e il Matese
Il comprensorio del Roccamonfina e del Matese, posto geograficamente nella parte settentrionale dell’Alto Casertano rientra nell’area compresa tra il fiume Garigliano, il complesso vulcanico spento di Roccamonfina, la catena montuosa del Massico, la valle del Volturno, e la catena montuosa del Matese, rappresenta l’accesso naturale alla Campania da parte di chi giunge dal basso Lazio e dal Molise. Parte integrante di questo comparto geografico sono i due Parchi regionali del Roccamonfina e del Matese, che per la suggestiva bellezza del paesaggio naturale costituiscono il vero polmone verde della provincia di Caserta. Alla grande qualità ambientale e alla bellezza dei paesaggi si aggiunge il ricchissimo patrimonio architettonico, artistico e archeologico di grande rilevanza storica e culturale.
È importante sottolineare che tale contesto è ancora scarsamente valorizzato in virtù di una pianificazione territoriale poca attenta alle risorse del territorio, carente nella capacità promozionale e all’inserimento nei circuiti del turismo culturale a livello regionale e nazionale di tale patrimonio.
Alla scarsa valorizzazione s’aggiunge il gravissimo processo di degrado in atto dell’edilizia storica e degli insediamenti rurali, in parte attribuibile allo sfruttamento e al saccheggio delle risorse avvenuto negli ultimi decenni. L’indiscriminato consumo del suolo, in contrasto con una crescita sostenibile a scala territoriale, ha costituito il maggiore ostacolo per uno sviluppo economico volto a coniugare le esigenze dell’economia con quelle dei valori ambientali, storici, culturali e sociali dell’area. Un ulteriore aspetto della questione, certamente non secondario, è la mancanza, allo stato attuale, di una schedatura e catalogazione puntuale del patrimonio storico-architettonico dell’area. Su quest’ultimo argomento, il progetto di ricerca ha avviato su sedici comuni dislocati tra l’area del Roccamonfina e quella del Matese una molteplicità di iniziative sia per l’aspetto conoscitivo sia l’elaborazione di progetti finalizzati da un lato alla valorizzazione e alla divulgazione, dall’altro studi di fattibilità per la conservazione, il restauro del vasto patrimonio architettonico, artistico, archeologico e religioso.
Fatta eccezione per i casi più eclatanti sotto l’aspetto monumentale, buona parte del patrimonio architettonico, archeologico e dell’edilizia rurale è ancora poco noto, anche alle stesse istituzioni preposte alla sua tutela e salvaguardia. La conoscenza rimane, quindi, un aspetto fondamentale nell’attuazione di una strategia di salvaguardia tesa a scongiurare la scomparsa di importanti testimonianze culturali e nello stesso tempo impedisca le trasformazioni arbitrarie, le manomissioni e la distruzione del patrimonio storico-architettonico.
Tuttavia, l’areale in esame presenta a tutt’oggi elementi di conservazione notevoli, seppure negli ultimi decenni questa integrità è stata sensibilmente compromessa principalmente negli insediamenti urbani più grandi e nelle aree più soggette alla pressione della speculazione edilizia.
In questo quadro appare irrinunciabile la conservazione e il recupero degli abitati storici e di quelli rurali, nei quali è possibile cogliere l’alternarsi della presenza umana dalla fine del mondo antico ad oggi, e del paesaggio agrario, seppure in parte compromesso nella sua integrità dallo sfruttamento agricolo intensivo e da una pianificazione territoriale troppe volte poco attenta alle qualità dell’ambiente.
L’abbandono progressivo dell’edilizia storica, che in alcuni casi supera il 30% delle abitazioni esistenti e in quelli più eclatanti lo svuotamento pressoché totale di interi centri abitati, costituisce uno dei fenomeni più preoccupanti ai fini della conservazione, della fruizione e della trasmissione alle generazioni future di un patrimonio culturale unico e irripetibile, fondamento della nostra memoria storica. Un fenomeno che potrà essere interrotto favorendo una pianificazione urbanistica che privilegi il recupero dell’esistente e il mantenimento della residenza all’interno dei centri storici.
Il recupero della edilizia storica comporta una lettura attenta e rigorosa del linguaggio locale, attraverso la conoscenza dei materiali, delle tecniche costruttive e della evoluzione storica e tipologica degli insediamenti abitativi, solo in questo modo sarà possibile evitare la perdita di un patrimonio edilizio irripetibile, per tutto ciò che riesce a trasmettere in termini di valori storici e di testimonianza della vita vissuta da parte delle generazioni che ci hanno preceduto. Appare importante estendere il concetto di salvaguardia anche agli insediamenti rurali storici, posti al di fuori delle mura cittadine, non escludendo da essi i singoli manufatti rurali (masserie, fattorie, luoghi di produzione agricola) di valore culturale e ambientale pari a quelli presenti in ambito urbano, quindi meritevoli allo stesso modo di essere tutelati, recuperati e valorizzati, anche per tutto ciò che attiene agli aspetti della vita quotidiana, compreso il cibo e i prodotti agricoli. Una vasta rete di centri fortificati e di castelli, di origine medievale, caratterizzano tutto l’areale, a dimostrazione del ruolo strategico che questa parte della Campania ha svolto nelle dinamiche economiche, politiche e militari nella storia del Mezzogiorno d’Italia. Altrettanto unico è il vastissimo patrimonio archeologico, che annovera innumerevoli siti di età preistorica, preromana e romana, con necropoli, ville rustiche, aree sacre e resti di città, tra le più importanti della Campania antica, tra le quali: Teanum Sidicinum, Suessa, Cales e Allifae. Città che conservano notevoli complessi monumentali tra i quali: teatri, anfiteatri, edifici termali, santuari, ninfei, criptoportici e spazi pubblici destinati alle funzioni politiche, pubbliche, Foro e religiose. Tali complessi si inseriscono all’interno di impianti urbanistici costituiti da reticoli stradali regolari, tuttora riconoscibili negli abitati medievali. Si vedano ad esempio i centri storici di Teano, Sessa, Alife, i cui tessuti urbani, di origine preromana e romana, pur avendo subìto trasformazioni e alterazioni nel corso dei secoli, mantengono molte delle caratteristiche urbanistiche originarie.

Il patrimonio archeologico
La presenza dell’uomo in questa parte della Campania è antichissima, frequentata fin dal Pleistocene da ominidi, vissuti circa 350.000 anni fa, che lasciarono le proprie impronte lungo delle piste di transito nel sito in località Foresta, nei pressi dell’abitato odierno di Tora e Piccilli1. Altri siti preistorici hanno restituito materiali che risalgono al Paleolitico, all’Eneolitico, cultura del Gaudo, e all’età del Bronzo medio in varie località del Roccamonfina e del Matese2.
Fin dall’età protostorica l’area fu in parte abitata dal popolo degli Ausones, a cui si sovrapposero successivamente gli Osci, i Sidicini e i Sanniti. La presenza di tali popolazioni ha lasciato importanti testimonianze nei resti di materiali mobili (ceramica, oggetti votivi), riconducibili agli abitati e alle stipi votive sparsi nel territorio. Queste genti vivevano in villaggi e avevano i luoghi di aggregazione, per motivi religiosi e politici, nei santuari in cui celebravano divinità legate alla fertilità, alla sfera domestica e alla guerra. Il controllo del territorio e la sua difesa, erano affidati a luoghi fortificati da imponenti cinte murarie in opera poligonale. Tra i siti fortificati più significativi nel territorio del Roccamonfina, vi sono quelli di monte Frascara, noto con il nome di “Orto della Regina”, e la cinta poligonale di monte Santa Croce3. In area matesina va segnalata la cinta, certamente la più importante tra quelle ubicate nella zona, di monte Cila, posta a difesa dell’insediamento sannita sovrastante l’attuale Piedimonte Matese. Altri recinti fortificati si trovano a Castello del Matese, a Castellone a Torcino, a Capriati al Volturno, a Prata Sannita, “Muro delle Fate”, a Raviscanina e soprattutto a Roccavecchia di Pratella4.
A questa prima fase organizzativa per nuclei di abitati sparsi, si passa, nel corso del IV secolo a.C., alla fondazione di vere città: come Teanum Sidicinum, città stato dei Sidicini, popolazione italica di origine Sabellica, dotata di mura in grandi blocchi di tufo accuratamente squadrati e posti in opera di testa e di taglio, nonché di un impianto urbano con quartieri delimitati da insulae regolari in cui s’inseriscono grandi complessi monumentali5.
L’area, per la sua posizione strategica, in quanto porta d’accesso alla fertile pianura campana, fu oggetto di conquista da parte dell’espansionismo romano, che ne esercitò il controllo attraverso deduzioni coloniali sia di diritto latino, Suessa6 nel 313 e Cales7 nel 334, sia di diritto romano, Sinuessa nel 296 a.C. e Allifae nel 42 a.C. Quest’ultima città si caratterizza per un impianto urbanistico, cosiddetto di tipo a castrum, costituito da un rettangolo con angoli curvi e vie interne disposte ortogonalmente, secondo due assi principali che danno origine ad isolati regolari, in continuità con la centuriazione esterna alle mura cittadine. Le mura delimitano un perimetro regolare di forma rettangolare, con torri circolari e quadrangolari poste lungo le cortine, con angoli arrotondati e asse principale orientato nord ovest - sud est8.
Altre città di una certa importanza ubicate nell’ager Falernus, sono: Forum Popilii, il principale abitato antico della zona, i cui resti sono localizzati nella località “Civitarotta”, a pochi chilometri da Carinola. Recenti scavi hanno messo in luce due isolati della città antica e un battistero paleocristiano del IV secolo che si era sovrapposto ad un precedente edificio termale9; Forum Claudii, sempre nel territorio di Carinola, tra l’odierno abitato di Ventaroli e la strada statale Appia. Dall’area di Forum Claudii affiorano resti pertinenti ad un’area monumentale, forse comprendente il foro, nei cui pressi si trova la bella cattedrale episcopale di Santa Maria in Foro Claudio del secolo XI, che ingloba strutture precedenti10.
Tra l’età repubblicana e quella medio imperiale Suessa, Teanum Sidicinum, Cales e Allifae divennero città fiorenti dotandosi di mura e di complessi monumentali spettacolari, realizzati nei casi più importanti da diretti interventi imperiali sia nella costruzione sia nel restauro di edifici più antichi. Riccamente abbelliti da una esuberante decorazione architettonica e scultorea, veicolavano il messaggio della propaganda imperiale all’interno delle comunità locali, particolarmente con la costruzione di grandi complessi teatrali, come a: Teanum Sidicinum, Suessa, Cales e Allifae. Negli esempi più antichi le cavee teatrali erano in connessione assiale con aree sacre tramite terrazze disposte in maniera scenografica rispetto al contesto urbano e al paesaggio, come a Teano e sul Monte San Nicola di Pietravairano11.
L’eccezionale monumentalità di questi complessi, congiuntamente ad altri grandi edifici pubblici della zona, quali: anfiteatri, impianti termali, templi, costituiscono il segno tangibile della prosperità raggiunta dalla Campania romana, per la sua posizione privilegiata, rispetto al resto dell’Italia. In particolare, il teatro di Cales (fig. 1), costruito in opera quasi reticolata alla fine del II sec. a.C. 12, insieme al Teatro-Tempio di Teano13 (fig. 2), della fine del II a.C., disposto su terrazze scenografiche, costituiscono, per le soluzioni innovative strutturali e architettoniche, due pietre miliari nel processo di sviluppo del modello teatrale di tipo Romano14.
Una ricchezza che raggiunge il suo apice in età imperiale, in particolare nelle città di Teanum, Suessa15, Cales e Allifae, ove si intrapresero interventi di monumentalizzazione dei frontescena teatrali (fig. 3), con l’impiego di apparati decorativi e scultorei realizzati con marmi pregiati, provenienti dalle cave imperiali di Africa, Grecia e Turchia.
Negli ultimi decenni ricerche e campagne di scavo hanno permesso scoperte archeologiche nell’alto Casertano, consentendo di mettere in luce vaste aree di necropoli, per la ricchezza dei loro corredi che rivelano una notevole agiatezza delle aristocrazie locali. Resti di abitati, di ville rustiche, di edifici pubblici e privati che restituiscono un quadro d’insieme che conferma la rilevanza economica, commerciale, strategica e culturale della Campania nel quadro generale dell’Italia e dello stesso Impero.
La ricchezza agricola del luogo è testimoniata dalle fonti antiche e in particolare da Livio16, che esaminando la produzione agricola dell’agro falerno affermava: «questa regione ha un’abbondanza stagionale, non continua, alberi, vigne, seminagioni sono più piacevoli che indispensabili», mettendone in evidenza la particolare fertilità della zona, seppure criticandone la mancata specializzazione delle colture. Il processo di romanizzazione dell’area aveva favorito lo sviluppo di un modello economico basato sulla produzione dell’olio, del vino e sulle attività di trasporto e commercializzazione di tali prodotti in Italia e nell'intero bacino del Mediterraneo a riprova di questa florida attività commerciale è fornita dalla presenza di fornaci impiegate per la produzione di anfore vinarie a partire dal II secolo a.C. All’interno di questo quadro generale s’inseriscono i rinvenimenti di ville produttive17, per lo più localizzate sulle dorsali collinari e pedemontane, disposte su terrazzamenti sorretti da uno o più muri in opera poligonale o quadrata in blocchi di calcare. Sulle opere di terrazzamento insisteva la parte abitativa della villa, allo scopo di preservane le fondamenta dal dilavamento e dalle frane. Oltre alla parte abitativa, le ville erano dotate di fornaci e di ambienti ove erano alloggiate le macchine agricole per la produzione del vino o dell’olio, nei locali che servivano per la lavorazione dei prodotti agricoli provenienti dalle coltivazioni circostanti all’impianto. Tali prodotti erano particolarmente, come già accennato, celebrati dalle fonti antiche, basti ricordare il rinomato vino Falerno e le olive sidicine considerate da Plinio il Vecchio, insieme a quelle ascolane, le più pregiate nell’Italia antica18.
Nell’area sidicina, a sud ovest di Teano, sono state scoperte ville rustiche nelle vicinanze delle frazioni di San Marco, San Giuliano e nella località San Giulianeta. Nell’agro Falerno resti di ville sono stati individuati nel territorio di Carinola, nelle località: “San Lorenzo” di Casanova di Carinola, località “Masseria San Salvatore” e località “Grella”. Mentre, a Francolise nelle località “San Rocco” e “Posto"; in territorio caleno le ville di Bricelle presso Sparanise, a Camigliano in località “Colonne Spezzate”, a Giano Vetusto ed infine a Bellona la villa in località “Madonna degli Angeli”19. Non mancano ritrovamenti di ville anche nell’area matesina, come: a Sant’Angelo di Alife, in località “Taverna-Starze”, a San Potito Sannita in località “Le Torelle” e a Gioia Sannitica nel sito della chiesa di San Mandato20.
Un importante insediamento artigianale per la produzione di anfore vinarie datato tra gli inizi del I a.C. e gli inizi I d.C., è stato scoperto lungo il fiume Garigliano, l’antico Liris, nel comune di Rocca d’Evandro in località Porto21. Le anfore prodotte venivano caricate su barche per essere poi trasportate in direzione della costa e poi esportate in tutta l’area del Mediterraneo.
Nel territorio di Pietramelara, sulle pendici di Montemaggiore, in località Castellone, giacciono i resti di un grande complesso terrazzato in opera incerta e poligonale della fine II e gli inizi del I secolo a.C., conosciuto come «Grotte di Seiano», composto da ambienti di servizio e cisterne che facevano parte probabilmente di un grande santuario22.
L’esistenza di una fitta rete stradale d’età romana, già in parte presente in epoca più antica, talvolta ancora perfettamente conservata, consentiva un capillare collegamento tra le città principali e i molteplici insediamenti presenti nell’area, anche per quelli posti nelle parti più interne e in altura. La capillare diffusione della rete viaria con la costruzione della via Latina, dell’Appia e da altre strade, rientrava nell’ottica del controllo militare di Roma sulla vasta zona posta tra la costa tirrenica e le aree interne della Campania e del Sud. La rete stradale era inoltre necessaria per il trasporto dei prodotti agricoli dalle aree rurali verso i grandi centri urbani della zona (Capua, Cales, Suessa, Teanum Sidicinum) e delle aree portuali dislocate lungo la vicina costa tirrenica, attraversando l’ager Falernus, in direzione della colonia romana di Sinuessa.
Le strade furono attrezzate di opere infrastrutturali di grande impatto strutturale e monumentale; a tale proposito lungo l’asse Minturnum – Suessa – Teanum – Allifae, che collegava l’Appia alla via Latina, per poi dirigersi in direzione del territorio alifano, fu realizzato un grandioso ponte-viadotto del II secolo d.C. (fig. 4), con pilastri in opera laterizia poggianti su ventuno poderose arcate con volte a cassettoni. La costruzione, conosciuta come “Ponte Ronaco” è poco distante dalla città di Sessa Aurunca23. Altre strade selciate collegavano Teanum e Suessa con la parte interna del vulcano spento del Roccamonfina, ove erano ubicate le cave per l’estrazione del tufo, della trachite, leucite e del basalto, materiali ampiamente utilizzati nell’edilizia pubblica, privata e nella produzione delle macine biconiche e circolari, usate rispettivamente per la macinazione dei cereali e delle olive. Ulteriori tratti viari erano diretti verso il Sannio interno toccando i centri di Allifae e Telesia, per poi proseguire in direzione di Beneventum. La via Latina, una via naturale arcaica che collegava l’Etruria alla Campania, passava per Teanum, la più grande città posta lungo il suo itinerario, per poi dirigersi verso Cales e congiungersi a Capua con l’Appia24.
La continuità di vita e una certa prosperità economica dell’area è attestata ancora per tutto il V secolo, almeno per alcuni centri urbani, sulla scorta di testimonianze epigrafiche significative e sui resti di importanti edifici pubblici e privati ove sono presenti interventi di restauro e rifacimenti che provano l’attenzione delle classi dirigenti verso tale territorio seppure in un periodo di grave crisi economica e di grande instabilità politica e sociale. Concordano con questa situazione la presenza a Teano di personaggi eminenti, tra i quali il potente consularis Campaniae Flavio Lupo, forse di origini teanesi, e l’importante gens Geminia, di rango senatorio, che promosse la costruzione di un mausoleo monumentale lungo la strada Teanum - Allifae, da dove proviene un mosaico policromo, rinvenuto agli inizi del Novecento, che rappresenta la più antica immagine della Natività su superficie mosaicata25.

(fine I parte)

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NOTE:
1 Sul sito Paleontologico di Tora e Piccilli si veda: PANARELLO A. et alii, On the devil’s tracks: unexpected news from the Foresta ichnosite (Roccamonfina volcano, central Italy), in Journal of Quaternary Sciense (2020) 1-13.
2 DE CARO S., La terra nera degli antichi campani, Napoli 2012, pp. 11-18.
3 Cfr. DE CARO S., 2012, pp. 182-183.
4 Cfr. DE CARO S., 2012, pp. 240-241.
5 Vasta è la bibliografia sulla città di Teanum Sidicinum, tra gli studi fondamentali si veda: PEZZULLI B., Breve discorso storico della città di Tiano Sidicino in provincia di Terra di Lavoro anticamente detta Campagna Ausonia, e ne mezzi tempi la Campagna Felice nel regno di Napoli, Napoli 1820, 97-113; BROCCOLI M. 1823, Teano Sidicino sacro antico, e moderno, P. III, T. III, Napoli 1823; RAIOLA G., Teanum Sidicinum, Santa Maria Capua Vetere, 1922; DELLA CORTE M. 1925: Teano – Mura preromane, in NSC, vol. I, 1925, pp. 165-174; JOHANNOWSKY W., Relazione preliminare sugli scavi di Teano, in BdA 46, 1963, pp. 131-165; DE FRANCISCIS A, s.v. Teano in Enciclopedia dell’Arte Antica, vol. VI, Roma 1965, pp. 638-640; GASPERETTI G., BALASCO A., Le mura dell’acropoli di Teanum Sidicinum nuovi contributi per la loro conoscenza, in T. Colletta (a cura di), Le cinte murarie urbane della Campania: Teano, Sessa Aurunca, Capua, Napoli 1996, pp. 23-41; BALASCO A., Contributi dal territorio. Teanum Sidicinum, in G. Gasperetti, A. Balasco, L.M. Proietti, L. Crimaco, Testimonianze archeologiche delle infrastrutture idrauliche di età romana tra il Garigliano e il Massico, in Uomo, Acqua e Paesaggio, ATTA II Suppl. 1997, pp. 252-254; RUFFO F. La Campania antica, appunti di storia e topografia, Roma 2010, pp. 103-111; SIRANO F., Contributi per la conoscenza di un centro italico dall’Ellenismo al Tardo Antico, in L. Mascilli Migliorini (a cura di), Terra di Lavoro. I luoghi della storia, Avellino 2009, pp. 57-79; Cfr. DE CARO S., 2012, pp. 186-200; PALMENTIERI A., RAUSA F. (a cura di), Teanum Sidicinum. Nuove prospettive per lo studio della città e della sua storia, Napoli 2019.
6 Per Suessa si veda: MAIURI A., Il criptoportico di Sessa Aurunca in Rendiconti Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti di Napoli, XXXVI, Napoli 1961, pp. 55-62; VALENZA N., Sessa Aurunca, in Enciclopedia dell’Arte Antica, Suppl. 1970, pp. 708-709; JOHANNOWSKY W, Note sui criptoportici pubblici in Campania, in Les cryptopotiques dans l’architecture romaine, Collection de l’Ecole Française de Rome, Roma 1973; Cfr. DE CARO S., 2012, pp. 175-182; CASCELLA S., RUGGI D’ARAGONA M. G., Memorie Aurunche di Matidia – Suessa: città e territorio dagli Aurunci all’età romana (a cura di S. Cascella e M. G. Ruggi D’Aragona), London 2012; CASCELLA S, Matidia Minore, la Biblioteca Matidiana e il Foro di Suessa (Sessa Aurunca – Ce): considerazioni preliminari sullo scavo del cosidetto Aerarium, in Oebalus, 2013, pp. 147-217; CASCELLA S., Suessa: storia e monumenti di una città della Campania romana, Napoli 2016.
7 Per Cales si veda: ZONA M., L’antica Calvi, o sia memorie istoriche intorno all’antichissima città di Calvi, Napoli 1797; RICCA A., Dissertazioni sull’antica Calvi, Napoli 1826; DE FRANCISCIS A., s.v. Calvi in Enciclopedia dell’Arte Antica”, vol. II, Roma 1959, p. 273; JOHANNOWSKY W., Relazione preliminare sugli scavi di Cales, in BdA 1961, pp. 258-268; FEMIANO S. R., Linee di storia, topografia ed urbanistica dell’antica Cales, Maddaloni 1988; RUFFO F., La Campania antica, appunti di storia e topografia, Roma 2010, pp. 134-141; PASSARO C., Cales. Dalla Cittadella medievale alla città antica. Recenti scavi e nuove acquisizioni, Sparanise 2009; Cfr. DE CARO S., 2012, pp. 109-119.
8 Per l’antica Allifae, si veda: TRUTTA G. F., Dissertazioni istoriche delle Antichità Alifane, Napoli 1776; DRESSEL E., La necropoli presso Alife, in Annali dell’Istituto, LVI, 1884, pp. 219-268; DELLA CORTE M., Alife. Esplorazioni archeologiche, in Notizie degli Scavi di Antichità, 1928, pp. 229-240; MARROCCO C., Museo Alifano di Piedimonte d’Alife, Oggetti di Antichità, Catalogo, 1935; MARROCCO D., L’antica Alife, Piedimonte di Alife 1951; CASTAGNOLI F., Ippodamo di Mileto e l’urbanistica a pianta ortogonale, in Rendiconti dell’Accademia dei Lincei, s. VIII, XI, 1956, pp. 370 sgg; MEROLLA M. I.: Allifae: le mura e il criptoportico, in Archeologia Classica, XVI, 1964, pp. 39-48; JOHANNOWSKY W, Note sui criptoportici pubblici in Campania, in Les cryptopotiques dans l’architecture romaine, Collection de l’Ecole Française de Rome, Roma 1973; SOMMELLA P., Città romane in Italia: tipologia e inquadramento storico, in Le città di fondazione, Atti del II Convegno internazionale di storia urbanistica, Lucca 1977, pp. 10-29; SOMMELLA P., Finalità e metodi della letteratura storica in centri a continuità di vita in Archeologia Medievale, 6, 1979, pp. 105-128; SOMMELLA P., L’Italia antica. L’urbanistica romana, Roma 1988, pp. 117-118, 129-130, 248; MIELE F., Alife (Ce). Aspetti della topografia e dell’edilizia domestica in Alife romana, in BdA, 11-12, 1991-1992, pp. 130-136; FRISETTI A., Le mura romane di Alife: Analisi preliminare dei restauri medievali, in G.Volpe, P. Favia (a cura di), V Congresso Nazionale di Archeologia Medievale, 2009, pp. 741-745; MARAZZI F., STANCO A. E., Alife: dalla colonia romana al gastaldato longobardo. Un progetto di lettura interdisciplinare delle evidenze archeologiche, in STAIM 2, Paesaggi e insediamenti urbani in Italia meridionale tra tardo antico e medioevo, Bari 2010, pp. 329-333; STANCO A. E., Alife sannitica: nuove acquisizioni storico-topografiche, (in appendice: relazione Dall’Osso del 18.06.1907), in Oebalus 6, 2011; Cfr. DE CARO S., 2012, pp. 223-232.
9 RESCIGNO C., SIRANO F., Forum Popilii, in Lo sguardo di Icaro. Le collezioni dell’Aereofototeca Nazionale per la conoscenza del territorio, a cura di M. GUAITOLI, Roma 2003, p. 429.
10 Per Forum Popilii e Forum Claudii, si veda: RUFO F., La Campania antica, appunti di storia e topografia, Napoli 2010, pp. 42-44: Cfr. DE CARO S., 2012, pp. 158-160.
11 Sul complesso santuariale di Monte San Nicola di Pietravairano, si veda: TAGLIAMONTE G., Nuove prospettive di ricerca archeologica a Pietravairano, in N. Lombardi, Teatro chiama teatro. Dalla scoperta di un complesso teatro-tempio della Civiltà del Volturno alle proposte operative per la scuola e per il territorio, Piedimonte Matese 2001, pp. 5-12;
TAGLIAMONTE G., Considerazioni sull’architettura santuariale di età tardo repubblicana tra Campania e Sannio, in L. Quilici, S. Quilici Gigli (a cura di), Architettura Pubblica e privata nell’Italia antica, Roma, pp. 53-68; TAGLIAMONTE G., SIRANO F., RENDINA L.M., CINQUE L., PANARITI D., ZERILLI S., Pietravairano (CE): il santuario del Monte San Nicola, in Il teatro ritrovato. Il complesso archeologico del Monte S. Nicola di Pietravairano, Formia 2012, pp. 5-16.
12 Sul teatro di Cales, si veda: PENSABENE P., Marmi e committenza negli edifici di spettacolo in Campania, in Marmora 1, PISA-Roma 2005, pp. 86-91; Cfr. DE CARO S., 2012, pp. 117-118; Cfr. PASSARO C., 2009, pp. 141-142.
13 Per la bibliografia essenziale sul Teatro-tempio di Teano si veda: AA.VV., Il Teatro di Teanum Sidicinum. Attraverso un progetto di valorizzazione, in RM 109 2002, pp. 317-336.; Cfr. PENSABENE P., 2005, pp. 112-121; SIRANO F., La scaenae frons del teatro di Teanum Sidicinum. Decorazione e arredo scultoreo, in S. Ramallo (a cura di), La scenae frons en la arquitectura teatral romana (Atti del Simposio Internazionale, Cartagena, Museo del Teatro Romano 12-14 marzo 2009), Cartagena 2010, pp.101-117; AA. VV., Il teatro di Teanum Sidicinum. Dall’Antichità alla Madonna delle Grotte, F. Sirano (a cura di), Cava de’ Tirreni 2011.
14 I teatri di Calvi e Teano si pongono all’avanguardia nel panorama degli edifici da spettacolo dell’Italia antica. La rivoluzionaria tecnica dell’opus caeminticium liberava gli edifici teatrali dai condizionamenti esterni, dai limiti strutturali e distributivi presenti nelle cavee più antiche, adattate ai pendii naturali oppure sostenute con riporti di terreno. L’introduzione del sistema strutturale dei muri radiali, delle volte rampanti, la distribuzione dei percorsi attraverso passaggi coperti e scale interne porteranno, nel volgere di pochi decenni, alla formazione del teatro di tipo romano.
15 Per il teatro di Suessa, si veda: CASCELLA S., Il teatro romano di Sessa Aurunca, Marina di Minturno 2002; Cfr. PENSABENE P., 2005, pp. 91-100; CASCELLA S., Il Teatro romano e la topografia di Sessa Aurunca, in L. Quilici, S. Quilici Gigli (a cura di), La forma della città e del territorio, (ATTA 15) Roma 2006, pp. 79-105.
16 XXII, 13, 6 sgg.
17 La produzione del vino era fortemente presente nella Campania settentrionale, particolarmente nell’ager Falernus; le tracce storiche di questa tradizione culturale sono tuttora individuabili nella ceramica da trasporto e da consumo di età preromana e romana, dai numerosi resti delle ville rustiche che costellavano le colline dell’ager campanus, ove si producevano vini famosi tanto celebrati e apprezzati dai romani. Sull’argomento, per una bibliografia essenziale, si veda: GUADAGNO G., Storia, economia ed architettura nell’ager falernus, in Atti delle giornate di studi (febbraio-marzo 1986), Minturno 1987; CRIMACO L., Il territorio di Sinuessa tra storia e archeologia in L. Crimaco, G. Gasperetti (a cura di), Prospettive di memoria. Testimonianze archeologiche della città e dal territorio di Sinuessa, Gaeta 1993, pp. 29-58; CONTI T, Le ville rustiche dell’ager Falernus: il territorio di Carinola, in F. Sirano (a cura di), In Itinere. Ricerche di archeologia in Campania, Cava dei Tirreni 2007, pp. 287-298; SIRANO F., Civiltà del vino e Sidicini. Appunti per la storia locale., in A. Balasco, T. Conti (a cura di), Locus optimus vino, Aversa 2009, pp. 15-40; CONTI T, Produzione e consumo del vino nell’agro Falerno, in A. Balasco, T. Conti (a cura di), Locus optimus vino, Aversa 2009, pp. 49-60.
18 PLINIO, NH, lib. XV,16.
19 Cfr. DE CARO S., 2012, pp. 125-127.
20 Cfr. DE CARO S., 2012, pp. 236-237.
21 CHIOSI E., Rocca d'Evandro, Località Porto. Un quartiere produttivo romano sulla riva sinistra del fiume, Lo scavo, in BdA, 1994, 11-12, pp.121-124; GASPERETTI G., Rocca d'Evandro. Località Porto. Un quartiere (…). Viabilità ed organizzazione della produzione, in BdA, 1994,11-12, pp. 124-125.
22 Sul complesso terrazzato delle “Grotte di Seiano” si veda: CAIAZZA D., Archeologia e storia antica del mandamento di Pietramelara e del Montemaggiore, 1995, pp. 210-237; Cfr. DE CARO S., 2012, p. 203.
23 Su questo monumentale ponte si veda: GIUSTINIANI L., Dizionario Geografico ragionato del regno di Napoli, presso Vincenzo Manfredi, Napoli, 1797-1805; BORRELLI N., I monumenti della Campania abbandonati: il ponte Aurunco, S. Maria Capua Vetere 1921; VALLETRISCO A., Note sulla topografia di Sessa Aurunca, in Rend. Acc. Arch. Lett. BB.AA., Napoli», LIII, 1978; VILLUCCI A. M., I monumenti di Suessa Aurunca storia ed arte, Scauri, 1980, pp. 109-110; COLLETTA T. (a cura di), La struttura antica del territorio di Sessa Aurunca. Il ponte Ronaco e le vie per Suessa, Napoli, 1989; CARAFA R., Sessa Aurunca e il ponte Ronaco dall’antichità ai nostri giorni. Rassegna storiografica delle fonti documentarie, in T. Colletta (a cura di), La struttura antica del territorio di Sessa Aurunca. Il ponte Ronaco e le vie per Suessa, Napoli 1989, pp. 75-84. GALLIAZZO V., I ponti romani, vol. II: scheda n.232, Treviso 1995, p.121; ROCCO T., Due ponti della Campania: il Ponte Aurunco e il Ponte di Faicchio, in Strade romane Ponti e Viadotti, in L. Quilici e S. Quilici Gigli (a cura di), Atlante Tematico di Topografia Antica 5, Bologna 1997; Cfr. DE CARO S., 2012, p. 185.
24 Sul tracciato della via Latina in Campania si veda: CAIAZZA D., Archeologia e storia antica del mandamento di Pietramelara e del Monte Maggiore, V. II Età romana, Pietramelara 1995; QUILICI GIGLI S., Sulla via Latina in Campania: appunti sul percorso e sui contesti, in Atlante tematico di Topografia antica 29, 2019.
25 Per le notizie sul mosaico della Natività di Teano, si veda: SPINAZZOLA V., Di un mosaico cristiano e di altre antichità scoperte nel territorio di Teano, in Notizie degli scavi di antichità, 11, 1907, pp. 609-703; CALVINO R., Il mosaico di Teano con la scena dell’Epifania e l’epigrafe di Geminia Marciana, in Rendiconti dell’Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti di Napoli, LVIII, 1983, pp. 317-323; SIRANO F., Mosaico con Adorazione dei Magi, in F. Bisconti e G. Gentili (a cura di), La rivoluzione dell’Immagine. Arte paleocristiana tra Roma e Bisanzio, (cat. della mostra, Vicenza, 8 settembre-18 novembre 2007), Milano 2007, pp. 192-193; ARIANO C., Il mosaico dell’Epifania, in di A. Palmentieri e F. Rausa (a cura di), Teanum Sidicinum. Nuove prospettive per lo studio della città e della sua storia, Napoli 2019, pp. 185-206.

Alfredo Balasco
(da Il Sidicino - Anno XIX 2022 - n. 8 Agosto)

Fig. 2. Teano, cavea del teatro romano, con i crolli dell’edificio scenico (foto A. Balasco)
 
Fig. 3. Sessa Aurunca, cavea del teatro romano e il frontescena (foto A. Balasco)
 
Fig. 4. Sessa Aurunca, arcate del Ponte Ronaco (foto A. Balasco, 2018)