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Teano tardoantica
 
Involuzione politico-economica di una città (I parte)
 

Tra la fine del IV e la prima metà del V sec. d. C. s'inizia a percepire un primo ma lento processo di destrutturazione della città di Teano evidenziabile nell'incapacità di recuperare e mantenere strutture edilizie di un certo rilievo, strutture pubbliche, reticoli urbani soprattutto dopo il violento terremoto del 346 d. C. che contribuì al crollo non solo del teatro romano, ma anche alla distruzione dei piani superiori del complesso termale di S. Croce. I “damna” relativi al sisma, lamentati dai rappresentanti della legazione capuana ancora negli anni finali del regno dell'imperatore Graziano (380-384), comprovano le accentuate precarietà di sussistenza e mantenimento delle città interne campane tanto che l'imperatore concesse loro la restituzione di 38.000 modi di frumento, destinati a Roma (E. Savino, Campania tardoantica, Bari 2005). La legazione campana era sostenuta dagli Anicii che con il titolo di proconsolares, governavano in quel tempo la Campania e che avevano vincoli di parentela con la gens Geminia, (CIL X, 6483) di rango senatoriale, -(Gens Geminia da Artorius Gemini, prefetto dell'erario militare e legato di Augusto (CIL. VI, 90). In base alla distribuzione del gentilizio, P. Castrén ritiene che la gens sia di origine campana, infatti risulta ben documentata a Pompei (CIL. X, 807); ad Ercolano( CIL X, 1403, c 17); a Miseno (CIL. X, 3468); a Pozzuoli (CIL. X, 8208) e a Capua (CIL. X, 4021) P. Castrén, Ordo populusque pompeianus, in ActaIRF, 8, 1975, p. 138, n. 44)- un ramo del quale è ben attestato in Teano, nel IV secolo e possessore nell'agro teanese del fundus S. Amasio. (È molto probabile che anche un rappresentante della gens Geminia di Teano prendesse parte alla delegazione).
A giudicare dalle difficoltà che le città incontravano a versare le proprie quote contributive, si deduce che la produzione di frumento, alla fine del IV sec inizio V, in Campania, raggiungeva, a stento, l'autosufficienza. La crisi produttiva si acuisce tanto che, durante il regno di Giuliano, i contribuenti campani non riuscirono ad assolvere gli oneri di tassazione (Symmacus, Relations 40). E l'eccessiva pressione fiscale, aggravata dalle contribuzioni annonarie, indusse molti proprietari ad abbandonare i terreni meno fruttiferi, chiedendo ad Onorio, figlio di Teodosio, uno sgravio fiscale. Così, l'imperatore, con un rescritto imperiale, dispose, nel 395 d. C., la cancellazione dai ruoli fondiari più di 133.000 ettari e la distruzione dei relativi atti catastali. (Codex Theodosianus, 11, 28, 2). Questo atto munifico, che riporta Claudiano (De IV cons. Hon. 496-499), si suppone sia stato sollecitato dai possessores della provincia, con una petizione all'imperatore, dal Campanorum provincialium comune (Symm., Ep. 4, 46 (395) ) e va interpretato come riconoscimento di Onorio all'importanza delle élites senatorie e municipali che, tra il 380 e il 410, assumendo ruoli patronali ed evergetici, avevano una loro centralità nel concorrere a mantenere attiva la vita economica, amministrativa e politica delle città campane. Teano, tra il 398 e 408, rende pubbliche onorificenze al potente console della Campania e patrono municipale, Flavio Lupo per l'organizzazione di spettacoli e ludi circensi. (Cecconi, Governo imperiale, pag. 134-168).
Le invasioni vandaliche del V sec, segnarono la disgregazione delle strutture economiche, demografiche ed amministrative delle città campane allorquando Alarico, puntando verso i Brutii e la Lucania, devastarono i territori attraversati dalle vie consolari. Capua subì danni di qualche entità cosi anche, per riflesso, la stessa Teano che occupava una posizione strategica sulla via Latina e nodo viario dal quale si diramavano una strada diretta a Minturnae ed un'altra per Venafrum.
Ma nel 411, la Campania, soggetta ad una vera e propria occupazione, come le altre regioni meridionali, subì danni economici gravissimi (Iordanes, Getica, 159). Crollato il sistema patronale (E. Savino, op cit., pag. 89 e relative note) e nonostante i consistenti sgravi fiscali, successivi a quelli concessi dallo stesso Onorio nel 395 e resi possibili dalla riduzione demografica di Roma, dopo il sacco alariciano del 410, che ne ridusse le esigenze annonarie, la situazione economica della Campania non migliorò. (C. Th. 11 16, 12; 8, 13, 20; 11 28, 12). L'”hostium incursio” e quindi una concreta occupazione vandalica, indusse Valentiniano III a chiamare i cittadini alla difesa dei beni e delle loro città, sollecitando lavori di manutenzione e riqualificazione strutturale delle mura di cinta. (Nov. Val. 9, 4-6 e M. Mazza, I Vandali, la Sicilia, e il Mediterraneo nella Tarda Antichità, Kokalos, 1997-98 ; E. Lepore, La vita politica, pag. 334). Anche Teano mostra notevoli interventi di rinforzo della cortina muraria sidicina, che cinge l'arx. Infatti, nel 1993, nel corso dei lavori di adeguamento funzionale dell'ex complesso conventuale di S. Maria de foris, attualmente sede ASL, si è messo in evidenza un livello tardoantico di frequentazione, documentato da un battuto di terra, collegato con una struttura muraria, per il cui paramento si sono riutilizzati blocchi tufacei, dell'antica murazione. La presenza di tracce di bugnato liscio su alcuni blocchi, ha fatto ipotizzare ad una torre, elemento di spicco nella cortina, non più conservata. (G. Gasperetti, Interventi d'urgenza nel Centro storico. Ospedale Civile (USL 10), in Scavi e Scoperte “Bollettino di Archeologia, 22-Luglio-Agosto 1993, pag. 35). Nel 463 la Campania fu soggetta ad un attacco di Genserico (Priscus, fr. 30) e pochi anni dopo, nel 467, una violenta pestilenza ne decimò la popolazione (Gelasio, Ep. adv. Andr. sen., P.L. 59, col. 113). Inoltre la violenta eruzione del Vesuvio, nel 472, contribuì ad aggravare le condizioni economiche della provincia che, direttamente coinvolta negli avvenimenti che determinarono la caduta dell'Impero romano d'Occidente, accolse l'esiliato Romolo Augustolo, in castro Luculliano, a Napoli.
In relazione all'impoverimento dei centri urbani campani, Teano manifesta una contrazione della superficie abitata, legata a difficoltà demografiche, da ricondurre ad un generale ripiegamento economico del territorio. Tale involuzione sembra potersi cogliere nella documentazione archeologica da cui si evince che la città non sembra essere stata abbandonata, fenomeno che ne avrebbe causato la scomparsa, ma caratterizzata da un'area urbanizzata, identificata con, il Martyrium di S. Terenziano ed un suburbio -(M. L. Nava, La Campania. L'attività archeologica a Napoli e Caserta nel 2005. Teano area urbana e suburbio, in “Atti del XLV Convegno di Studi sulla Magna Grecia”: Velia, Taranto 2006, pp. 601-603)- con “insediamenti compatti non urbani” -(Rosa M. Bonacasa Carra - Emma Vitale, La Cristianizzazione in Italia Tardoantica ed Altomedioevo, Vol. I, “Atti del X Congresso Nazionale di Archeologia Cristiana”: Agrigento 20-25 novembre 2004)- ossia piccoli agglomerati demici secondari, sorti intorno a strutture basilicali cristiane, con cimiteri sub Divo come S. Paride ad fontem, S. Amasio e Masseria Madonna dell'Arco.
Di conseguenza la continuità della vita urbana teanese, nell'ultima fase del Tardoantico deve essere correlata alla diocesi e, conseguenzialmente, la dissoluzione degli ordinamenti cittadini, soppiantati dal potere vescovile (Giardina A., Considerazioni finali, in L'Italia meridionale pp. 609-624) almeno fino al 555-560, essendo Domnino vescovo della Città (Papa Pelagio I, negli anni 556-560, scrive a Domnino, vescovo di Teano. P. F. Keher, Italia Pontificia, Berlino 1935, VIII, p 254) ed essendo ancora presente il clero come testimonierebbe un'epistola pontificia in cui si accenna ad un “clericus Teanensi” (F. Lanzoni, Le diocesi in Italia dalle origini al principio del secolo VII, I, Faenza 1927). Nei fattori di mutamento degli assetti politico-istituzionali ed amministrativi non va sottovalutato quindi il ruolo che le istituzioni vescovili ebbero, già dal Concilio di Calcedonia, nel controllare e definire norme sociali e processi di gerarchizzazione dei centri urbani con autorità ed invariabilità giurisdizionale (Papa Leone I, nel 446, scriveva che i vescovi non andavano creati in località minori ma nei “maioribus populis et frequentioribus civitatibus”. Per cui la sola presenza del vescovo bastava a testimoniare la continuità della funzione della città. Cfr. Regesta pontificum Romanorum, ed. Juffrè; II, ed. G. Wattenbach-S. Loewenpeld-F. Kalteubrunner-P. Ewald, Lipsiae 1885, 1, 410). Questo carattere preponderante delle istituzioni episcopali si tradusse direttamente in ciò che gli storici hanno definito il “gruppo episcopale” che, per Teano, si connota a livello monumentale architettonico con la fondazione di due cattedrali. Di conseguenza il principio di autorità e di centralità e potenzialità della sede vescovile si traduce in un'organizzazione di edifici sacri fondata sul principio della “demoltiplicazione-giustapposizione: a) la basilica di S.Paride ad fontem, a cui era legato il culto battesimale con valore primordiale del rito di accoglienza e ammissione alla chiesa (Il culto cristiano va sempre più sacralizzandosi demolendo i soggetti naturali ai quali era tributato un culto quasi divino, nel caso in questione il Dragone, simbolo dell'equilibrio del mondo. -(Cfr, G. Gasparri, La cultura tradizionale dei Longobardi. Strutture tribali e resistenze pagane. Spoleto 1983. Inoltre c'è una forte relazione tra il drago e l'acqua, dimensione dell'oscurità e del maligno, purificata da Cristo mediante il suo battesimo nel Giordano. Cirillo di Gerusalemme, spiega che il battesimo impedisce al drago di ingoiare il fedele e che il primo sacramento è lo strumento offerto all'umanità per sconfiggere la morte eterna cioè il peccato. Cfr A. Quacquarelli, Il Leone e il Drago nella Simbolica dell'età Patristica, Istituto di Letteratura cristiana antica, Università di Bari, 1975.). - La basilica paleocristiana fu edificata su un antico tempio italico legato al culto delle acque. (Cfr. G. Gasperetti, Bollettino arch. 1990-91). Presumibilmente questo culto fu perpetrato attraverso l'antico rito della “lustratio” che come ricorda Macrobio, nei “Saturnalia” rivive in memoria della dea Nundine che presiedeva alla purificazione e all'imposizione del nome ai neonati, nel giorno di mercato, che presso i romani cadeva ogni nono giorno.); b) la cattedrale, titolata a S. Terenziano, sede di localizzazione delle reliquie, strettamente connessa al rito dell'eucarestia. -(A. Guerreau. Il significato dei luoghi nell'Occidente medievale: strutture e dinamica di uno “spazio” specifico; La rottura del sistema antico e delle sue configurazioni spaziali, in Tempi Spazi Istituzioni in arti e storia del Medioevo, 2005 p 224-225: N. Duval, L'ecclesia, espace de la communanté chrétienne dans la citè, Paris 1981 pp. 50-69; Les éveqyes batisseur (IV-VII siécle), Paris 1991 1. 44-49). Significativo è sottolineare come la Chiesa formava l'ossatura della società tardo-antica, organizzando lo spazio territoriale tramite l'occupazione compatta e strutturata della topografia. Si organizzano reti di culto che valgono a diffondere la fede, nelle quali i santi, sotto forma di reliquie (Terenziano), prendono possesso del luogo e delle strade di pellegrinaggio creando una contrapposizione tra centro e periferia, tra città e contado con una conseguente frazione di classe tra plebs, istituzione ecclesiastica e aristocrazia laica (J. Le Goff., Le dieu du Moyen Age. Entretiens avec Jean-Luc Pouthier. Paris 2003 p 12-13). Teano, perduto il rilievo politico dell'aristocrazia senatoria che fino al 534/536 era stata presente nella città attraverso gli esponenti della più alta nobiltà come i viri clarissimi Felice e Ruperto (Gasperetti-Sirano, Op cit. (Per l'inaugurazione del…, pag. 20), nella prima metà del VI, mantiene il primato religioso. Segnata sulla Tavola Peutingeriana (segmenti IV V VI ), viene connotata dai simboli attribuibili ad una “mansio” cioè ad un centro abitato, una stazione per le tappe di ecclesiastici e pellegrini in visita ai luoghi di culto, legati alle figure del martire. Terenziano o del protovescovo Paride e dei vescovi, santi, a lui succeduti. Inoltre la mansio teanese era facilmente accessibile in quanto legata per eccellenza alla rete viaria. (Bonacasa Carra – Emma Vitale, Op. cit.).
La tipologia di insediamenti compatti non urbani, di cui sopra, sorti nel suburbio teanese, si trova, infatti, su fondamentali vie di comunicazione. Il primo nucleo demico che definiamo di S. Paride ad fontem, si forma nelle vicinanze del fiume Savone e sul tratto della via Latina che da Teano conduceva a Cales. Evidenziato da un'area cimiteriale le cui testimonianze archeologiche dimostrano attiva fino al VI sec. d. C., era in stretta connessione con la basilica paleocristiana e battesimale di S. Paride ad fontem, appunto, sorta per compendium in quanto occupava un livello di frequentazione le cui caratteristiche indicano una destinazione profana dell'area. È molto probabile che la basilica di S. Paride perdesse, all'inizio del VI sec., la sua funzione “parrocchiale”, a giudicare dal termine post quem rappresentato dalle monete bizantine di Giustiniano I (G. Gasperetti, Indagine archeologica nella basilica di S. Paride, in Scavi e Scoperte del “ Bollettino di Archeologia”, Luglio-Agosto 1993) recuperate nella fons battesimale, assumendo, invece la funzione di luogo alla memoria del presule Paride.

Carmen Autieri
(da il Sidicino - Anno IX 2012 - n.6 - Giugno)